Giustizia

Palazzo Spada azzera i vertici della Cassazione

Per il Consiglio di Stato sono illegittime le nomine di Curzio e Cassano

di Giovanni Negri

Non era mai successo. E accade ora a una settimana dalla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario dove il Primo presidente della Cassazione svolge la sua relazione davanti ai vertici dello Stato (sarà l’ultimo passaggio pubblico del settennato di Sergio Mattarella). E tuttavia venerdì prossimo l’atmosfera potrebbe essere almeno di forte imbarazzo, perché ieri il Consiglio di Stato ha giudicato illegittima la nomina degli attuali vertici della Cassazione, sia del Primo presidente Pietro Curzio (sentenza 268/2022) sia dell’aggiunto Margherita Cassano (sentenza 267/2022), prima donna ad arrivare ai vertici del massimo organismo della giurisdizione.

Una brutta botta per il Csm che, nel 2020, aveva votato le nomine. Che arriva dopo la bocciatura del capo della Procura di Roma Michele Prestipino, al quale da poche settimane è subentrato Francesco Lo Voi. E ora toccherà al Consiglio superiore della magistratura valutare la strada da prendere, che potrebbe passare da un ricorso davanti alle Sezioni unite della stessa Cassazione (nell’inedita posizione di dovere giudicare in una vicenda che riguarda i propri vertici) oppure prendere atto della pronuncia della magistratura amministrativa e avviare la procedura per la nomina di un nuovo vertice.

A presentare ricorso, in prima battuta respinto dal Tar, contro le nomine di Curzio e Cassano è stato Angelo Spirito, candidato sconfitto due anni fa, contestando la prima sotto il profilo della sopravvalutazione delle esperienze professionali e la seconda sotto quello della prevalenza dei meriti.

Ora il Consiglio di Stato, si legge nella sentenza su Curzio, sottolinea come a favore di Spirito doveva essere diversamente considerato il maggior periodo di svolgimento delle funzioni di legittimità (25 anni per Spirito, 13 anni per Curzio) sia in generale sia nel contesto delle Sezioni unite. Il giudizio di equivalenza . E, se è vero che «il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi». Tanto più in un caso di particolare delicatezza e rilevanza.

Come pure, ricorda il Consiglio di Stato, non sarebbe stata adeguatamente valorizzata dal Csm l’esperienza di Spirito nell’Ufficio del Massimario mentre a favore di Curzio sarebbe stata sopravvalutata la sua presidenza della sezione “filtro” della Corte, «la valutazione espressa finisce infatti per prediligere staticamente (e in termini aprioristici) una Sezione dell’ufficio rispetto alle altre».

Di certo le decisione del Consiglio di Stato, oltre a porre un tema di natura del controllo della magistratura amministrativa sull’autonomia del Csm, gettano un’ombra non banale sui criteri di nomina. Dove le due scelte di maggiore rilevanza dell’attuale consiliatura, Procura di Roma e Cassazione, sono state entrambe considerate illegittime e mentre si aspetta ancora che il Governo decida di formalizzare la sua proposta di riforma di Csm e ordinamento giudiziario e si profila, per la prossima estate, il rinnovo del Consiglio che lo stesso Mattarella ha ritenuto impensabile si possa svolgere sulla base dell’attuale sistema elettorale.

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