Penale

La Consulta: rivedere le sanzioni sule droghe pesanti

di Giovanni Negri

Non c’è dubbio: il trattamento sanzionatorio sulle droghe pesanti andrebbe rivisto. Produce infatti «un’anomalia sanzionatoria rimediabile con plurime opzioni legislative». Di più: «Tenuto conto dell’elevato numero dei giudizi, pendenti e definiti, aventi ad oggetto reati in materia di stupefacenti, non può non formularsi un pressante auspicio affinché il legislatore proceda rapidamente a soddisfare il principio di necessaria proporzionalità del trattamento sanzionatorio, risanando la frattura che separa le pene previste per i fatti lievi e per i fatti non lievi dai commi 5 e 1 dell’articolo 73 del Dpr n. 309 del 1990».

Il monito arriva dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 179/2017, depositata ieri e scritta da Marta Cartabia. Oggetto della pronuncia le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Ferrara e dal Gup di Rovereto, entrambe centrate sul regime punitivo in materia di stupefacenti.

Dopo un complesso sviluppo legislativo e giurisprudenziale, si è venuta a creare, sulle droghe pesanti, una profonda frattura nel trattamento sanzionatorio tra minimo edittale del fatto di non lieve entità (8 anni) e massimo edittale del fatto lieve (4 anni), ritenuta in contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità garantiti dagli articoli 3 e 27 Costituzione, oltre che dall’articolo 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’articolo 3 della Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Nelle ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale si metteva in evidenza il rischio di sperequazioni punitive per effetto della disciplina delle sanzioni, che costringe il giudice a punire con misure molto diverse tra loro casi non molto differenti quanto a capacità offensiva oppure a infliggere sanzioni sproporzionate per eccesso o per difetto in un numero rilevante di condotte.

La sentenza da una parte ammette che, anche se si tratta di reati autonomi, differenze tra i due reati non giustificano salti sanzionatori di entità così rilevante come quello attualmente presente nei diversi commi dell’articolo 73. Tuttavia, i margini per mitigare questa situazione, in attesa di una correzione da parte del legislatore, esistono e conducono comunque a un giudizio di inammissibilità.

Per esempio, sottolinea la Consulta, «deve rilevarsi che la tenuità o la levità del fatto possono essere (e sono) prese in considerazione dal legislatore a diverso titolo e con effetti che possono determinare “spazi di discrezionalità discontinua” nel trattamento sanzionatorio».

Più precisamente «simile discontinuità può corrispondere a una ragionevole esigenza di politica criminale volta a esprimere, attraverso un più mite trattamento sanzionatorio, una maggiore tolleranza verso i comportamenti meno lesivi e, viceversa, manifestare una più ferma severità, con sanzioni autonome più rigorose, nei confronti di condotte particolarmente lesive».

Corte costituzionale, sentenza 13 luglio 2017 n. 179

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