Penale

Limitazioni al ricorso personale in cassazione estese alle misure cautelari

di Giuseppe Amato

Con i commi 54 e 63 dell'articolo 1 della legge 23 giugno 2017 n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017, è stata eliminata la possibilità per l'imputato di sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione, con la conseguente inammissibilità del ricorso in caso di presentazione personale da parte dell'imputato e tale “eliminazione” vale anche per i ricorsi in tema di misure cautelari personali e reali previsti rispettivamente dagli articoli 311 e 325 del Cpp, senza che rilevi il fatto che il novum normativo abbia espressamente inciso solo sul combinato disposto degli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del Cpp, e non formalmente sulle disposizioni contenute nell'articolo 311 del Cpp, relative al ricorso per cassazione in tema di misure cautelari personali, e neppure su quelle contenute nell'articolo 325 del Cpp, relative al ricorso per cassazione in tema di misure cautelari reali.

È pur vero, infatti, che l'articolo 311, comma 1, continua ad attribuire la facoltà di ricorso per cassazione contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310 anche all'imputato e al suo difensore, e, parimenti, l'articolo 325 ammette anch'esso l'imputato e il suo difensore al ricorso per cassazione nella materia delle misure cautelari reali.

Peraltro, al di là del dato formale, la finalità dell'intervento di riforma introdotto con la legge n. 103 del 2017, che mira, tra l'altro, a garantire maggiore efficienza al controllo di legittimità e alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione, anche cercando di evitare la proposizione di ricorsi per cassazione destinati con grande frequenza alla declaratoria di inammissibilità per mancanza dei requisiti di forma e di contenuto, dovuta alla obiettiva incapacità del ricorrente personale di individuare e censurare i vizi di legittimità del provvedimento impugnato, deve indurre a ritenere che nel combinato disposto delle due norme modificate dalla legge n. 103 del 2017 ben può leggersi la regola dell'esclusione, espressa e generalizzata, della sottoscrizione personale del ricorso per cassazione per l'imputato e i soggetti al medesimo legislativamente equiparati. In definitiva, l'imputato, anche rispetto ai provvedimenti cautelari personali e reali non è più legittimato a sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione, ma, a pena di inammissibilità, deve esercitare il suo diritto di impugnazione esclusivamente per il tramite di un difensore iscritto nell'albo speciale, munito di specifico mandato (e ciò a far data dal 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, anche laddove il provvedimento da impugnare fosse stata adottato in data anteriore, in quando, dovendosi avere riguardo all'applicazione della regola del tempus regit actum, l'actus da considerare temporalmente, ai fini dell'applicazione dell'articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, è l'atto di impugnazione in sé e per sé, e, in questa prospettiva, ciò che rileva è l'individuazione, a quel momento, del soggetto a tal fine legittimato a sottoscriverlo).

Va notato che la Corte, nel risolvere la questione, ha ritenuto di non dovere attendere il pronunciamento delle sezioni Unite, il cui intervento era stato chiesto dalla sezione V, con ordinanza 8 novembre 2017, Aiello, in ordine al quesito se in materia di misure cautelari debba o no ritenersi sussistente la possibilità per l'imputato di ricorrere personalmente in cassazione, per non essere state formalmente modificati gli articoli 311 e 325 del Cpp, giacché il novum introdotto dalla legge n. 103 del 2017 aveva riguardato esclusivamente le disposizioni generali in materia di impugnazione contenute negli articoli 571 e 613 del Cpp.

L’orientamento più recente - Più in generale, in ordine alla innovata disciplina limitativa della possibilità di ricorrere personalmente in cassazione, si è affermato che, in assenza di specifiche disposizioni transitorie circa il regime normativo da applicare ai ricorsi per cassazione, presentati personalmente dall'imputato ai sensi del previgente dettato di cui agli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del Cpp, ma trattati dalla Corte di cassazione dopo l'entrata in vigore delle norme di cui ai citati commi 54 e 63 della legge n. 103 del 2017, vertendosi in tema di successione di norme processuali relative alle impugnazioni, deve farsi applicazione del principio (già affermato dalle sezioni Unite, 29 marzo 2007, Lista), in forza del quale, ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall'una all'altra, l'applicazione del principio tempus regit actum impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione.

Infatti, poiché l'atto d'impugnazione è la risultante di un'attività preparatoria avviata con il sorgere del diritto d'impugnare, che è strettamente collegato alla pronuncia della sentenza, il quadro normativo cui occorre fare riferimento per regolare le ipotesi di modificazioni delle impugnazioni, quali quelle riguardanti le relative modalità, è quello del tempo in cui tale diritto è venuto a esistenza: vale a dire, il momento di adozione del provvedimento impugnabile (cfr. sezione V, 26 settembre 2017, Cante).

Corte di cassazione - Sezione V penale - Sentenza 7 novembre 2017 n. 53203

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©