Comunitario e Internazionale

Comunità energetiche in cerca di certezze

Le comunità energetiche (gli addetti ai lavori le chiamano ‘CER') aggregano più utenti e consentono di condividere l'energia in eccesso prodotta da alcuni per soddisfare il fabbisogno energetico di altri

di Fabio Rousse e Erica Paolino*

Le configurazioni di autoconsumo collettivo e, ancor di più, le comunità energetiche (gli addetti ai lavori le chiamano ‘CER') consentono a cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali e piccole/medie imprese di unire le proprie forze con l'obiettivo di produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili su scala locale. In sostanza, aggregano più utenti e consentono di condividere l'energia in eccesso prodotta da alcuni per soddisfare il fabbisogno energetico di altri.

Cosa significa, in concreto, creare una CER e che benefici può offrire? Fra le tante configurazioni possibili, ad esempio, una PMI oppure una Pubblica Amministrazione potrebbero installare un impianto fotovoltaico, rispettivamente sul proprio stabilimento produttivo o su superfici inutilizzate, e condividere l'energia prodotta e immessa in rete con i cittadini del Comune che hanno deciso di far parte della comunità. Oppure, più semplicemente, un condominio può configurarsi quale autoconsumatore collettivo qualora installi un impianto fotovoltaico comune destinato a fornire energia alle utenze private di tutti i condomini.

Queste configurazioni sono nate ad opera delle Direttive Europee, di cui l'ultima, la cosiddetta "RED II", è stata recepita in Italia col Decreto Legislativo 199/2021, che ha demandato i profili di attuazione alle competenti autorità: ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente) e il MiTE. Nonostante possano costituire uno strumento importante per un utilizzo più efficiente dell'energia, gli autoconsumatori collettivi e, in misura ancora maggiore, le CER stanno incontrando numerose difficoltà di ordine burocratico e operativo. Dovrebbe essere finalmente in dirittura d'arrivo la regolamentazione ARERA (la consultazione si è chiusa nel mese di settembre) mentre manca ancora all'appello l'importante tassello degli incentivi: il MiTE ha recentemente comunicato l'avvio a breve della consultazione pubblica per avviare l'iter del nuovo decreto.

Oltre a questo restano tutte da scrivere le regole fiscali, fondamentali per non incorrere in un diluvio di interpretazioni e chiarimenti che, come già vissuto in ambito Superbonus, finiscono per disorientare contribuenti, operatori e professionisti. Ad oggi manca un quadro organico di riferimento: l'Amministrazione finanziaria, nel fornire chiarimenti ed interpretazioni, non ha potuto che rifarsi ai principi generali del nostro sistema tributario, che tuttavia sono di difficile applicazione a queste nuove entità.

Gli autoconsumatori collettivi e le CER costituiscono infatti un ‘unicum' nell'ordinamento tributario. Si tratta di soggetti a geometria variabile, che – nel caso delle CER - possono assumere le forme giuridiche più disparate (consorzio, cooperativa, associazione) e possono includere al loro interno un'ampia varietà di soggetti (privati, imprese, enti pubblici, enti del terzo settore) ciascuno dei quali, come noto, risponde a regole fiscali diverse. Inoltre, una delle novità più rilevanti delle nuove configurazioni di autoconsumo collettivo e CER è quella di trasformare i consumatori finali e le famiglie, in "piccoli venditori" di energia rinnovabile. È proprio su questo profilo di novità e sul concetto di "piccolo venditore" che sorge il problema tributario.

Nella logica fiscale, tale impostazione conduce fin troppo agevolmente al concetto di esercizio di un'attività d'impresa dal quale potrebbe potenzialmente emergere materia imponibile da assoggettare a tassazione, oppure, comunque, alla tassazione dei redditi inquadrati nella categoria residuale dei redditi diversi.

In merito, il principale (molto scarno) riferimento normativo è stato introdotto in seno al Decreto Superbonus. L'art. 119, comma 16-bis del DL 34/2020, con evidente e meritorio intento agevolativo, prevede che l'esercizio di impianti fino a 200kW di potenza da parte di Comunità energetiche costituite in forma di Enti non commerciali o da parte di condomini che aderiscono alle configurazioni di autoconsumo collettivo non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale.

L'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 18 del 12 marzo 2021, relativa al caso di un condominio autoconsumatore collettivo composto interamente da condòmini persone fisiche, pur richiamando il disposto normativo già citato, ha concluso comunque per la necessità di assoggettare a tassazione in capo a ciascun condòmino il corrispettivo corrisposto dal GSE per la vendita di energia, a titolo di reddito diverso.

È appena il caso di evidenziare come un simile approccio imponga significativi oneri gestionali all'amministrazione condominiale (oltreché criticità rispetto ai criteri di ‘riparto' dei redditi) in netto contrasto con i principi e le finalità al quale si ispirano le nuove configurazioni energetiche in commento.

Analogamente, con riferimento alle comunità energetiche, nella Risposta 37 del 20 gennaio 2022, l'Agenzia ha affermato che i proventi derivanti dalla vendita di energia concorrono a formare la base imponibile ai fini IRES, essendo tali proventi riconducibili allo svolgimento di attività commerciale, sebbene effettuata in forma non abituale in forza dell'articolo 119 comma 16-bis del DL 34/2020.

Evidentemente, nel caso di un Autoconsumatore collettivo o Comunità energetica che utilizzino uno o più impianti aventi una potenza cumulata complessiva superiore al suddetto limite di 200 kW, tutta l'attività energetica dovrebbe considerarsi quale attività commerciale abituale con la conseguenza che tali somme concorrerebbero sempre a formare reddito d'impresa. Inoltre, tale soglia appare già obsoleta e disallineata rispetto a quella massima ammissibile di 1MW introdotta dalla RED II.

Di questo passo, si corre il rischio di riverberare effetti distorsivi e penalizzanti sulle CER, laddove l'intento dovrebbe essere l'opposto: agevolare al massimo autoconsumatori, operatori e membri delle comunità energetiche. Ricordando sempre che, per espressa previsione normativa, la CER non può realizzare profitti finanziari ma ha lo scopo di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, ai suoi membri ed alle aree locali in cui opera.

* Fabio Rousset, Partner EY tax & law, e Erica Paolino, Senior manager EY tax & law

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©

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