Giustizia

Csm e ordinamento giudiziario, sì alla riforma e stop a porte girevoli - Il testo

In conferenza stampa, al termine del consiglio dei ministri dedicato alle proposte di riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, il premier Mario Draghi e la ministra della Giustizia Marta Cartabia incassano un’unanimità che dalla prossima settimana sarà tutta da verificare in Parlamento

di Giovanni Negri

Le differenze tra i partiti? Sono rimaste. Il confronto ? Lungo, non faticoso. La fiducia? Escluso. In conferenza stampa, al termine del consiglio dei ministri dedicato alle proposte di riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, il premier Mario Draghi e la ministra della Giustizia Marta Cartabia incassano un’unanimità che dalla prossima settimana sarà tutta da verificare in Parlamento. Di certo l’intervento, centrale nella cosiddetta “agenda Mattarella”, non era più rinviabile: alle porte, in estate, ci sono le elezioni per il rinnovo del Consiglio superiore e presentarsi con le vecchie regole del gioco, dopo lo scandalo legato agli accordi sui vertici di alcuni dei principali uffici giudiziari, è impensabile.

Intanto, ieri mattina la riunione del Governo inizialmente fissata per le 9,30 slitta, dopo la consegna di Cartabia ai ministri dei testi degli emendamenti con gli interventi messi a punto. Soprattutto Forza Italia vuole vederci chiaro, chiede e ottiene un rinvio e al summit della delegazione con il coordinatore nazionale Antonio Tajani, partecipa via telefono anche Silvio Berlusconi. Si riparte in tarda mattinata e certo la scelta di non porre la fiducia facilita il via libera. Che arriva con una sola sostanziale modifica nel merito rispetto alla originaria indicazione di Cartabia.

Sul tema delle “porte girevoli”, delle condizioni cioè per l’ingresso dei magistrati in politica e sui limiti cui subordinare il loro ritorno, l’ultimo nodo da sciogliere è relativo ai magistrati che pur non ricoprendo cariche elettive tuttavia entrano nei ministeri (come capi di gabinetto, capi dipartimento, segretari generali) o negli enti locali. Per Cartabia il rientro in magistratura sarebbe stato possibile solo dopo 3 anni dalla cessazione dell’incarico. Non se ne parla, si irrigidiscono in molti e la “quadra”, mentre il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli non partecipa ai lavori per «sensibilità istituzionale» (è magistrato e c’è chi ritiene che sarebbe direttamente interessato, pur non essendo la norma retroattiva), viene trovata con l’introduzione di un divieto assoluto, ma solo se l’incarico è durato almeno un anno.

Moderatamente soddisfatto Draghi: «Il confronto c’è stato, lungo non faticoso. Ci sono delle differenze di opinioni che sono rimaste. È stato possibile modificare molto marginalmente il testo, ma c’è l’impegno corale a superarle e a raggiungere questo risultato in tempi utili per l’elezione del prossimo consiglio». E sul voto di fiducia, Draghi chiarisce che «c’è stata consapevolezza della necessità di un pieno coinvolgimento delle forze politiche. Quindi niente tentativi di imporre la fiducia. È un provvedimento di portata tale che necessita di questa apertura», aggiunge però che c’è l’impegno «di tutti ministri a sostenere con i propri partiti questa riforma».

Cartabia da parte sua ammette che «la riforma è esigente nei confronti dei giudici ma risponde a una esigenza della magistratura di essere forse un pochino più severa con sé stessa, perché questa richiesta di recupero della credibilità viene anzitutto dall’interno». Per la ministra «questo percorso di rinnovamento innanzitutto ha a che fare con l’attitudine delle persone, lo diceva la Corte costituzionale: è una forma mentale, un costume, una coscienza. Ma norme più adeguate e più rigorose possono sostenere la magistratura in questo percorso». E poi aggiunge che l’intervento «era dovuto, dunque, innanzitutto ai tantissimi magistrati che lavorano quotidianamente, silenziosamente fuori da ogni esposizione di ogni genere. E lo dobbiamo ai cittadini che hanno diritto di recuperare una piena fiducia nella nostra magistratura».

Quanto ai tempi, Cartabia nega che si debba pensare già ora a una proroga dell’attuale Csm per consentirne il rinnovo con il nuovo sistema elettorale e ricorda che il testo dovrebbe andare in Aula alla Camera alla fine di marzo, un tempo sufficiente.

Per lo stop pressoché assoluto ai rientri dalla politica in magistratura esultano innanzitutto i 5 stelle, con l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che su Facebook scrive di «svolta storica» con la conferma di quanto fatto un anno e mezzo fa dal Governo Conte II. Il segretario del Pd Enrico Letta, via twitter, valorizza la sintonia dell’intervento con quanto sollecitato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Ma Forza Italia fa allegare al verbale del Consiglio dei ministri 5 pagine di “distinguo”, cristallizati in un pacchetto di proposte, tra le quali spicca la richiesta di prevedere un’unica possibilità di passaggio da giudice a pm e viceversa, da esercitare entro 5 anni dall’ingresso in magistratura. E Giulia Bongiorno, responsabile giustizia della Lega, parla solo di un punto di partenza, mentre per cambiamenti radicali bisognerà attendere i referendum.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©