Amministrativo

Consiglio di Stato e Tar: le principali decisioni della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia amministrativa nel periodo compreso tra il 26 e il 29 aprile 2022

di Maurizio De Giorgi

Nel corso di questa settimana si registra l'intervento dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sull'operatività della garanzia provvisoria nelle gare pubbliche; il Collegio di Palazzo Spada si pronuncia, ancora, in materia di pianificazione del territorio, fiscalizzazione dell'abuso edilizio, condotte commerciale sleali nella filiera agro-alimentare e Daspo.
I Tar, da parte loro, intervengono in tema di edilizia residenziale popolare, abbandono di rifiuti (quanto alle responsabilità del curatore fallimentare), concessioni demaniali marittime e licenza di porto d'armi.


GARANZIA PROVVISORIA
Garanzia provvisoria – Operatività ((Dlgs 1 aprile 2016, n. 50, articolo 93; codice civile, articoli 1337, 1338)
La questione posta all'esame dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato attiene all'ambito di operatività della "garanzia provvisoria", che correda l'offerta dei partecipanti alla procedura di gara, al fine di stabilire se essa copra soltanto i "fatti" che si verificano nel periodo compreso tra l'aggiudicazione e il contratto, ovvero se si estenda anche a quelli che si verificano nel periodo compreso tra la "proposta di aggiudicazione" e l'aggiudicazione.
Il Dlgs n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) pone la distinzione tra:
- la fase procedimentale, finalizzata alla selezione del migliore offerente mediante l'adozione, all'esito del procedimento, del provvedimento di aggiudicazione (la proposta di aggiudicazione si inserisce in tale fase);
- la fase provvedimentale, che va dall'aggiudicazione alla stipulazione del contratto; -
la fase costitutiva di stipulazione del contratto tra Pa e aggiudicatario;
- la fase esecutiva di adempimento delle obbligazioni contrattuali.
Il Codice ha previsto che la fase procedimentale e la fase esecutiva siano corredate da un sistema di "garanzie provvisorie" e di "garanzie definitive" e ha posto la distinzione tra la fase procedimentale relativa alla "proposta di aggiudicazione" e la fase provvedimentale relativa all'"aggiudicazione".
In particolare:
- con riguardo alla "proposta di aggiudicazione" formulata dalla commissione di gara, il Codice disciplina il rapporto tra essa e l'aggiudicazione. Il destinatario della proposta è ancora un concorrente, ancorché individualizzato;
- con riguardo all'aggiudicazione, il Codice disciplina il rapporto tra essa e il contratto.
Nel caso di mancata stipulazione del contratto a seguito di una "aggiudicazione", le ragioni possono dipendere sia dalla successiva verifica della mancanza dei requisiti di partecipazione sia, soprattutto, dalla condotta dell'aggiudicatario che, per una sua scelta, decide di non stipulare il contratto. In queste ipotesi la stazione appaltante deve annullare d'ufficio il provvedimento di aggiudicazione e rinnovare il procedimento con regressione alla fase della "proposta di aggiudicazione". In tale contesto i possibili pregiudizi economici determinati dalla condotta dell'aggiudicatario sono coperti dalla "garanzia provvisoria" che consente all'amministrazione di azionare il rimedio di adempimento della prestazione dovuta con la finalità di compensare in via fortettaria i danni subiti dall'amministrazione per violazione delle regole procedimentali, nonché dell'obbligo di concludere il contratto.
Nel caso di "mancata aggiudicazione" a seguito di una "proposta di aggiudicazione", i motivi di tale determinazione possono dipendere, oltre che da ragioni relative all'offerta, dalla verifica negativa preventiva del possesso dei requisiti di partecipazione del concorrente individuato. In queste ipotesi l'amministrazione non è costretta a procedere all'aggiudicazione e poi ad esercitare il potere di annullamento in autotutela, potendosi limitare a non adottare l'atto di aggiudicazione e ad individuare il secondo classificato nei cui confronti indirizzare la nuova "proposta di aggiudicazione". In tale contesto i pregiudizi economici, se esistenti, hanno portata differente rispetto a quelli che si possono verificare nella fase provvedimentale, con possibilità per l'amministrazione, ricorrendone i presupposti, di fare valere l'eventuale responsabilità precontrattuale del concorrente ai sensi degli articolo 1337-1338 c.c. (fermo restando il potere dell'Anac di applicare sanzioni amministrative pecuniarie ricorrendone i presupposti ex lege).
Alla luce di tale quadro normativo di riferimento, l'Adunanza plenari afferma il seguente principio di diritto: «il comma 6 dell'art. 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016 – nel prevedere che la "garanzia provvisoria" a corredo dell'offerta «copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l'aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all'affidatario (…)» – delinea un sistema di garanzie che si riferisce al solo periodo compreso tra l'aggiudicazione ed il contratto e non anche al periodo compreso tra la "proposta di aggiudicazione" e l'aggiudicazione».
Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 26 aprile 2022 n. 7

PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO
Pianificazione del territorio – Discrezionalità della Pa – Tutela giurisdizionale (Costituzione, articolo 117)
Osserva in sentenza il Consiglio di Stato come, in sede di nuova pianificazione del territorio, non vi sia un legittimo affidamento dei privati (proprietari delle aree interessate) basato su pregressi indici edificatori.
Un nuovo strumento di pianificazione, invero, può variare la destinazione urbanistica, escludendone anche la pregressa edificabilità, non sussistendo nell'ordinamento un principio generale di stabilità delle previsioni urbanistiche, con la conseguenza che il privato può vantare soltanto un generico affidamento (non legittimo) recessivo rispetto all'interesse pubblico inerente alla differente pianificazione urbanistica (articolo 117 Cost.).
Dunque, l'obbligo di motivazione del P.R.G., o di una variante generale, può ritenersi assolto con il riferimento complessivo ai criteri seguiti ed alle esigenze cui si intende dare risposta, senza necessità, salvo casi particolari, di motivazione puntuale sulle singole scelte operate
La programmazione e pianificazione urbanistica, d'altronde, è caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella prospettiva di un ordinato e funzionale assetto del territorio comunale; per la programmazione degli assetti del territorio, l'amministrazione gode, cioè, di un ampio potere discrezionale, sicché le scelte dell'amministrazione non sono censurabili se non per manifesti errori di fatto e abnormità delle scelte.
Precisamente, la classificazione dei suoli è una scelta frutto di complesse valutazioni tecniche e amministrative, riservate al livello politico; in tale ambito la posizione dei privati risulta recessiva rispetto alle determinazioni istituzionali, in quanto trattasi di scelte di merito non sindacabili dal G.A., salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento di fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare, potendosi derogare a tali regole solo in presenza di situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del suolo.
Detto sindacato giurisdizionale è di carattere estrinseco, e limitato al riscontro di palesi elementi di illogicità ed irrazionalità apprezzabili ictu oculi, essendogli estraneo l'apprezzamento della condivisibilità delle scelte, profilo già appartenente alla sfera del merito.
Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 26 aprile 2022 n. 3135

MANUFATTI PARZIALMENTE DIFFORMI
Manufatti parzialmente difformi – Sanzioni – Sanzione pecuniaria – Applicazione (Dpr 6 giugno 2001, n. 380, articolo 34)
Osserva l'adito Collegio di Palazzo Spada come, in presenza di manufatti parzialmente difformi, le valutazioni circa la possibilità (o meno) di procedere alla demolizione dell'abuso senza pregiudizio per le parti legittime del fabbricato attengono ad una fase successiva ed autonoma del procedimento sanzionatorio.
In particolare, le parti interessate possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, presupposto per l'applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità del provvedimento di demolizione.
Rileva a tal fine la norma dell'articolo 34 del Dpr n. 380/2001 secondo cui (per gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire) laddove la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pecuniaria pari al doppio del costo di produzione (cosiddetta fiscalizzazione dell'abuso edilizio).
La possibilità di una tale sanzione pecuniaria (in sostituzione di quella demolitoria) deve essere valutata nella fase esecutiva del procedimento (quindi dopo l'ordine di demolizione) nel corso della quale le parti hanno modo di far valere le proprie ragioni e le proprie tesi: si giustifica così perché una tale questione non può venire in rilievo per accertare la validità dell'ordine di demolizione.
Per la corretta applicazione della sanzione pecuniaria in esame occorre dunque accertare l'impossibilità di eseguire la demolizione senza pregiudizio per la parte dell'immobile eseguita in conformità, oltre alla difformità soltanto parziale dell'abuso realizzato.
Con la precisazione per cui è onere dell'interessato chiedere l'applicazione in proprio favore dell'articolo 34, fornendo a tal fine una seria e idonea dimostrazione del pregiudizio paventato per la struttura e l'utilizzo del bene residuo, poiché, in quanto autore dell'opera e del progetto, è a conoscenza di come quest'ultimo è stato eseguito e di quali danni potrebbero prodursi, a seguito di demolizione, in pregiudizio della parte conforme.
Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 26 aprile 2022 n. 3159

FILIERA AGRO-ALIMENTARE
Filiera agro-alimentare – Relazioni commerciali - Condotta commerciale sleale
(Dlgs 8 novembre 2021, n. 198, articoli 12, 14; Dl 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 62; Dm 19 ottobre 2012, n. 199)
La sentenza in esame, resa dall'adito Collegio di Palazzo Spada, ha ad oggetto la corretta interpretazione dell'articolo 62 del Dl n. 1/2012, norma che ha attribuito all'AGCM una competenza in materia di relazioni commerciali tra operatori della filiera agro-alimentare, qualificando come illeciti amministrativi una serie di condotte poste in essere nel contesto di rapporti contrattuali aventi ad oggetto la cessione di prodotti agricoli e agroalimentari e prevendendo l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie.
In particolare, il comma 2 dell'articolo 62 ha stabilito che, nelle relazioni commerciali tra operatori economici in materia di cessione di prodotti agricoli e agro-alimentari, è vietato imporre direttamente, o indirettamente, condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali "ingiustificatamente gravose" (comma 2, lettera a) e "adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento" (comma 2, lettera e).
Le modalità applicative di tale norma sono state definite in un successivo Decreto ministeriale di attuazione (n. 199/2012) così facendosi rientrare nella definizione di "condotta commerciale sleale" anche il mancato rispetto dei principi di buone prassi e le pratiche sleali identificate dalla Commissione europea e dai rappresentanti della filiera agro-alimentare (Allegato A al Decreto).
Tra tali principi, viene espressamente sancito quello che obbliga ciascuna parte della filiera ad assumersi i propri rischi imprenditoriali, mentre tra gli esempi di pratiche sleali vietate viene espressamente enucleato "il trasferimento di un rischio ingiustificato o sproporzionato all'altra parte".
Si consideri infine che l'articolo 62 di cui fa applicazione la sentenza qui in esame è stato di recente abrogato dall'articolo 12, I, lettera a), del Dlgs n. 198/2021; per l'applicabilità di tale disposizione si veda oggi l'articolo 14, I, di detto Dlgs n. 198/2021.
Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 27 aprile 2022 n. 3340

MANIFESTAZIONI SPORTIVE
Manifestazioni sportive – Tifoserie – Violenza - Daspo (Legge 13 dicembre 1989 n. 401, articolo 6)
Osserva in sentenza l'adito Collegio di Palazzo Spada come la necessità di elaborare strumenti normativi volti a reprimere, e a prevenire, i fenomeni della violenza della tifoseria abbia indotto il Legislatore ad introdurre specifiche misure, tra cui il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive –. Daspo (articolo 6, I, legge 13 dicembre 1989, n. 401 ss.mm.ii.).
Tale divieto costituisce una misura di prevenzione atipica in funzione anticipatoria della tutela; si attribuisce al Questore un potere interdittivo esercitabile nei confronti di chiunque, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, tenga una condotta violenta o comunque tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica, di tal che la misura di divieto di accesso a impianti sportivi può essere disposta non solo nel caso di accertata lesione, ma anche di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, come nel caso di condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo.
Dalla norma dell'articolo 6 cit., invero, traspaiono con evidenza gli interessi tutelati (pubblica sicurezza e tutela dell'ordine pubblico), nonché la finalità preventiva/punitiva di quelle condotte suscettibili ledere l'uno e/o l'altro di tali beni.
Dunque, secondo quanto si argomenta in sentenza, il pericolo per beni tutelati costituisce il presupposto applicativo della misura di prevenzione, che ha la finalità anche di dissuasione dal compimento di ulteriori atti di violenza. E tale presupposto può ritenersi sussistente ogniqualvolta l'interessato non neghi il proprio coinvolgimento negli episodi di violenza, rendendo così del tutto superfluo ogni ulteriore sforzo probatorio da parte dell'Autorità.
Presupposto per l'applicazione del Daspo è il deferimento all'Autorità Giudiziaria, per quanto la misura preventiva possa trovare applicazione nei confronti di tutti coloro che, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, siano stati coinvolti in episodi di violenza o di incitazione alla violenza o vi abbiano dato impulso arrecando pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.
L'Autorità Giudiziaria, da parte sua, non può limitarsi a un mero controllo formale che svuoterebbe il suo intervento dei contenuti più pregnanti, ma deve accertare, in concreto e con riferimento all'attualità, se la pericolosità del soggetto sottoposto alla misura giustifichi e renda la misura stessa atta allo scopo di prevenzione voluto dal Legislatore, verificando altresì, specialmente, se non è intervenuta una condanna, la sussistenza di sufficienti elementi indiziari atti a corroborare l'attribuibilità al soggetto stesso della condotta pericolosa e penalmente rilevante che il questore ha addotto a fondamento della misura adottata.
Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 29 aprile 2022 n. 3388

EDILIZIA RESIDENZIALE POPOLARE
Edilizia residenziale popolare – Alloggi – Requisiti – Giurisdizione
La materia oggetto dell'intervento del Tar Firenze è quella della verifica della permanenza, o meno, dei requisiti per l'assegnazione di un alloggio E.R.P., rispetto alla trattazione della quale si rivela preliminare la verifica sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa.
Riportandosi espressamente all'orientamento delle Sezioni unite della Suprema Corte (ordinanza n. 4366/2021 e n. 29095/2011) il Tar adito precisa come, in materia di edilizia residenziale pubblica, è necessario tenere distinta la (prima) fase, antecedente all'assegnazione dell'alloggio, di natura pubblicistica, da quella successiva all'assegnazione, di natura privatistica, nella quale la posizione dell'assegnatario assume natura di diritto soggettivo, dovendosi attribuire alla giurisdizione del Ga le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fase fino all'assegnazione, mentre sono riconducibili alla giurisdizione del Go le controversie in cui siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o di risoluzione del rapporto.
Si giunge così ad affermare che appartiene alla giurisdizione del Go la controversia avente ad oggetto la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio, correlata non già ad un'asserita (nuova) valutazione dell'interesse pubblico a mantenerla bensì all'avvenuto accertamento della carenza del requisito dell'impossidenza e/o del superamento dei limiti reddituali, quale previsto dalla legge per il diritto alla conservazione dell'alloggio, e perciò costituente atto con valenza dichiarativa incidente su una posizione di diritto soggettivo dell'assegnatario, rientrante nella seconda delle menzionate fasi del rapporto intercorrente con l'ente pubblico.
In altri termini, costituiscono espressione di potere pubblicistico gli atti di assegnazione degli alloggi, mentre successivamente si radica tra assegnatario ed amministrazione una situazione paritetica nella quale è assente ogni manifestazione autoritativa, tranne nei casi in cui la seconda agisca in via di autotutela sull'originario provvedimento come nel caso in cui si proceda al suo annullamento per avere accertato la mancanza originaria dei requisiti di ammissione al beneficio.
Tar Toscana, Firenze, sezione II, sentenza 27 aprile 2022 n. 583

ABBANDONO DI RIFIUTI
Abbandono di rifiuti – Curatore Fallimentare – Responsabilità – Diniego (Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, articolo 192)
Osserva in sentenza l'adito Tar Milano come la curatela fallimentare non possa essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla tutela dell'ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell'impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (fatta salva l'eventualità di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore fallimentare sull'abbandono di rifiuti).
Si esclude quindi una responsabilità del curatore del fallimento ex articolo 192, III, Dlgs n. 152/2006 secondo il quale l'autore della condotta di abbandono incontrollato di rifiuti è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo.
Il curatore non è né l'autore della condotta di abbandono incontrollato di rifiuti, né titolare di diritti reali o personali di godimento sull'area.
Non solo. Precisa il Ga di Milano come il Fallimento non possa essere neppure reputato un "subentrante", ossia un successore, dell'impresa sottoposta alla procedura fallimentare.
La società dichiarata fallita, invero, conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio: solo, ne perde la facoltà di disposizione, pur sotto pena di inefficacia relativa dei suoi atti, subendo la caratteristica vicenda dello spossessamento.
Correlativamente, il Fallimento non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne è solo un amministratore con facoltà di disposizione, laddove quest'ultima riposa non sulla titolarità dei relativi diritti ma, a guisa di legittimazione straordinaria, sul munus publicum rivestito dagli organi della procedura.
Nei confronti del Fallimento non è ravvisabile – secondo l'adito Collegio giudicante - un fenomeno di successione, il quale solo potrebbe far scattare il meccanismo estensivo, previsto dall'articolo 192, IV, Dlgs n. 152/2006, della legittimazione passiva rispetto agli obblighi di ripristino che l'articolo stesso pone in prima battuta a carico del responsabile e del proprietario versante in dolo o colpa.
Tar Lombardia, Milano, sezione III, sentenza 27 aprile 2022 n. 911

CONCESSIONE DEMANIALE MARITTIMA
Concessione demaniale marittima – Affidamento in sub-concessione – Ammissibilità
(Costituzione, articolo 9; Cod. Nav., articolo 45-bis)
Intervenuto in materia di concessione demaniale marittima l'adito Ga di Roma osserva in sentenza come l'articolo 45 bis Cod. Nav., nella sua formulazione attuale, preveda che il concessionario possa, previa autorizzazione dell'autorità competente, affidare ad altri soggetti la gestione delle attività oggetto della concessione. La norma altresì dispone: "Previa autorizzazione dell'autorità competente, può essere altresì affidata ad altri soggetti la gestione di attività secondarie nell'ambito della concessione".
Tale disposizione – rivisitata più volte nel corso degli anni - rende oggi possibile il ricorso alla sub-concessione in via ordinaria e senza limiti temporali.
Sulla premessa che la titolarità del rapporto concessorio serve per assicurare all'Autorità amministrativa preposta alla gestione dei beni facenti parte del demanio marittimo un unico interlocutore qualificato ai fini della salvaguardia degli stessi, tenuto conto del valore assiologico che assumono gli interessi che agli stessi mettono capo, (anche) in conformità a quanto previsto dall'articolo 9 Cost., secondo il Tar Roma, dall'evoluzione della normativa di settore si evince che l'autorità amministrativa preposta alla gestione e salvaguardia dei beni facenti parte del demanio marittimo non deve più vigilare su di una indefettibile coincidenza fra titolarità del rapporto concessorio ed utilità ritraibili mediante l'impiego del bene demaniale all'interno del ciclo produttivo dell'impresa gestita dal concessionario; ciò in quanto l'articolo 45 bis Cod. Nav. prevede una possibile, anche parziale, scissione tra titolarità e gestione della concessione, in tal modo implicando una differenziazione dei corrispondenti rapporti giuridici.
Ed allora, anche alla luce del principio, di matrice comunitaria e costituzionale, di libertà di iniziativa economica privata, le relative eccezioni devono essere interpretate restrittivamente, così da evitare che, nella pratica, si vanifichi la portata applicativa della norma.
In conclusione, alla luce dell'evoluzione normativa che ha interessato la materia delle concessioni demaniali marittime, e segnatamente dell'articolo 45 bis Cod. Nav., la gestione (previamente assentita dalla competente Autorità) delle attività e dei compiti operativi oggetto della concessione può essere demandata a un soggetto terzo (c.d. affidamento in sub-concessione) in via generalizzata e senza predeterminazione di un limite temporale massimo.
Tar Lazio, Roma, sezione II quater, sentenza 27 aprile 2022 n. 5095

PUBBLICA SICUREZZA
Pubblica sicurezza - Licenza di porto d'armi – Diniego - Revoca
(Rd 18 giugno 1931, n. 773)
Adito per l'annullamento del provvedimento con cui il competente Questore aveva respinto un'istanza di rilascio della licenza di porto di fucile per l'esercizio del tiro a volo, il Tar Torino, in sentenza, osserva come l'autorizzazione alla detenzione ed al porto d'armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell'ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza (Rd n. 773/1931).
Il diniego di licenza o la revoca della licenza di porto d'armi non richiedono un oggettivo ed accertato abuso nell'uso delle armi, essendo sufficiente che, secondo una valutazione non inattendibile, il soggetto non dia affidamento di non abusarne.
E dunque, salvo il limite dell'onere motivazionale, la valutazione cui è chiamata l'Amministrazione, titolare del potere in materia di pubblica sicurezza, può essere contestata nel merito solo per illogicità e travisamento dei fatti, sfuggendo invece al sindacato di legittimità l'apprezzamento amministrativo relativo alla prognosi di non abuso delle armi da parte del soggetto che ne sia possessore.
In particolare, l'Amministrazione mantiene il potere di valutare il fatto nella sua obiettiva dimensione storica, indipendentemente dall'esito del giudizio penale.
Secondo il Collegio giudicante, in conclusione, l'Autorità di Ps, dovendo perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o di fatti lesivi dell'ordine pubblico, ha un'ampia discrezionalità nel valutare l'affidabilità della persona di fare buon uso delle armi, per cui i provvedimenti concessivi dell'autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano che il beneficiario di essa sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell'arma in pregiudizio ai tranquilli e ordinati rapporti con gli altri consociati.
Tar Piemonte, Torino, sezione I, sentenza 27 aprile 2022 n. 400

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