In Procura il capo diventa ancora più centrale
Se si tratti a tutti gli effetti di una (ulteriore) svolta dirigista si vedrà nei fatti. Di certo la circolare sull’organizzazione delle procure approvata ieri dalla VII commissione del Csm e ora all’esame del plenum prova a disciplinare meglio e nel dettaglio quanto la riforma dell’ordinamento giudiziario, vecchia ormai di 10 anni, aveva in larghi tratti solo abbozzato. Materia certo delicata come prova lo scontro, per esempio, a Milano tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo.
La centralità della figura del procuratore emerge con evidenza. È lui a determinare i criteri generali ai quali i magistrati devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’uso delle risorse tecnologiche assegnate e nella utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l’ufficio può disporre. Deve distribuire in modo equo e funzionale gli affari tra i magistrati dell’ufficio e, se le dimensioni lo permettono, cura la costituzione di dipartimenti, sezioni o gruppi di lavoro, secondo criteri che favoriscono omogeneità e specializzazione.
Il procuratore aggiunto collabora con il procuraore nel raggiungimento degli obiettivi che quest’ultimo ha tradotto nel progetto organizzativo dell’ufficio. La delega all’aggiunto è revocabile con provvedimento motivato del procuratore della Repubblica sulla base di specifiche esigenze di ufficio. In caso di contrasto l’aggiunto riferisce direttamente al procuratore.
Il progetto organizzativo è lo strumento cardine di gestione dell’attività dell’ufficio; con il progetto,il procuratore individua gli obiettivi organizzativi, di repressione criminale e di produttività che l’ufficio intende perseguire. Il progetto contiene l’indicazione dei criteri di assegnazione e di coassegnazione degli affari ai singoli magistrati o ai gruppi di lavoro in maniera tale da assicurare un’equa distribuzione dei carichi di lavoro.
Con l’atto di assegnazione o di coassegnazione per la trattazione di un procedimento, il procuratore può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi. Se il sostituto non si attiene ai principi e ai criteri definiti dal procuratore in via generale o con l’assegnazione, oppure nasce tra il magistrato assegnatario e il procuratore un contrasto sulle modalità di esercizio, il procuratore, con provvedimento motivato, sentito il magistrato, può revocare l’assegnazione.
Pena sostitutiva, sì alla richiesta in udienza ma va motivata
di Francesco Machina Grifeo