Penale

Non c'è truffa ai danni del Ssn se il medico convenzionato infedele non compromette il servizio

L'illecita sostituzione di un professionista con un altro comporta altri profili di responsabilità come il reato di falso

di Paola Rossi

Non scatta il reato di truffa in danno di ente pubblico se non si verifica una perdita patrimonialmente apprezzabile. Così la Cassazione, con la sentenza n. 22777/2022, ha escluso che realizzasse una truffa la condotta di due fratelli, entrambi medici convenzionati col servizio sanitario nazionale che - anche approfittando della circostanza di essere gemelli - avevano di fatto dirottato tutti i pazienti di uno dei due presso lo studio dell'altro.

Il falso sussiste
Il fratello che visitava tutti i pazienti - i propri e quelli del gemello - falsificava in diverse occasioni la firma dell'altro, in modo da non dare evidenza alla sostituzione illecita del medico curante scleto dai pazienti.
Ovviamente tale condotta se non integra la truffa comporta certamente la responsabilità penale per il falso realizzato.

Il presupposto della truffa
Il presupposto della truffa scatta, invece, se dalla condotta infedele ne deriva la compromissione della funzionalità e dell'efficienza del servizio sanitario nazionale. Circostanza che però, nel caso concreto, è stata esclusa dalla Cassazione.
Infatti, le prestazioni mediche erano state di fatto compiutamente erogate nei confronti dell'utenza senza determinare un'assenza o una carenza del servizio che è chiamato a svolgere il medico retribuito con soldi pubblici.
Quindi la mancata compromissione dell'erogazione del servizio pubblico affidato al professionista esclude di fatto la rilevanza penale della sua condotta.

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