Civile

Spazio alla testimonianza scritta ritenuta necessaria dal giudice

La Corte di giustizia tributaria può ammettere la prova «ove lo ritenga necessario ai fini della decisione»

di Francesco Pistolesi

Una significativa novità della riforma è l’introduzione della prova testimoniale in forma scritta.

Anzitutto, è apprezzabile, di per sé, la rimozione del divieto di prova testimoniale che finora ha limitato il diritto di difesa e violato il principio, di rilevanza costituzionale ed europea, del giusto processo. Inoltre, la scelta per la forma scritta è adatta al giudizio tributario in cui manca una vera e propria fase istruttoria.

Va poi condivisa l’eliminazione del limite, presente nel disegno di legge, rappresentato dall’ammissibilità della prova qualora la pretesa tributaria fosse «fondata su verbali o altri atti facenti fede sino a querela di falso».

Ora, questa prova può trovare ingresso in ogni giudizio. Ed è corretto, potendo essa risultare necessaria anche nelle cause che non traggano origine dall’impugnazione di atti basati sui menzionati verbali. In sintesi, si è soppresso un limite di esperibilità della prova che sarebbe stato in contrasto con i ricordati valori della tutela giurisdizionale e del giusto processo.

Residuano, invece, due limiti oggettivi, uno processuale e l’altro sostanziale. In virtù del primo, la Corte di giustizia tributaria può ammettere la prova «ove lo ritenga necessario ai fini della decisione».

Nel disegno di legge, ciò sarebbe potuto accadere solo se la prova fosse stata ritenuta «assolutamente» necessaria. Adesso, si è soppresso l’avverbio «assolutamente», evitando così le difficoltà interpretative che avrebbe suscitato ed elidendo altresì un palese indice di ostilità nei riguardi di questa prova.

L’attuale versione coincide con quella recepita dall’articolo 58, comma 1, del Dlgs 546/1992, per cui «il giudice d’appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione». Cosicché, per ammettere la prova testimoniale, si potrà fruire dell’interpretazione offerta all’articolo 58, comma 1 e ritenere, quindi, che il giudice possa avvalersene ove essa sia l’unica – poiché non surrogabile con altri mezzi istruttori – idonea a dirimere l’incertezza sui fatti decisivi per risolvere la lite.

In sostanza, in difetto di questo mezzo istruttorio, il giudizio sul fatto imporrebbe il ricorso alla regola dell’onere della prova.

Pertanto, la prova testimoniale può dirsi «straordinaria» poiché ammissibile solo in mancanza di altri elementi istruttori. Sarebbe stato preferibile consentirne l’impiego senza il limite della «necessità», ossia quando il giudice l’avesse ritenuta semplicemente rilevante per provare il fatto controverso. Tale «necessità» può comprendersi nell’istruttoria in appello per evitare che le parti riservino indebitamente al secondo grado l’esercizio delle facoltà esperibili nel primo, ma non per rendere più ardua l’ammissibilità della prova testimoniale.

Il secondo limite, sostanziale, consiste nell’ammettere la prova «soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale» quando «la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso».

Si tratta di una previsione ovvia. Per superare l’efficacia probatoria dei fatti attestati dal pubblico ufficiale occorre la querela di falso.

Né può ipotizzarsi che la norma intenda altro. È impensabile – poiché eversivo della disciplina delle prove legali nel nostro ordinamento – che essa, circoscrivendo la prova testimoniale ai fatti diversi da quelli attestati dal pubblico ufficiale, possa assegnare valore probatorio privilegiato al contenuto intrinseco di quanto il pubblico ufficiale afferma di aver compiuto.

Per esemplificare, il verbale fa prova fino a querela di falso della veridicità del rinvenimento di un documento, di cui dà conto il pubblico ufficiale, ma non della veridicità del relativo contenuto. Si potrà ammettere ogni prova, compresa quella testimoniale, per contrastare quanto rappresentato in tale documento.

In conclusione, la prova testimoniale è senz’altro benvenuta, sia pur con l’evidenziata nota critica sulla «necessità» della sua assunzione.

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