Lavoro

La contestazione disciplinare tra discolpa per iscritto e richiesta di audizione orale

Due i punti fermi della più recente giurisprudenza: accertamento della modalità di convocazione del lavoratore, secondo i principi di lealtà contrattuale e buona fede e, in caso di richiesta di differimento dell'audizione per la malattia del lavoratore, valutazione dell'idoneità della relativa certificazione medica

di Carola Ferraris*

Al lavoratore colpito da una contestazione disciplinare la legge riconosce un'ampia possibilità di difesa. Il che appare appropriato se si considerano gli interessi in gioco: è facile comprendere come il diritto di difesa del lavoratore miri alla tutela di interessi fondamentali, dato che l'esercizio del potere disciplinare può spingersi sino all'adozione della sanzione espulsiva; mentre non sussiste un analogo interesse contrario del datore di lavoro che, in ogni caso, riceve una adeguata salvaguardia dalla rigida regolamentazione del procedimento di contestazione disciplinare e dalla sua serrata cadenza temporale.

L'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori subordina la legittimità del procedimento di irrogazione delle sanzioni disciplinari alla previa contestazione degli addebiti, per permettere al lavoratore di esporre le proprie difese in relazione al comportamento che gli viene attribuito e poter così soddisfare una elementare esigenza di difesa. Spetta comunque al lavoratore incolpato ogni valutazione in ordine alle modalità di esercizio del proprio diritto di difesa: può decidere di presentare le proprie giustificazioni in forma scritta, in forma orale oppure di non difendersi affatto, il che non significa ammettere la propria colpevolezza.

Secondo il consolidato insegnamento della Suprema Corte, la difesa orale rappresenta un diritto fondamentale del lavoratore.

In altre parole, il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza averlo sentito a sua difesa ove quest'ultimo, dopo la contestazione dell'addebito, abbia chiesto di essere sentito oralmente. Naturalmente, come precisato dalla Corte di Cassazione, la richiesta di essere ascoltato personalmente non deve essere ambigua o priva di univocità, ma deve essere formulata dal dipendente in termini chiari ed univoci ( Cass., 18 aprile 2018, n. 9596 ).

La tempestiva presentazione di giustificazioni scritte non consuma l'esercizio del diritto di difesa del lavoratore, anche se queste appaiano già di per sé ampie ed esaustive: anzi, proprio per il fatto che si accompagnano alla richiesta di audizione, significa che le giustificazioni scritte sono ritenute dal lavoratore stesso non sufficienti e meritevoli di essere meglio precisate verbalmente.

In questo senso, peraltro, il datore di lavoro non ha alcun potere di sindacare la necessità o l'opportunità della richiesta di integrazione orale delle difese, poiché la relativa valutazione è rimessa esclusivamente al lavoratore. Anzi, la pienezza del diritto di difesa del dipendente si spinge fino al punto di consentirgli di maturare un "ripensamento" circa l'adeguatezza delle giustificazioni già fornite per iscritto e quindi di rappresentare (anche) in forma orale i propri elementi di discolpa.

In tal senso, secondo la Suprema Corte, "il termine di cinque giorni dalla contestazione dell'addebito di cui all'art. 7, comma 5, st. lav., non ha per il lavoratore natura decadenziale della facoltà di richiedere l'audizione a difesa, sicché è illegittima la sanzione disciplinare che sia stata comminata ignorando la richiesta presentata oltre detto termine ma prima dell'adozione del provvedimento disciplinare" ( Corte di cassazione, sez. lav., sentenza 12 novembre 2015, n. 23140 ).

Ancora recentemente, alla stregua dell'ultimo consolidato orientamento, la Corte di cassazione ha ribadito che nessuna norma impedisce al dipendente di formulare la richiesta di difese orali dopo la presentazione di difese scritte, entro i cinque giorni concessi a difesa e comunque fino a che non sia emanato il provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare ( Cass. Civ., sez. lav., 22 settembre 2020, n. 19846 ). In altre parole, quando il lavoratore ha chiesto nei tempi prescritti di giustificarsi o ha chiesto di farlo con l'assistenza di un rappresentante sindacale, il datore non potrà adottare – anche se siano decorsi cinque giorni dalla comunicazione della contestazione – alcun provvedimento disciplinare, se prima non ha sentito il lavoratore medesimo a sua discolpa.

L'esistenza di un ostacolo tale da impedire al lavoratore di rendere le giustificazioni orali, generalmente dovuto ad uno stato di malattia, rappresenta un vizio del procedimento disciplinare. E' onere del dipendente che chiede un differimento dell'audizione, in quanto le sue condizioni di salute non gli consentono di sostenere il colloquio con il datore di lavoro, attestare la sua condizione di malattia. Va da sé che, come confermato dalla giurisprudenza, non basti uno "scarno certificato di parte" ( Cass. 30/5/01, n. 7374 ).

Tuttavia, in presenza di idonea certificazione medica (del medico curante e di una struttura sanitaria pubblica), il datore di lavoro non può ritenersi autorizzato ad omettere la convocazione in questione: deve, infatti, comunque consentire tale convocazione alla cessazione dello stato di malattia del lavoratore "salvo che risulti prima facie il carattere pretestuoso e meramente dilatorio della richiesta di differimento proposta dal dipendente" ( Cass. 26/9/2012, n.16374 ).

Nel caso sottoposto alla Corte d'appello di Roma, la Corte territoriale ha escluso che la richiesta di differimento dell'audizione orale da parte del lavoratore fosse ispirata da intento dilatorio e pretestuoso, apprezzando la documentazione medica a suffragio delle condizioni di salute del lavoratore che "in breve sequenza temporale, in seguito ad un episodio di dolore toracico, è culminata nella diagnosi di "stato di agitazione psicomotoria, quadro di stress psichico, ipertensione arteriosa, precordialgia" e ritenendola non compatibile con l'espletamento dell'audizione orale che, per di più, avrebbe esposto il lavoratore ad ulteriore stress, aggravando lo stato ipertensivo dal quale risultava affetto" (cfr. Corte d'appello di Roma, sent. n. 2613/2010).

Peraltro, in coerenza a detto orientamento, il ritardo nel licenziamento conseguente ad una contestazione disciplinare non ha effetti invalidanti se è stato causato dalla necessità di sentire la difesa del dipendente assente per malattia.
Nel caso di specie, la malattia di un funzionario di banca, debitamente certificata ed accertata mediante visite di controllo, si è protratta per circa sedici mesi; scaduto l'ultimo certificato, la Banca ha convocato il lavoratore, ha dato corso alla sua audizione e, successivamente, ha comunicato al dipendente il licenziamento.

La Suprema Corte ha escluso la violazione del principio di immediatezza e concluso per la legittimità del licenziamento, sul presupposto che "ove l'audizione sia di fatto impedita, e quindi rinviata, per lo stato di malattia del dipendente (…), il conseguente ritardo nell'intimazione del licenziamento disciplinare non inficia quest'ultimo come carente del requisito della tempestività" ( Cassazione Sezione Lavoro n. 7848 del 4 aprile 2006 ).

In altre parole, l'esame della giurisprudenza più recente fa emergere due punti fermi.

Da un lato, bisogna sempre accertare che le modalità di convocazione del lavoratore da parte del datore non siano contrarie alla buona fede o alla lealtà contrattuale. Dall'altro, lo stato di malattia del lavoratore non può essere da solo sufficiente a giustificare l'impossibilità a presenziare all'audizione richiesta ed, ancor meno, una mera disagevole o sgradita possibilità di prendervi parte.

Tutto ciò è ben esemplificato nella sentenza n. 980 del 17 gennaio 2020 della Corte di Cassazione . In questo caso, infatti, la Suprema Corte ha giudicato corretto il comportamento della società datrice, la quale aveva fissato una prima data per la convocazione a difesa, l'aveva rinnovata a causa della mancata presentazione del lavoratore caduto in malattia ed aveva precisato la propria indisponibilità a concedere una terza data, per di più invitando il dipendente alla comunicazione di ulteriori giustificazioni scritte. Mentre ha rigettato il ricorso del lavoratore, reo di non aver provato uno stato di malattia tale da comportare la sua impossibilità assoluta ad allontanarsi fisicamente da casa.

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*A cura dall'Avv. Carola Ferraris, Professional Partner, Partner 24ORE

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