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Responsabilità estesa del produttore del rifiuto e circular economy

Il pacchetto "economia circolare" lanciato dalla Commissione europea il 30 maggio 2018, in vigore dal 4 luglio 2018 e recepito dagli Stati membri, con tempistiche diverse, entro il 5 luglio 2020, ha emendato l'impianto normativo preesistente in tema di gestione dei rifiuti, integrandolo con alcuni key factors in materia di circular economy come il concetto di responsabilità estesa del produttore, la gerarchia dei rifiuti e l'ecodesign.

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di Marco Letizi*

La centralità del concetto di responsabilità estesa del produttore del rifiuto nella circular economy.

Il pacchetto "economia circolare" lanciato dalla Commissione europea il 30 maggio 2018, in vigore dal 4 luglio 2018 e recepito dagli Stati membri, con tempistiche diverse, entro il 5 luglio 2020, ha emendato l'impianto normativo preesistente in tema di gestione dei rifiuti, integrandolo con alcuni key factors in materia di circular economy come il concetto di responsabilità estesa del produttore, la gerarchia dei rifiuti e l'ecodesign.

La responsabilità estesa del produttore, disciplinata nella direttiva 2018/851/UE (waste framework directive) e recepita nell'ordinamento interno con il D.Lgs. n. 116/2020, rappresenta uno strumento centrale per il conseguimento degli obiettivi di economia circolare, conformemente al principio della life extension del prodotto mediante il riutilizzo, la riparazione o il riciclaggio (anche multiplo) e in ossequio ai criteri di priorità imposti dalla gerarchia dei rifiuti.

La responsabilità estesa del produttore è disciplinata dall'articolo 8 della direttiva quadro 2008/98/CE sui rifiuti, così come emendato dalla waste framework directive e si applica a qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto), al fine di rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e l'altro recupero dei rifiuti. Nel caso operi il regime di responsabilità estesa, il legislatore europeo non solo ha disposto l'applicazione dei requisiti minimi generali indicati nell'articolo 8 bis introdotto dalla waste framework directive ma ha anche statuito che alcuni (o tutti) di tali requisiti vengano applicati dai produttori di prodotti che si impegnano in termini finanziari o che si assumono (di loro iniziativa) responsabilità finanziarie e organizzative per la gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto è un rifiuto.

Si potrebbe anche affermare che la responsabilità estesa del produttore sintetizzi appieno il concetto di circolarità, in quanto coinvolge tutti gli stakeholders del sistema di gestione dei rifiuti attraverso una distribuzione orizzontale della responsabilità quasi a voler dimostrare che per il conseguimento pieno di un'economia circolare tutti sono chiamati a fare la propria parte assumendosene la piena responsabilità.

Il legislatore europeo attribuisce al produttore del prodotto la responsabilità finanziaria e organizzativa durante l'intera gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto, comprese le operazioni di raccolta differenziata, di cernita e di trattamento, precisando che la responsabilità finanziaria non deve superare i costi necessari per la prestazione di tali servizi, che sono ripartiti in modo trasparente tra i vari stakeholders (produttori di prodotti, sistemi collettivi che operano per loro conto e autorità pubbliche) e, di conseguenza, i produttori del prodotto, ovvero i sistemi collettivi, determinano il contributo ambientale da corrispondere per assicurare la copertura dei costi di gestione del rifiuto da essi generato.

La responsabilità estesa del produttore, in quanto asse portante della strategia eurounitaria per l'economia circolare, assurge a vero e proprio punto di riferimento anche nella legge delega 117/2019 per il recepimento della direttiva 852/18/UE (introdotta dal legislatore europeo in senso al pacchetto "economia circolare" del 2018) di modifica della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. L'introduzione, già in quest'ultima direttiva, di obiettivi di riciclaggio vincolanti per gli imballaggi di plastica, aveva indotto molti Stati membri ad applicare un regime di responsabilità estesa del produttore, allo scopo di responsabilizzare i produttori per i costi di fine vita degli imballaggi, al fine di incentivare una progettazione più ecosostenibile volta a migliorare il livello di riutilizzo e riciclaggio, nonché ridurre il costo della gestione dei rifiuti per gli enti locali, trasferendolo su produttori e consumatori (atteso che il contributo per i regimi di responsabilità estesa del produttore è internalizzato nel prezzo del prodotto).

Le iniziative della Commissione europea rispetto al binomio "circolarità e gestione di imballaggi/rifiuti di imballaggi" si sono sempre più concentrate sulla definizione di regimi di responsabilità estesa del produttore, strumentali al reperimento dei finanziamenti necessari e al conseguimento di incentivi economici da parte delle imprese per lo sviluppo di prodotti di plastica più sostenibili. In alcuni Paesi europei, ad esempio, gli elevati tassi di riciclaggio consentono che la quasi totalità dei costi, riferiti alla raccolta differenziata e al riciclaggio dei rifiuti di imballaggio, sia finanziata mediante contributi versati dai produttori.

È evidente, pertanto, che un ben strutturato sistema dei regimi di responsabilità estesa del produttore potrebbe rappresentare un efficace strumento per migliorare l'efficienza del processo di riciclaggio, incoraggiare l'ecodesign, ridurre la produzione di rifiuti e la loro dispersione nell'ambiente e incentivare il dialogo tra produttori, enti locali e imprese di riciclaggio. Per garantire il corretto funzionamento dei regimi di responsabilità estesa del produttore e sostenere gli investimenti nel riciclaggio, la Commissione fornirà indicazioni su come realizzare un'efficace eco- modulazione dei contributi versati dai produttori (in particolare per gli imballaggi), in modo che la stessa possa assicurare vantaggi finanziari in cambio di scelte più sostenibili nella progettazione dei prodotti. In tema di livello di efficacia dei regimi di responsabilità estesa per imballaggi adottati a livello unionale, il sistema a livello unionale non ha ancora raggiunto livelli soddisfacenti.

Difatti, la Corte dei Conti europea, nella sua relazione speciale 12/2021, ha rilevato che il principio del "chi inquina paga" non è uniformemente applicato nei vari Stati membri, evidenziando significative disparità nel livello di efficacia dei regimi e nell'ambito di applicazione della responsabilità dei produttori.

Nelle sue raccomandazioni, la stessa Corte ha evidenziato la necessità di integrare maggiormente il principio "chi inquina paga" nella normativa ambientale (raccomandazione 1) ed evitare che i fondi europei vengano utilizzati per finanziare progetti che dovrebbero essere finanziati da chi ha causato l'inquinamento (raccomandazione 3).

Occorre, ad esempio, una rimodulazione dei costi in capo ai produttori rispetto alle varie fasi del ciclo vita del rifiuto. Se, infatti, il costo unitario del trattamento di fine vita resta inferiore al costo effettivo del riciclaggio degli imballaggi di plastica, è evidente che i produttori opteranno per la dismissione in discarica dei rifiuti anziché riciclarli. O, ancora, se la maggior parte dei regimi di responsabilità estesa impone il versamento di contributi in funzione del peso degli imballaggi di plastica che essi immettono sul mercato è plausibile che i produttori tendano a ridurre il peso degli imballaggi di plastica, al fine di ridurre i costi. Pertanto, per un verso, appare fortemente auspicabile una più ampia progettazione degli imballaggi di plastica nella prospettiva di una loro maggiore riciclabilità, in ragione del fatto che, secondo le stime, oltre l'80% di tutti gli impatti ambientali connessi ai prodotti hanno origine nella fase di progettazione e, per l'altro, è necessario superare le resistenze correlate agli attuali processi di produzione e addivenire a una più proficua interlocuzione tra i vari stakeholders lungo la supply chain.

Per fornire qualche dato, a livello eurounitario, si è assistito a una vera e propria rincorsa alla riduzione del peso dei prodotti in plastica (il peso medio di una bottiglia da 500 ml di polietilene tereftalato (PET) è diminuito da 24 grammi nel 1990 a 9,5 grammi nel 2013). In alcuni casi, gli imballaggi più leggeri possono risultare meno riciclabili a causa della loro struttura multistrato, che utilizza plastiche differenti per ottenere le stesse proprietà di un imballaggio monomateriale più spesso.

Responsabilità estesa del produttore e flusso di informazioni.

L'articolo 8 della direttiva quadro sui rifiuti del 2008, come modificato dalla waste framework directive, è stato fedelmente trasposto nell'articolo 178 bis del D.Lgs. n. 116/2020, il quale rinvia a futuri decreti governativi l'istituzione, anche su istanza di parte, di regimi di responsabilità estesa del produttore con i relativi requisiti da rispettare. L'articolo 8 bis della richiamata direttiva quadro, aggiunto dalla waste framework directive, è stato recepito dal legislatore nazionale con l'articolo 178 ter del D.Lgs. n. 116/2020, il quale disciplina i requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore. A seguito di una disamina comparata tra il testo eurounitario e quello nazionale, è emerso che i principali requisiti che dovranno essere contenuti nei decreti governativi di attuazione riguardano la definizione dei ruoli, la responsabilità e gli obiettivi di gestione dei rifiuti, la comunicazione e la pubblicità dei dati su prodotti e su raccolta e trattamento dei rifiuti da essi derivati, la copertura geografica della rete di raccolta (che non si limiti alle aree o ai segmenti più redditizi), idonei mezzi finanziari e organizzativi, i meccanismi di autosorveglianza, il contributo finanziario da versare e possibili deroghe condizionate, la ecomodulazione dei contributi e le funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto degli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore. Con riferimento alle richiamate funzioni di vigilanza e controllo, il legislatore nazionale ha rinviato la definizione delle modalità di vigilanza e controllo al Ministero della Transizione Ecologica, istituendo un Registro Elettronico Nazionale dei produttori (REN) al quale devono obbligatoriamente iscriversi i soggetti sottoposti a un regime di responsabilità estesa del produttore, trasmettendo, con modalità e tempi da definire con il citato decreto, una serie di dati, rendiconti, piani e relazioni anche con riferimento all'entità del contributo ambientale.

L'istituzione di un registro sembra però essere in controtendenza rispetto a una più moderna visione delle attività di vigilanza e controllo in quanto sembra favorire un approccio ancora fortemente burocratico, che scarica gli oneri sui privati, rinviando a un futuro indefinito l'individuazione degli obblighi operativi in capo all'apparato pubblico.

In tal senso, nel pacchetto circolarità del 2018, c'è un passaggio in cui la Commissione evidenzia come il Parlamento e il Consiglio europei ritengono opportuno migliorare la qualità, l'affidabilità e la comparabilità dei dati, introducendo un punto di ingresso unico per tutti i dati relativi ai rifiuti, sopprimendo obblighi obsoleti in materia di comunicazione, mettendo a confronto i metodi nazionali di comunicazione e introducendo una relazione di controllo della qualità dei dati.

Prendendo spunto dalle indicazioni delle Istituzioni europee, ci si chiede se il nuovo sistema sulla tracciabilità dei rifiuti introdotto dal D.Lgs. 116/2020, che ha istituito il REN, sia davvero in linea con la visione di Bruxelles che sembra orientarsi verso una effettiva semplificazione delle procedure e una profonda transizione digitale. Ma allora, l'istituzione di questo nuovo registro elettronico nazionale, insieme alla conferma dell'obbligatorietà di tutti gli adempimenti a tutt'oggi vigenti - e cioè la compilazione e trasmissione annuale del MUD, tenuta e compilazione del registro cronologico di carico e scarico (che peraltro dovrà essere integrato con le informazioni sulle quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento come la preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e attività di recupero), la compilazione dei formulari di identificazione dei rifiuti (FIR) per il trasporto degli stessi, l'obbligo della comunicazione annuale alle Camere di commercio territorialmente competenti delle quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti e dei materiali prodotti all'esito delle attività di recupero, nonché i dati relativi alle autorizzazioni e alle comunicazioni inerenti alle attività di gestione dei rifiuti, ai sensi dell'art.189 ("Catasto dei rifiuti") - rappresenta davvero un decisivo passo in avanti verso la semplificazione e la dematerializzazione delle procedure? Diversamente, si potrebbe ipotizzare, al fine di una effettiva semplificazione delle procedure burocratiche, la realizzazione di un'unica piattaforma digitale nazionale (inteso quale singolo punto di accesso) che ospiti tutti i dati obbligatori sui rifiuti (destinati ora a una pluralità di enti) trasmessi dai soggetti obbligati e riferiti all'intera fase del ciclo di vita del prodotto, in modo da consentire alle autorità di controllo - in tempo reale e con un one click connection - di poter accedere alla posizione globale afferente all'attività di gestione dei rifiuti di ciascun soggetto obbligato.

Tale piattaforma digitale dovrebbe essere peraltro integrata con le metriche ESG (riferite almeno alle emissioni CO2 e al consumo di energia per ogni singolo processo produttivo) e con il livello di circolarità degli oggetti e sostanze trattate all'interno della value chain e della supply chain, determinando così l'impatto delle attività di ciascun soggetto economico sul clima e ambiente oltre che alla verifica della compliance in materia ambientale.

Il nuovo paragrafo 5 della direttiva quadro sui rifiuti, aggiunto dalla waste framework directive del 2018, stabilisce che la Commissione pubblica linee guida, in consultazione con gli Stati membri, in materia di cooperazione transfrontaliera per quanto concerne i regimi di responsabilità estesa del produttore e in materia di modulazione dei contributi finanziari di cui all'articolo 8 bis, paragrafo 4, lettera b). Per garantire quella necessaria cooperazione transfrontaliera in materia di responsabilità estesa e il rispetto del corretto funzionamento del mercato interno, sarebbe auspicabile l'istituzione anche a livello unionale di una piattaforma digitale unica capace di ospitare quelle riferite a ogni singolo Stato membro, renderle interoperabili tra di loro, in modo da consentire lo scambio di informazioni, in tempo reale e aggiornato, tra gli Stati membri e i soggetti interessati dai regimi di responsabilità estesa del produttore sull'attuazione pratica dei requisiti minimi generali di cui all'articolo 8 bis della direttiva quadro sui rifiuti.

La necessità evidenziata dalla Commissione europea di stabilire una cooperazione transfrontaliera in materia di responsabilità estesa del produttore è finalizzata, tra l'altro, a prevenire la perpetrazione di reati ambientali (non solo fortemente correlati alle attività di gruppi criminali organizzati transnazionali ma che possono, in astratto, assurgere anche a reato presupposto di riciclaggio di denaro), la distorsione del corretto funzionamento del mercato interno e il fenomeno del greenwashing.

di Marco LetiziAvvocato e Dottore CommercialistaPhD Researcher in Business ManagementAdvisor delle Nazioni Unite, della Commissione europea e del Consiglio d'Europa

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