Responsabilità

Banche, si presume il nesso tra la violazione degli obblighi informativi e il danno del risparmiatore

La Cassazione, ordinanza n. 7932/2023, ha respinto il ricorso di un istituto di credito condannato a risarcire un proprio cliente affermando che il nuovo indirizzo deve considerarsi prevalente

di Francesco Machina Grifeo

Il nesso di causalità tra il mancato adempimento degli obblighi informativi, gravante sulla banca, ed il danno patito dall'investitore può presumersi. Questo recente ma sempre più consolidato approdo giurisprudenziale va ad incidere sulla regola per cui il nesso, rispetto alla perdita subita, va sempre provato dal risparmiatore. E spinge la Corte di cassazione, ordinanza n. 7932/2023, a respingere il ricorso di un istituto di credito condannato a risarcire un proprio cliente affermando che il nuovo indirizzo deve ormai considerarsi prevalente al punto da negare il rinvio, chiesto dalla banca ricorrente, alle sezioni Unite.

La giurisprudenza è dunque intervenuta attivamente per correggere, a maggior tutela degli investitori non professionali anche se con una alta propensione al rischio, lo schema consueto secondo il quale: spetta all'investitore dedurre la violazione degli obblighi informativi da parte dell'intermediario; grava poi sull'intermediario l'onere probatorio di avere esattamente adempiuto; grava nuovamente sul cliente investitore l'onere della prova del nesso di causalità tra l'inadempimento ed il danno. Ecco, se l'inadempimento da parte dell'intermediario è provato, il nesso rispetto al danno ora può presumersi.

L'anno chiave è il 2021 (n. 33596), quando - ricorda la decisione - la Suprema corte dopo aver affermato numerose volte che l'onere della prova del nesso di causalità tra l'inadempimento degli obblighi informativi ed il danno grava sull'investitore, aggiusta il tiro affermando che tale inadempimento fa sorgere una presunzione di sussistenza del nesso di causalità. "Dalla funzione sistematica assegnata all'obbligo informativo gravante sull'intermediario finanziario – si legge -, preordinato al riequilibrio dell'asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell'investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell'intermediario".

Tale prova, tuttavia, continua la Corte, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell'investitore, magari desunta da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, "perché anche l'investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell'ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati". La banca, viene ancora precisato, può comunque vincere la presunzione "offrendo prova contraria", ma essa non può essere desunta "esclusivamente dalla generica rischiosità degli investimenti pregressi". E questo, per la Prima sezione, deve considerarsi un indirizzo interpretativo "ormai sostanzialmente stabilizzatosi", così da rendere "non necessaria la rimessione alle Sezioni Unite invece invocata dall'istituto bancario ricorrente".

L'ordinanza poi sintetizza per punti gli obblighi informativi dell'intermediario: i) gli obblighi sorgono sia nella fase che precede la stipulazione del contratto quadro, sia dopo la sua conclusione; ii) con riferimento all'obbligo di informazione attiva, gli intermediari devono fornire all'investitore "informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento; iii) grava sull'intermediario provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta e, pertanto, di dimostrare di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione o del servizio; iv) è irrilevante ogni valutazione di adeguatezza dell'investimento, posto che l'inosservanza dei doveri informativi da parte dell'intermediario è fattore di disorientamento dell'investitore, che condiziona le sue scelte di investimento; v) l'assolvimento dell'obbligo di informazione specifica impone, quindi, all'intermediario di attivarsi per ottenere una conoscenza preventiva adeguata del prodotto finanziario alla luce di tutti i dati disponibili che ne possano influenzare la valutazione effettiva della rischiosità e di trasmettere tali informazioni al cliente; vi) l'obbligo di informazione passiva - consistente nella richiesta di notizie all'investitore circa la sua esperienza - è funzionale alla valutazione di adeguatezza; vii) l'intermediario non è esonerato, pure in presenza di un investitore aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato che risultino dalla sua condotta pregressa, dall'assolvimento degli obblighi informativi, permanendo in ogni caso il suo obbligo di offrire la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra caratteristica del titolo.

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