Giustizia

Sistema binominale, sorteggio temperato, ecco la riforma del Csm

I contenuti della proposta della ministra Marta Cartabia su Consiglio superiore e ordinamento giudiziario

di Giovanni Negri

Nessun aumento del numero dei consiglieri; sistema elettorale maggioritario e binominale; possibilità di sorteggio in caso di candidature insufficienti e per assicurare la parità di genere; vincoli sull’assegnazione degli incarichi direttivi e sulle valutazioni di professionalità; riduzione del numero delle toghe fuori ruolo; riforma della disciplina del rapporto tra magistrati e politica con rigorosa disciplina del rientro in magistratura. E poi concorso per l’accesso in magistratura possibile subito dopo la laurea con tre scritti e riduzione delle materie orali; controllo su ritardi e pendenze affidati a chi ricopre incarichi semidirettivi, con specifica responsabilità disciplinare per chi omette la segnalazione.

Ecco i contenuti della riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario ormai in corso di avanzata elaborazione al ministero della Giustizia. Le proposte che saranno tradotte in emendamenti al disegno di legge in discussione alla Camera, sono state già presentate all’Anm e oggi saranno oggetto di confronto tra la ministra Marta Cartabia e le forze di maggioranza.

La riforma, da ultimo sollecitata dallo stesso Capo dello Stato, Sergio Mattarella, passa anche per un nuovo meccanismo elettorale per la scelta dei consiglieri del Csm. Detto che il numero dei consiglieri togati dovrebbe restare quello attuale, cioè 16, il sistema individuato, che dovrebbe limitare l’influenza dei gruppi organizzati nella scelta delle candidature, prevede la costituzione di 7 collegi nazionali (uno di legittimità, due per la i pubblici ministeri, quattro per i giudici). La preferenza sarebbe unica e a essere eletti sarebbero i primi due candidati più votati. Gli ulteriori due consiglieri sarebbe scelti come migliori terzi classificati in percentuale sui voti effettivamente espressi.

Per assicurare un numero di candidature sufficiente, un po’ come già previsto dal disegno di legge Bonafede, e per garantire la parità di genere sarebbe introdotta anche una forma di sorteggio, pescando per esempio tra candidate che non hanno espresso indisponibilità all’elezione.

Per quanto riguarda un altro tema assai delicato, quello delle nomine agli incarichi direttivi, la proposta in via di ultima definizione formalizza la prassi “antipacchetti”, con l’obbligo di trattazione delle pratiche secondo l’ordine cronologico di vacanza, obbliga all’audizione i candidati che già hanno superato una prima selezione, prevede che siano ascoltati anche magistrati, avvocati e personale amministrativo della sede di lavoro del candidato. Il criterio di anzianità resta residuale per evitare di perdere per strada il migliore candidato per ragioni solo anagrafiche. Tra un direttivo e l’altro potrebbe poi essere prevista una pausa per evitare la corsa da un incarico all’altro.

Sarebbero poi 4 i gradi di valutazione: idoneo, discreto, buono e ottimo, con quest’ultimo assegnato solo all’unanimità. Per la selezione dei magistrati di Cassazione, tra i criteri ci sarà anche la tenuta, nei passaggi successivi, dei provvedimenti emessi.

Intervento tanto più urgente dopo l’esplodere del caso Maresca (leader del centrodestra nel consiglio comunale e giudice in Corte d’Appello a Campobasso), la riforma punta a stringere le maglie sul ritorno in magistratura di chi è stato eletto o anche solo candidato, evitando per 5 anni il rientro dove si era lavorato, la preclusione alle funzioni di Gip, Gup, Pm, di ricoprire incarichi direttivi e semidirettivi e di presidenza di un collegio. Andrà poi ridotto il numero delle toghe fuori ruolo dalle 200 attuali con puntualizzazione degli incarichi e distinzioni dalle aspettative.

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