Penale

Revoca della condizionale per mancato risarcimento solo dopo 5 o 2 anni se manca termine di adempimento

Il passaggio in giudicato della condanna non incide sul beneficio se il giudice ha omesso di prevedere la scadenza dell'obbligo

di Paola Rossi

Se il beneficio della pena sospesa concesso al condannato è subordinato all'adempimento di un obbligo e il giudice nella sentenza di condanna non fissa un termine entro cui vada realizzato, tale termine può essere stabilito dal giudice dell'impugnazione o dal giudice dell'esecuzione.

La condanna priva del termine ad adempiere non anticipa la revoca
In mancanza di tale statuizione, la scadenza per l'adempimento - che giustifica la revoca della sospensione condizionale della pena - non coinciderà con il passaggio in giudicato della condanna, ma con lo spirare dei termini previsti dall'articolo 163 del Codice penale che regola la causa estintiva del reato,cioè varranno i tempi fissati di sospensione della pena, che sono di 5 anni per i delitti e di 2 anni per le contravvenzioni. Quindi se nessuno dei giudici coinvolti nelle diverse fasi della vicenda processuale fissa il termine per adempiere all'obbligo, cui è subordinata la concessione del beneficio, il mancato adempimento da parte del condannato prima che siano decorsi i cinque o i due anni dalla definitività della sentenza non ha rilevanza ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena.

Si tratta di un'interpretazione necessaria per far fronte al mancato rispetto della prescrizione del sesto comma dell'articolo 165 del Codice penale dove afferma esplicitamente che «Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti».

L'orientamento prescelto
Così le sezioni Unite penali della Corte di cassazione - con la sentenza n. 37503/2022 - hanno operato una scelta tra i due orientamenti contrapposti formatisi sulle conseguenze "temporali" della mancata previsione del termine di scadenza dell'adempimento, che rientri tra gli obblighi del condannato imposti con sentenza.

Viene posto in soffitta l'orientamento che faceva coincidere la scadenza dell'obbligo risarcitorio da parte del condannato, in assenza di un termine fissato dal giudice, con quello del passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

La Cassazione, infatti, adotta l'interpretazione più recente secondo la quale se il termine per adempiere non è espressamente fissato dal giudice esso coinciderà con l'avvenuto decorso dei periodi di sospensione dell'esecuzione della pena. In conclusione le sezioni Unite dettano il seguente principio di diritto nomofilattico: «In caso di sospensione condizionale della pena subordinata all'adempimento di un obbligo risarcitorio, il termine entro il quale l'imputato deve provvedere allo stesso, che costituisce elemento essenziale dell'istituto, va fissato dal giudice in sentenza ovvero, in mancanza, dal giudice dell'impugnazione o da quello della esecuzione. Qualora il termine non venga fissato, lo stesso coincide con la scadenza dei termini di cinque o due anni previsti dall'art. 163 cod. pen.».

Va sottolineato che la Cassazione ha già affrontato il tema dell'inquadramento dei rimedi possibili a fronte dell'inadempimento del giudice all'obbligo di stabilire un termine per l'adempimento del risarcimento fissato in rapporto alla sospensione condizionale della pena . E anche su tale punto si era registrato un conflitto di giurisprudenza. La Cassazione boccia l'ipotesi di procedere alla correzione materiale della sentenza. Infatti, pur trattandosi di obbligo questo non è a contenuto predeterminato e quindi appare più idonea la strada dell'impugnazione - anche da parte della Procura - al fine di ottenere tale fissazione. Ma la Cassazione dice anche di più e ritiene che il giudice di appello possa d'ufficio procedere a tale determinazione anche in assenza di specifici motivi di impugnazione sul punto. Stessa possibilità è prevista in fase di esecuzione.

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