Penale

L'indagine sulla personalità del minore è propedeutica all'accertamento della sua imputabilità

Lo ha ribadito la Cassazione con la decisione 3276/2023

di Camilla Insardà

Com'è noto, parlando "Del reo e della persona offesa dal reato", il Titolo IV del Libro I del Codice Penale dedica il Capo I alla generale nozione "Della imputabilità".
L'articolo 85 c.p. associa la punibilità del reo alla sua imputabilità, definita come la capacità di intendere e di volere. Detto altrimenti, è penalmente sanzionabile colui che, al momento della commissione del reato, sia contemporaneamente in grado di comprendere il significato (positivo o negativo) delle proprie azioni e di decidere autonomamente quale condotta tenere.

La capacità di intendere e di volere
In proposito, vale la pena di citare la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 132/2020, nella quale si legge che il concetto di imputabilità ex articolo 85 c.p. può essere letto come rimproverabilità, traducendosi nella duplice attitudine di percepire la realtà, cogliendo il senso delle proprie azioni e gli eventuali effetti, e di scegliere autonomamente quale condotta tenere, controllando gli impulsi.
Fatta questa generale premessa sulla capacità di intendere e di volere di un (qualsiasi) soggetto, l'articolo 97 c.p. esclude categoricamente l'imputabilità di chi non abbia ancora raggiunto i quattordici anni, introducendo così una presunzione assoluta di incapacità. Riferendosi all'infraquattordicenne, l'ordinanza della Cassazione n. 13993/2022, conformemente al consolidato orientamento giurisprudenziale rappresentato ad esempio dalle sentenze n. 1272/1993, n. 4391/200 e n. 49863/2009, parla di mancanza di imputabilità anche in termini di "assoluta incapacità processuale, che prescinde dall'effettivo riscontro della capacità di intendere e di volere".
Diversamente è previsto per il minore che abbia superato quell'età, ma che non abbia ancora compiuto i diciotto anni. Infatti, l'articolo 98 c.p. considera imputabile l'infradiciottenne che sia capace di intendere e di volere, assicurandogli però una pena diminuita.

Il caso esaminato
La sentenza del 25 gennaio 2023 n. 3276 della IV Sezione della Corte di Cassazione affronta i temi dell'accertamento dell'imputabilità del minore e della sua incapacità di intendere e di volere per immaturità.
Nel caso di specie, il difensore di un giovane imputato ha eccepito la sua incapacità di intendere e di volere ex articolo 98 c.p., lamentando la contraddittorietà e l'illogicità motivazionale della sentenza di condanna (per furto aggravato) della Corte d'Appello di Catania, la quale non aveva effettuato indagini sulle condizioni psicologiche del ragazzo e non aveva adeguatamente tenuto conto della documentazione elaborata dagli esperti.
Come si evince facilmente dalla lettura della decisione in commento, la Corte di Cassazione ha disatteso le aspettative della difesa e ha dichiarato inammissibile il ricorso, rilevando la correttezza e la completezza delle argomentazioni offerte dai giudici dell'appello.
L'eccezione insistente sulla (presunta) immaturità psichica del prevenuto minorenne, come quella sollevata dal ricorrente nella fattispecie sottoposta al giudizio della Cassazione, impone una lettura dell'articolo 98 c.p. combinata con quella dell'articolo 9 del Dpr 448/1988, relativo agli "Accertamenti sulla personalità del minorenne".
Come sopra premesso (e come anche evidenziato dal Procuratore Generale nella fattispecie concreta), per essere imputabile, anche il minore infradiciottenne deve essere capace di comprendere il valore o il disvalore di un fatto e di autodeterminarsi di conseguenza.
Proprio con riferimento all'imputabilità del minore ex articolo 98 c.p, la sentenza della Cassazione n. 47703/2018 ha citato le voci di autori prestigiosi, che si esprimono (anche in questi casi) in termini di "capacità di reato e capacità di colpevolezza".
Ciò posto, dopo aver stabilito l'applicabilità delle norme contenute nel codice di procedura penale al rito minorile, l'articolo 1 del Dpr 448/1988 ne afferma un'applicazione consona "alla personalità e alle esigenze educative del minorenne", esaltando i principi costituzionali di rieducazione del reo e di protezione della gioventù, sanciti dagli articoli 27 c. III e 31, c. II della Carta fondamentale.
Venendo ora alla questione dell'accertamento dell'imputabilità del minore e del relativo grado di responsabilità, l'articolo 9 comma I del Codice del processo penale minorile richiede la raccolta, da parte del giudice e del Pm, degli elementi riguardanti le condizioni personali e gli aspetti socio-ambientali in cui è vissuto.

La maturità psichica dell'imputano minorenne
Sull'indagine riguardante la maturità psichica dell'imputato minorenne si è più volte espressa la Cassazione. La sentenza 51263/2019, ad esempio, ha messo in luce la natura "multifunzionale" di tale accertamento, implicante l'analisi di aspetti medici, sociali e pedagogici, utili ad una valutazione globale del vissuto del minore, sino al momento della realizzazione dell'illecito.
Sempre nel 2019, i giudici di legittimità (si veda, ad esempio, la decisione n. 36109) hanno approfondito il tema dell'apprezzamento della capacità di intendere e di volere del minore, coinvolgente diversi profili psico-fisici. In quell'occasione, la Corte ha ribadito che tali valutazioni debbano avvenire caso per caso, ricorrendo a qualsiasi strumento probatorio disponibile, non essendo il giudice tenuto a seguire rigide tecniche di inchiesta, ma dovendo "soltanto" tenere conto della violazione commessa, dello sviluppo intellettivo del minore e del suo concreto comportamento.
Questa dichiarata "informalità" di indagine sulla personalità dell'imputato minorenne trova ulteriore conferma nel II comma dell'articolo 9, ai sensi del quale alle autorità giudiziarie è consentito acquisire informazioni da persone in rapporti con il fanciullo e consultare esperti, "anche senza alcuna formalità".
Quanto appena riportato, però, non deve suggerire l'idea – errata – che tali accertamenti possano considerarsi in qualche modo superflui. Invero, con la pronuncia 46356/2017, la Corte di legittimità ha messo in evidenza che una loro omissione integri una nullità a regime intermedio ex articolo 178, lett. c) c.p.p..

L'ultima decisione
La sentenza 3276/2023, oggetto del presente commento, conferma la consolidata giurisprudenza secondo la quale l'esame della personalità del minore, utile ai fini dell'accertamento della sua imputabilità, può essere effettuato sulla base di qualunque elemento utile, anche desumibile dagli atti e dalle circostanze di fatto, senza necessariamente fare ricorso agli strumenti di indagine indicati dalla norma, definiti dalla stessa Corte di Cassazione come "eventuali".
Sulla base di queste considerazioni, dunque, i giudici ribadiscono il "carattere relativo" dell'incapacità di intendere e di volere per immaturità, la quale – per loro stessa ammissione – viene apprezzata attraverso diversi "elementi offerti dalla realtà processuale".
L'indagine sulla personalità del minore è – per così dire – propedeutica all'accertamento della sua imputabilità. Tuttavia, se è vero che le condizioni personali e le risorse socio-ambientali cui fa riferimento l'articolo 9 possono in qualche modo influire sulle capacità critiche del ragazzo, ciò non esclude automaticamente la sua capacità di comprensione e di volizione dell'evento, non configurandosi uno stato patologico di infermità, tale da escludere l'imputabilità.
Un ultimo aspetto che è opportuno precisare, prima di concludere, è affermato dalla sopra citata decisione 51263/2019, secondo la quale le valutazioni ex articolo 9 del Dpr 448/1988, suffragate da motivazioni logiche, non possono essere sindacate dalla Cassazione.
Tenendo conto di quanto sin qui esposto, dunque, la soluzione formulata nella sentenza del 25 gennaio 2023 n. 3276 appare chiara e condivisibile.

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