Lavoro

Crisi d'azienda: l'imprenditore deve motivare perchè intende licenziare solo i dipendenti di un settore

E comunque il datore deve valutare la possibilità di reimpiegare i prestatori presso altra unità della medesima azienda

di Giampaolo Piagnerelli

In caso di riorganizzazione aziendale l'imprenditore deve accertarsi che i lavoratori "di troppo" e destinati a essere licenziati, possano, invece, essere trasferiti presso un'altra unità produttiva della medesima azienda. Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 2245/23. Nel merito era stato eccepito come la crisi e la riorganizzazione aveva riguardato l'intero complesso aziendale e non avesse colpito solo alcuni punti vendita aventi particolari caratteristiche, per cui la limitazione dei licenziamenti, operata, nel caso in esame dalla società nell'ambito provinciale (Milano) appariva del tutto illegittima e ingiustificata. Contro tale sentenza la società ha proposto ricorso in Cassazione. I Supremi giudici hanno precisato che in tema di licenziamento collettivo qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un'unità produttiva o a uno specifico settore dell'azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti a un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Tuttavia il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda – a occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta dei lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative. Si legge nella sentenza che è dunque arbitraria e, quindi, illegittima ogni decisione del datore di lavoro diretta a limitare l'ambito di selezione a un singolo settore o ad un reparto, se ciò non sia strettamente giustificato dalle ragioni che hanno condotto alla scelta di riduzione del personale. I giudici di seconde cure, pertanto, seguendo il pregresso orientamento di legittimità, hanno dichiarato l'illegittimità dei licenziamenti intimati per violazione dell'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali, avendo ravvisato come la comunicazione facesse generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere. In definitiva bene hanno fatto il tribunale di Milano e la Corte territoriale a dichiarare illegittimi i licenziamenti intimati ai lavoratori per violazione delle disposizioni di cui agli articoli 5, comma 1 e articolo 4 comma 3 della legge 223/91, per genericità della comunicazione e assenza delle esigenze aziendali ai fini della procedura di riduzione del personale esclusivamente per alcuni punti vendita.

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