Civile

Se il recesso del consorziato non è regolato dallo Statuto si applica l'articolo 1118 del Cc

Se manca una disciplina specifica sono applicabili le norme in materia di condominio per i consorzi che gestiscono beni e servizi in una zona condominiale

di Mario Finocchiaro

Il consorzio costituito tra proprietari di immobili per la manutenzione di strade ed opere comuni costituisce una figura atipica e, come tale, il rapporto è disciplinato anzitutto dalle pattuizioni contenute nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio. Qualora - invece - manchi una disciplina specifica, sono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che - nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione dei beni e dei servizi comuni di una zona residenziale - devono individuarsi nelle norme riguardanti il condominio. Ne deriva che il recesso del consorziato diretto alla liberazione dall'obbligo contributivo, in assenza di specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall'art. 1104 Cc, che consente l'abbandono liberatorio nella comunione, bensì dall'art. 1118 Cc che lo vieta nel condominio, tenuto conto del nesso funzionale tra i beni di proprietà comune e i beni di proprietà esclusiva. Lo ha stabilito la Sezione II della Cassazione con la sentenza 3 ottobre 2022 n. 28611.

I precedenti
Conforme, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, il consorzio costituito tra proprietari di immobili per la manutenzione di strade ed opere comuni realizzate a seguito dell'attuazione di un piano di lottizzazione costituisce una figura atipica e, quindi, il rapporto consortile è disciplinato anzitutto dalle pattuizioni contenute nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio; soltanto qualora in tali atti manchi una disciplina specifica sono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che, nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione dei beni e dei servizi comuni di una zona residenziale, devono individuarsi nelle norme concernenti il condominio, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 1118, comma 2, Cc, il consorziato non può, rinunziando al diritto sui beni in comune, sottrarsi al contributo alle spese per la loro conservazione, Cassazione, sentenza 10 gennaio 2005, in Vita notarile, 2005, p. 259, nonché in Dir. giur. agr., 2005, II, p. 656, con nota di Triola R., Osservazioni in tema di consorzi tra proprietari di immobili.
Sempre sostanzialmente nello stesso senso si è ritenuto:
- i consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un'organizzazione sovraordinata), preordinati (come nella specie) alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi assai complessi ed onerosi, costituiscono figure atipiche che, per essere caratterizzate dall'esistenza di una stabile organizzazione di soggetti funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute. Il problema della normativa ad essi applicabile va, peraltro, risolto alla luce della considerazione che, accanto all'innegabile connotato associativo, essi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità - in quanto il singolo associato, inserendosi, al momento dell'acquisto dell'immobile, nel sodalizio, onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, legittimamente qualificabili in termini di obligationes propter rem con riferimento non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria -, sicché, insoddisfacenti risultando tanto le teorie che propugnano l'applicazione generalizzata delle norme sulle associazioni, quanto quelle che propendono per il ricorso alle sole disposizioni in tema di comunione e condominio, è d'uopo rivolgere l'attenzione, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, soltanto ove questo nulla disponga al riguardo, passare all'individuazione della normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia. Ne consegue che, qualora (come nella specie) si verta in tema di consorzi di urbanizzazione finalizzati alla costruzione, manutenzione e ripristino di opere stradali, nonché di quelle per la distribuzione dell'acqua e dell'energia elettrica (svolgendo, ancora, tutte le altre attività comunque utili al comprensorio), va esclusa ogni possibilità di recesso degli associati - se non per effetto di trasmissione a terzi del diritto di proprietà immobiliare - tutte le volte in cui lo statuto disponga, espressamente o implicitamente, in tal senso, senza che ciò violi il principio costituzionale di cui all'articolo 18 della Carta fondamentale (poiché anche il recesso rientra, in astratto, tra i modi di esercizio della libertà di cui al detto articolo), atteso che, in tal caso, non tanto si tratta di accertare se i consorziati siano o meno liberi di recedere dalla struttura comune, quanto di stabilire se gli stessi possano sottrarsi ai propri doveri verso il consorzio pur restando proprietari degli immobili di loro pertinenza, Cassazione, sentenza 21 marzo 2003, n. 4125, in Giustizia civile, 2004, I, p. 2825;
- in tema di consorzio di urbanizzazione, atteso il nesso funzionale tra i beni di proprietà comune e i beni di proprietà esclusiva, il recesso del consorziato diretto alla liberazione dall'obbligo contributivo, in assenza di specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall'art. 1104 Cc, che consente l'abbandono liberatorio nella comunione, bensì dall'art. 1118 Cc, che lo vieta nel condominio Cassazione, sentenze 6 ottobre 2014, n. 20989, in Vita notarile, 2015, p. 313 e 30 ottobre 2018, n. 27634.

I giudidi di merito
Nello stesso senso, per i giudici di merito, è valida la clausola dello statuto di un Consorzio, costituito tra proprietari di terreni compresi in una lottizzazione, che esclude ogni possibilità di recesso dei partecipanti al Consorzio, anche atteso che il consortista recedente, persistendo la sua qualità di proprietario, non potrebbe comunque rifiutare la manutenzione e i miglioramenti posti in essere dall'ente delegato a tale scopo e resterebbe pur sempre obbligato a contribuire alle relative spese, Tribunale di Roma, sentenza 28 febbraio 1981, in Foro it., 1981, I, c. 2061.

Applicabilità delle norme in materia di condominio
Tra le altre, nel senso che le disposizioni in materia di condominio possono legittimamente ritenersi applicabili al consorzio costituito tra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti, ed assumendo, per l'effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie, Cassazione, sentenze 29 gennaio 2003, n. 1277, in Rass. locaz. e cond., 2003, p. 604, con nota di De Tilla M., La normativa applicabile per i consorzi di edifici, e in Giustizia civile, 2003, I, p, 1553, con nota di Vidiri G., Il consorzio residenziale. una normativa in bilico tra comunione e condominio e 3 ottobre 2013, n. 22641.
Sempre in questo senso, le disposizioni in materia di condominio - e non quelle in tema di associazioni non riconosciute - possono legittimamente considerarsi applicabili al consorzio costituito tra proprietari d'immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti, ed assumendo, per l'effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie, Cassazione, sentenze 14 marzo 2001, n. 3665, in Vita notarile, 2001, p. 805 e 14 maggio 2002, n. 6966.

E quando non si possono applicare
Diversamente, le disposizioni in materia di condominio non sono estensibili al consorzio costituito tra proprietari d'immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, atteso che i due istituti giuridici, nonostante le numerose analogie, presentano anche caratteristiche diverse che non ne permettono una completa parificazione concettuale: il condominio di edifici è una forma di proprietà plurima, derivante dalla struttura stessa del fabbricato e regolata interamente da norme che rimangono nel campo dei diritti reali, con la conseguenza che il carattere di immobile condominiale è una qualitas fundi che inerisce al bene e lo segue, con i relativi oneri, presso qualsiasi acquirente; il consorzio, che ha un livello di organizzazione più elevato, appartiene, invece, alla categoria delle associazioni, con la conseguente rilevanza della volontà del singolo di partecipare o meno all'ente sociale, pur potendo tale volontà essere ricavata (se non esiste una contraria norma di statuto o di legge) da presunzioni o da fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio, oppure l'utilizzazione concreta dei servizi messi a disposizione dei partecipanti, Cassazione, sentenza 18 luglio 1984, n. 4199, in Giustizia civile, 1984, I, p. 72, con nota di Russo P., Consorzio tra proprietari di immobili e obbligo di pagamento dei contributi consortili.
In particolare, salvo che la legge o lo statuto richiedano la forma espressa o addirittura quella scritta, la volontà di partecipare alla costituzione del consorzio o di aderire al consorzio già costituito può essere manifestata anche tacitamente e desumersi da presunzioni o fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio oppure l'utilizzazione in concreto dei servizi posti a disposizione dei consorziati. Solo la partecipazione al consorzio può determinare l'obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento, Cassazione, sentenza 29 gennaio 2003, n. 1277, cit, che, in applicazione di tali principi, ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata, che, essendosi formato il giudicato in ordine alla insussistenza di una volontà della parte di partecipare al Consorzio manifestata tacitamente, era incorsa nel vizio di extrapetizione affermando che la parte stessa, acquistando l'immobile, aveva assunto due obbligazioni collegate da rapporto di strumentalità, aventi ad oggetto, l'una, la partecipazione alle spese comuni e, l'altra, l'adesione al consorzio. Analogamente, solo l'adesione al consorzio può far sorgere l'obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento dell'ente. Cassazione, sentenza 3 ottobre 2013, n. 22641.

L'adesione al Consorzio
Analogamente, in altre occasione, si è osservato che in tema di Consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al Consorzio predisposto dall'autonomia privata e che si attua attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di una unità immobiliare ricadente nel comprensorio (nella specie, il centro direzionale di Napoli), essendo tale adesione - alla quale si ricollega l'assunzione dei corrispondenti obblighi dell'aderente - contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al Consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà di partecipare al Consorzio del nuovo acquirente, Cassazione, sentenza 22 settembre 2016, n. 18560.
In un'ottica parzialmente diversa, rispetto alle pronunce ricordate sopra, peraltro, e, in particolare, nel senso che in tema di consorzi volontari costituiti fra proprietari di immobili per la gestione di parti e servizi comuni, la partecipazione o l'adesione ad esso da parte dell'acquirente di un immobile compreso nel consorzio deve risultare da una valida manifestazione di volontà, giacché altrimenti sarebbe violato il diritto di non associazione garantito dall'art. 18 Cost., Cassazione, sentenza 30 marzo 2005, n. 6666.
Per la precisazione che i consorzi per la gestione di beni e servizi di un comprensorio immobiliare sono caratterizzati da un forte profilo di realità, in quanto il singolo associato, inserendosi nel sodalizio, al momento dell'acquisto dell'immobile, assume una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, correttamente qualificabili come obligationes propter rem, altresì, Cassazione, sentenza 6 maggio 2005, n. 9401.
Per altri riferimenti cfr., altresì:
- nel senso che la disposizione di cui all'articolo 2377, ultimo comma Cc., norma di portata generale, è applicabile anche ai consorzi volontari tra i proprietari di immobili, Cassazione, sentenza 6 dicembre 2016, n. 24957;
- per la precisazione che qualora ciascun acquirente di singole porzioni di un'area lottizzata si sia impegnato, con l'atto di compravendita, ad adibire una striscia del proprio terreno a passaggio in favore degli altri lotti, nonché a partecipare ad un Consorzio per la costruzione e manutenzione della strada destinata ad assicurare detto passaggio, la mancata partecipazione a tale Consorzio non vale ad esentare l'acquirente medesimo dall'obbligo di contribuire pro quota alle spese affrontate per la realizzazione e gestione dell'opera, stante la configurabilità della costituzione di una communio incidens sulla strada per effetto dell'indicato impegno (e la conseguente insorgenza dei doveri contemplati dall'articolo 1104 Cc), e, pertanto, non lo sottrae all'azione di recupero di dette spese, che venga proposta, nel termine prescrizionale decorrente dalla rispettiva erogazione, dagli organi del Consorzio stesso in qualità di rappresentanti degli altri comunisti, Cassazione, sentenze 15 luglio 2021, n. 20230 e 22 maggio 1987, n. 4646
- per il rilievo che in tema di Consorzi di urbanizzazione, l'obbligo dell'associato di provvedere al pagamento degli oneri consortili non discende dall'essere proprietario, dunque da una obligatio propter rem atipica, ma dal vincolo apposto nel regolamento condominiale e nel contratto di acquisto, che impone il loro pagamento per effetto della volontaria adesione al contratto in forza del quale il Consorzio è stato costituito, Cassazione, ordinanza 25 gennaio 2021, n. 1468;
- nel senso che le obbligazioni propter rem - nella specie adesione al Consorzio di urbanizzazione all'atto dell'acquisto dell'immobile ricadente nel Consorzio - sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che esse possono sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge, Cassazione, sentenza 4 dicembre 2007, n. 25289.

La giurisprudenza amministrativa
Per la giurisprudenza amministrativa, nel senso che la norma dell'articolo 1104 Cc per cui ciascun partecipante alla comunione deve contribuire nelle spese per la conservazione e il godimento della cosa comune, trova applicazione pure con riguardo a strada vicinale soggetta a servitù di uso pubblico, ancorché per la sua amministrazione non risulti costituito il Consorzio pubblico, previsto dagli articoli 3, d.l.lgt. 1 settembre 1918 n. 1446 e 14, legge 12 febbraio 1958 n. 126; di conseguenza il proprietario frontista non può sottrarsi alle spese deducendo la mancata costituzione del Consorzio, TAR Umbria, sentenza 21 giugno 2003, n. 507, in Foro amm.-Tar, 2003, p. 1916.

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