Penale

Doppio processo penale e militare se l'ufficiale rivela "segreti" ad altro Stato anche a fini di spionaggio politico

Carcere cautelare legittimo per le due fattispecie anche se le plurime imputazioni determinano lo stesso esito dell'ergastolo

di Paola Rossi

Confermato il doppio binario dei due processi - militare e penale - nei confronti di ufficiale addetto alla sicurezza presso lo Stato maggiore della difesa che aveva rivelato a un diplomatico russo - ora espulso dall'Italia -, notizie riservate, segreti di Stato e Nato e anche informazioni non riservate, a fini di spionaggio politico e militare, finalità illecite perseguite dietro il modesto compenso, finora accertato, di cinquemila euro.

La Corte di cassazione con due sentenze coeve nn. 13649/2022 e 13650/2022 ha confermato l'attuale carcerazione cautelare adottata nei confonti dello stesso imputato dalla magistratura ordinaria e da quella militare, affermando che non vi è alcuna illecita sovrapposizione dei due diversi procedimenti in lesione del principio che vieta il ne bis in idem.

I fatti
L'imputato era stato ripreso sul luogo di lavoro nell'atto di riprodurre file e fotografare documenti militari relativi alla sicurezza italiana e della Nato. E successivamente veniva arrestato per l'accertato scambio di tali materiali dietro dazione di denaro da parte di quella che, a tutta evidenza, appariva come una spia russa al di là del crisma di corpo diplomatico dello Stato estero. A seguito di appostamenti e riprese della polizia italiana si palesava avvenuto lo scambio della chiavetta informatica, che nelle videoregistrazioni si vedeva riposta dall'imputato in una scatola di medicinali, e del denaro destinato a remunerare il militare infedele, che veniva rinvenuto in un "bugiardino" simile a quello contenuto nella scatola del farmaco dove veniva nascosto il materiale sottratto.

La doppia imputazione di spionaggio
Il ricorrente aveva in primis contestato la doppia giurisdizione per due ipotesi di reato sovrapponibili affermando di conseguenza - in base alla lex specialis - la giurisdizione della sola magistratura militare. Infatti l'articolo 88 del codice penale militare in tempo di pace punisce lo spionaggio militare in base alla qualifica dell'agente che rivela segreti, mentre l'articolo 257 del codice penale tanto lo spionaggio militare quanto quello politico commesso da chiunque. Inoltre, all'ufficiale italiano era imputata la divulgazione di notizie riservate a cui aveva accesso grazie al nulla osta derivato dal suo alto grado.
La Cassazione fa perciò rilevare che le norme penali e militari non perseguono esattamente condotte illecite sovrapponibili. In merito alla finalità dello spionaggio, la fattispecie penale ha una portata più ampia di quella militare, in quanto sanziona con l'ergastolo anche la finalità dello spionaggio politico (e non solo militare) realizzato con la divulgazione di informazioni (di qualsiasi natura) che pongono a rischio la sicurezza dello Stato.
Le norme del codice penale militare di pace, invece, perseguono miratamente chi riveste la qualità di militare e viola la riservatezza di informazioni comunque segrete o riservate, prevedendo ugualmente l'ipotesi della pena massima dell'ergastolo. Il ricorrente aveva rivelato informazioni non solo coperte da segreto, ma anche quelle che - a fini di sicurezza - devono restare segrete.

La misura cautelare militare
Nel confermare la misura cautelare massima della carcerazione, come applicata dalla sezione riesame del tribunale militare di Roma, la Cassazione ha però ritenuto non valido come presupposto della cautela in carcere la contestazione dell'articolo 94 del Cpmp in quanto tratta di divulgazione di notizie "militari" non riservate, anch'esse oggetto di rivelazione alla spia russa.

La misura cautelare ordinaria
Il ricorrente contestava inoltre la mancata acquisizione da parte del Gip dell'intero compendio di prove e indizi, in quanto a suo dire potevano potenzialmente contenere elementi a proprio discarico. Circostanza quest'ultima ritenuta priva di qualsiasi senso a fronte di materiale estratto da registrazioni lecite e da cui emergeva la piena responsabilità del ricorrente e l'avvenuto scambio di notizie contro denaro. La Cassazione ha infatti confermato la legittimità dell'avvenuta predisposizione di mezzi di registrazione da parte dell'autorità militare sul luogo di lavoro per accertare l'illecito.

Le esigenze cautelari
La pretesa mancanza di esigenze cautelari veniva respinta egualmente dalla Suprema corte: il ricorrente riteneva che non sussistessero al momento dell'esecuzione dell'arresto, in quanto egli era stato sospeso dal servizio militare e il diplomatico russo era stato già espulso dal territorio nazionale. La Cassazione ha avuto "gioco facile" a sostenere che la cautela nella sua forma di massimo rigore era necessaria sia a evitare inquinamenti delle prove sia la reiterazione dei reati. Infatti, la modalità spregiudicata con cui il ricorrente aveva approffittato del suo alto grado militare al fine di acquisire informazioni e soprattutto di cederle terzi - in grado di compromettere la sicurezza militare e politica dello Stato italiano - giustificava la cautela.

Al fine di dirimere il dubbio sulla contestata doppia imputazione davanti al giudice penale e militare la Suprema corte pone a confronto le due norme apparentemente assimilabili e che l'imputato è accusato di aver violato entrambe. Si tratta in particolare di quelle informazioni che per ambedue le fattispecie che «comunque devono restare segrete». In pratica si tratta di due differenti norme:

- l'articolo 257 del codice penale che colpisce la condotta realizzata - a fini di spionaggio - di chi si procura notizie che per la sicurezza nazionale devono restare segrete e

- l'articolo 88 del codice penale militare che persegue il militare che allo scopo di comunicare notizie a uno Stato estero si procura informazioni segrete sulla forza, preparazione o la difesa dello Stato.

Quella messa in atto dall'alto ufficiale italiano non è - da quanto emerge - una condotta realizzata al solo fine di spionaggio militare, ma appare un'azione posta in essere anche per finalità politiche con conseguente esclusione del meccanismo di definizione dei rapporti tra norme che possa condurre all'applicazione della sola lex specialis (nel caso quella militare) che prevale su quella generale (nel caso quella penale).

Va pure segnalata per il suo interesse, l'affermazione della Suprema corte che respinge al mittente l'argomento difensivo secondo cui erroneamente alcune delle informazioni acquisite dall'ufficiale potevano ritenersi legittimamente oggetto di segreto. La Cassazione risponde, infatti, che non spetta al giudice ordinario stabilire la correttezza dell'iter amministrativo che appone il segreto su date informazioni a differenza di quando viene opposto il segreto di Stato all'acquisizione di documenti richiesti dall'autorità giudiziaria.

Viene, infine respinta anche la lamentela difensiva contro la misura cautelare fondata su documenti non tutti offerti all'esame degli avvocati di parte. L'ipotesi di reato di spionaggio militare e politico fondata sulla divulgazione di documenti segreti ( 47 «Nato secret», 57 «Nato confidential» e 9 col crisma dell'assoluta riservatezza) ne giustifica la mancata ostensione in originale alla difesa e rende legittima la decisione del Gip fondata su atti «fidefacenti» della polizia giudiziaria.

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