Penale

Stupefacenti, l’aggravante dell’ingente quantità resta legata alla valutazione del giudice

di Giuseppe Amato

Ai fini della determinazione della “quantità ingente” di sostanza stupefacente (articolo 80, comma 2, del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309), pur dopo le innovazioni determinate dalla sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale e dagli interventi normativi che a essa sono seguiti (principalmente il decreto legge 20 marzo 2014 n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014 n. 79, con cui si è innovato al sistema tabellare delle sostanze stupefacenti), mantengono validità le indicazioni fornite dalla sentenza delle sezioni Unite, 24 maggio 2012, Biondi (secondo la quale l'aggravante non sarebbe di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a “2000 volte” il valore massimo in milligrammi - valore-soglia - determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al Dm 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito), nella misura in cui possono essere utilizzati come criteri orientativi: la sentenza Biondi, infatti, introduce un criterio “flessibile”, soprattutto nel caso del superamento del valore-soglia, poiché in tali casi la valutazione circa la configurabilità dell'ingente quantità non è automatica, ma è rimessa al giudice di merito. Lo ribadisce la sezione IV penale della Cassazione con la sentenza 7 dicembre 2017 n. 55014 .

La Corte recepisce l'orientamento secondo cui, in tema di circostanza aggravante dell'ingente quantità di sostanza stupefacente, prevista dall'articolo 80, comma 2, del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, il principio di diritto affermato dalle sezioni Unite (sentenza 24 maggio 2012, Proc. gen. App. L'Aquila e altro in proc. Biondi), in forza del quale l'aggravante non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a “2000 volte” il valore massimo in milligrammi (valore-soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al Dm 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata, mantiene validità anche dopo la sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale.
Infatti, il “senso” della decisione delle sezioni Unite è stato quello di trovare un parametro “convenzionale”, non arbitrario o invasivo delle competenze del legislatore, perché basato sull'esperienza giurisdizionale, cui poter ancorare una applicazione della norma tendenzialmente omogenea su tutto il territorio nazionale, conservando ovviamente gli spazi di libertà interpretativa del giudice in ragione delle peculiarità del caso concreto; cosicché, in questa prospettiva, i parametri indicati nel citato decreto ministeriale costituiscono solo un dato oggettivo da cui muovere e non già il presupposto di legittimità del ragionamento probatorio e dimostrativo (sezione IV, 12 ottobre 2016, Palumbo e altro; sezione VI, 6 maggio 2015, Proc. gen. App. Bologna in proc. Perri; sezione VI, 4 febbraio 2015, Berardi).

In tal modo, la Corte prende invece le distanze, consapevolmente, dal diverso orientamento secondo cui, ai fini dell'apprezzamento dell'aggravante dell'ingente quantità, la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del decreto legge 20 marzo 2014 n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014 n. 79, che ha fatto seguito alla sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, imporrebbe una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'aggravante, in considerazione dell'accresciuto tasso di modulazione normativa, difficilmente compatibile con un'interpretazione tendenzialmente solo aritmetica e, dunque, automatica di tale aggravante. Per l'effetto, secondo questa diversa prospettazione interpretativa, dovrebbe essere rimeditato il principio di diritto già affermato dalle sezioni Unite, nella sentenza Biondi, e ciò sul rilievo che si tratterebbe, di un principio affermato nell'ambito di un sistema normativo caratterizzato dalla presenza di un'unica tabella relativa a tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope droganti, e non più compatibile ora con una disciplina che ha “spezzato” la sostanziale equiparazione tra le droghe pesanti e quelle leggere (cfr. sezione III, 27 maggio 2015, Gavagna).

Corte di cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 7 dicembre 2017 n. 55014

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