Penale

Distruggere un'opera d'arte Gli NFT e il caso Basquiat

Distruggere l'opera d'arte acquistata è una delle facoltà che rientrano nel diritto di proprietà e che è esclusa solo in determinati casi e per opere "protette".

di Roberto Colantonio*


Comprami e distruggimi

É stata messa all'asta "Free Comb with Pagoda", lavoro su carta con tecnica mista del 1986 di Jean-Michel Basquiat. L'opera, appartenente a una collezione privata, ha avuto una vicenda proprietaria abbastanza travagliata, tanto che nel 2015 un precedente tentativo d'asta, per un prezzo di riserva di 80.000 dollari, andò a vuoto; ci riprovano ora abbinando l'opera a un NFT – non fungible token - , tanto di "moda". Con una particolarità di rilievo: l'acquirente potrà decidere che l'originale dell'opera, l'opera fisica, sia distrutta, conservando unicamente la copia digitale dell'NFT. L'operazione viene presentata come una "provocazione digitale."

La trovata è senz'altro efficace. Ci affezioniamo a delle opere d'arte, a dei monumenti, a dei luoghi particolari tanto più sono in pericolo, minacciati dall'uomo o da eventi naturali.

Un'intera porzione di arte contemporanea, che va sotto la denominazione sempre più stretta di Street art, rivendica tra le sue caratteristiche appunto l'effimerità e pratiche come il crossing fanno parte di un codice comune tacito di molti artisti. Una anche facilmente replicabile (ammesso che ci si trovi una convenienza economica a farlo, in arte chi arriva prima in genere "piglia tutto".) Vediamo perciò quali sarebbero le possibili implicazioni legali di un'operazione del genere secondo la legge italiana.

Distruggere opere d'arte

La proprietà è composta da una serie di facoltà – alcuni autori preferiscono perciò parlare di proprietà al plurale: le proprietà -, potenzialmente assolute, riconosciute in esclusiva al suo titolare, che ne può disporre a suo piacimento. Un Collezionista può vendere, donare, trasmettere ai suoi eredi, affittare, noleggiare, dare in comodato, etc. l'opera di sua proprietà. Può chiuderla in un caveau e non mostrarla più ad anima viva, come gli anonimi acquirenti di quadri di celebri impressionisti finiti in collezioni private. Nessuno di fatto potrebbe impedire al Collezionista di danneggiare l'opera, magari improvvidamente, in un evento mondano, durante un trasporto o per un banalissimo trasloco o imporgli di adottare adeguate misure di sicurezza per furti e incendi.

Può un Collezionista distruggere l'opera d'arte di sua proprietà? Legalmente, la risposta è sì. Non ci sono conseguenze di alcun tipo, neanche penali, a meno di non parlare di opere con una determinata protezione, come si vedrà infra.

Il reato ex art. 733 c.p.

Il reato previsto dall'art. 733 codice penale prevede che dall'opera distrutta, deteriorata o comunque danneggiata dal proprietario – e soltanto da lui: è infatti un reato cd. proprio – derivi "un nocumento al patrimonio archeologico, storico, o artistico nazionale." Con un importante esimente. Non risponde del reato il proprietario cui non sia noto il rilevante pregio dell'opera. La fattispecie non è così marginale, se pensiamo ai cd. sleepers, opere d'arte dimenticate in una soffitta o cantina e ritrovate anni dopo da ignari eredi. La pena, poi, prevede in alternativa l'arresto fino a un anno o un'ammenda "non inferiore a euro 2.065", a fronte di un danno per la collettività potenzialmente illimitato. Anche sotto l'aspetto cautelativo, l'art 733 cit. lascia a desiderare, in quanto ammette la possibilità della confisca della cosa (già) danneggiata o deteriorata, ovvero una confisca che potrebbe intervenire quando è troppo tardi e il bene è irrimediabilmente perduto.

I beni culturali

Le uniche opere d'arte davvero tutelate sono quelle che rientrano nella categoria, tanto temuta dai privati per la sostanziale indisponibilità che ne comporta la classificazione, dei beni culturali, che hanno un codice dedicato e una serie di reati dedicati.

Una certa tutela è prevista poi per l'esportazione di opere d'arte con una certa "età": create da oltre sett'anni da autore non più vivente e con un valore superiore a 13.500 euro.
Basquiat è certamente un autore riconosciuto, la cui importanza nella storia dell'arte è inversamente proporzionale alla brevità della sua vita – è morto ventisettenne come un rocker maledetto al termine di una parabola distruttiva degna di Rimbaud- , come tanti altri artisti contemporanei in molti casi i collezionisti privati sono arrivati prima delle istituzioni museali. Non tutte le opere di un artista sono però allo stesso livello e questo Free Comb with Pagoda non appare proprio esaltante.

Sul piano legale, ci sono i presupposti per l'intervento dell'Ente estero competente analogo alla nostra Soprintendenza, che ha un ruolo centrale nel sistema del codice dei beni culturali nei tre momenti: conoscere, conservare, valorizzare. Ma fino ad allora, la vendita resterà valida, come la strana offerta di distruzione.

Perché il caso del palloncino rosso di Banksy non c'entra nulla

In conclusione, quanto promesso nella vendita del Basquiat si traduce in realtà in un – efficace – richiamo commerciale. La facoltà di distruggere l'opera viene da sé con l'acquisto.

Diverso è stato il caso, di cui pure si è parlato molto, del palloncino rosso di Banksy, distrutto dall'artista con un meccanismo azionato da remoto dopo l'aggiudicazione e che, di fatto, rappresentava un inadempimento contrattuale. L'immagine nel suo insieme che ci restituiscono queste "trovate" è quella di un mercato dell'arte contemporanea in crisi, soprattutto di attenzioni, indirizzato verso la spettacolarizzazione, in primis con i record di battitura d'asta. Come per il calcio, molti si interessano più ai numeri che alla partita in sé.

L'arte e il suo doppione

Uscendo dal campo strettamente legale, è forse inevitabile che la copia digitale sostituisca alla lunga l'originale analogico. Il rapporto analogico – digitale non potrà mai essere contenuto in un rapporto di 1 a 1. Perché le opere analogiche possono essere trasportate (o meglio "trasposte") in byte, come di un libro può essere fatto un adattamento cinematografico o televisivo, ma resta che ci sono oggetti che nascono direttamente come digitali e che tali resteranno. Sarebbe come stampare in carta moneta i bitcoin. Il digitale mette in discussione la stessa natura di manufatto delle opere d'arte. L'opera creata dall'artista a computer è paradossalmente "più" intellettuale di quella che prende forma da un inanimato ciocco di legno portato a casa da un Geppetto per costruire un burattino. Lì c'è pur sempre una materia di base su cui l'artigiano/artefice interviene.

Perché originale e unico non sono la stessa cosa

Vi è tradizionalmente una confusione nell'arte tra i concetti di originale e di unico.

L'arte è una creazione autoriale al pari di tante altre, anche più semplici.
"Sono protette" ai sensi della legge sul diritto d'autore "le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione." Art. 1 comma 1 L. 633/41.

Più sono originali, "nuove", più il diritto gli accorda una maggiore protezione, senza negarla tuttavia, sia pure in misura diversa, alle opere derivate, frutto della modifica o dell'elaborazione di un'opera già esistente, purché a loro volta creative.
Unica, invece, è anche l'ultima scatola di cetriolini rimasta nell'ex Germania Est cercata dal protagonista del film Goodbye Lenin.

L'unicità non è perciò un requisito, quanto una conseguenza della realizzazione dell'opera o, meglio, dell'idea dell'opera, su di un supporto fisico, il corpo meccanico su cui lo scienziato Rotwang riversa lo spirito della sua amata Hel che rivedeva in Maria.

E come l'androide di Metropolis voleva poi sbarazzarsi del suo modello, così l'NFT non può che mostrarsi insofferente nei confronti dell'opera analogica di cui ha in sé tutti gli elementi, persino migliorandola in un certo senso, con l'incorporazione dei certificati di autenticità e di proprietà e garantendone la preservazione nel tempo e nello spazio.

Due originali sono troppi

Con l'NFT, a cosa servirà più l'opera analogica, fragile com'è e che in certi casi non può neppure circolare liberamente, per le restrizioni sulle esportazioni di opere d'arte, mentre la sua versione digitale attraversa Continenti in una frazione di secondo? Michelangelo anticipò forse, inconsapevolmente, questa ineluttabilità, prendendo a martellate il suo Mosè, "colpevole" di non obbedire alla perfezione che voleva infondergli, dandogli vita.

Con i secoli abbiamo sovrapposto l'arte con la sua riproduzione, perché le opere che vediamo e che chiamiamo originali, non sono in realtà che la prima riproduzione, al netto delle prove d'artista, come fissata dall'autore e che rispetto alle altre, ha solo il vantaggio della priorità. È da tutti citato un famoso testo di Walter Benjamin che si interroga su come vada ridefinita l'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità meccanica, quando prima il problema si limitava a decidere se un'opera era da attribuire alla mano dell'artista o della sua "scuola".

Crediamo di innamorarci di un quadro, quando stiamo venerando la tela su cui è dipinto, i suoi colori, persino la polvere del tempo che si è depositata sopra. Una passione per l'arte che ha tutti gli elementi di un feticismo.

Chi comprerà il Basquiat si ritroverà, in effetti, con un'opera analogica e il suo specchio digitale.

Gli NFT sono utilizzati finora per accrescere la proprietà del Collezionista, dandogli la certezza dell'autenticità e del suo titolo di acquisto. Ma questo crea anche una competizione, un'inflazione intrinseca dell'opera, creandone di fatto due. E non c'è posto per due originali. Ecco perché la scelta di distruggere l'opera – il suo supporto fisico - dopo averne acquisito indiscutibilmente la proprietà digitale potrebbe diventare in futuro la norma; di fatto, nella auction, l'offerta di distruggere l'opera è presentata come un plus per incoraggiare offerte più alte. Per preservare il valore di un'opera – allo stesso modo di come si distrugge il calco di terracotta servita per una scultura di bronzo-, l'opera stessa deve sparire, tolta di mezzo. E forse in un tempo non troppo lontano ci si chiederà se anche gli artisti stessi siano in fondo necessari all'arte.

* Avvocato, si occupa di diritto del lavoro, proprietà intellettuale ed Art law, abilitato al patrocinio in Corte di Cassazione. Autore di: "Compendio di diritto d'autore" Primiceri editore, 2017; "il Collezionista d'arte contemporanea" Iemme edizioni, 2018; "Nuovo Compendio di diritto dei beni culturali" GM Press edizioni 2021.

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