Professione e Mercato

Valori alti ma poche liti: l’arbitrato cerca slancio

Nei procedimenti avviati dal 1° marzo rafforzata l’indipendenza, possibile attribuire poteri cautelari, subito esecutivo il decreto sul lodo straniero

di Valentina Maglione

Somme in gioco elevate, ma numeri delle procedure molto contenuti. L’arbitrato si presenta così a meno di un mese dal debutto delle nuove disposizioni, introdotte dalla riforma del processo civile (decreto legislativo 149/2022) per potenziare il ricorso a questo strumento di giustizia alternativa, in linea con il Pnrr. Le novità – dopo l’anticipazione decisa dalla legge di bilancio e a meno di ripensamenti – si applicheranno ai procedimenti instaurati dal 1° marzo.

La situazione e le novità

Il punto di partenza sono i 400 arbitrati amministrati presso le Camere arbitrali delle Camere di commercio, censiti dall’Osservatorio camerale 2022, con 131 domande di arbitrati presentate l’anno scorso alla sola Camera arbitrale di Milano (+29% rispetto al 2019). A queste vanno aggiunte le procedure presso le Camere arbitrali esterne al sistema camerale (circa cento nel 2017, ultimo dato dell’Isdaci) e gli arbitrati ad hoc.

Le cifre decollano invece se si mettono sotto la lente i valori delle controversie, che fotografano anche l’impegno dei difensori: si tratta in media di 1,3 milioni per lite secondo l’Osservatorio camerale 2022, e l’importo sale presso la Camera arbitrale di Milano, dove il valore totale dei 131 arbitrati del 2022 ha superato i 270 milioni di euro.

In questo quadro, la riforma civile interviene soprattutto rafforzando le garanzie di imparzialità degli arbitri, introducendo la possibilità di attribuire loro il potere di emanare provvedimenti cautelari e prevedendo l’immediata esecutività del decreto che dichiara l’efficacia del lodo straniero.

Le opportunità e i nodi

«Sono misure che colmano alcune lacune che differenziavano il nostro sistema da quelli di Paesi a noi vicini – osserva il direttore generale della Camera arbitrale di Milano, Stefano Azzali –, portando l’Italia a diventare una realtà “arbitration friendly”. Ciò può avere effetti economici interessanti in termini di attrazione degli investimenti esteri, perché si rende il nostro Paese una sede più appetibile per le procedure arbitrali, che offrono agli stranieri la possibilità di non rivolgersi alla giustizia ordinaria. Noi ci aspettiamo un aumento degli arbitrati internazionali, che alla Cam oggi rappresentano circa il 20% del totale e anche di quelli nazionali».

«La riforma aumenta la possibilità che l’Italia sia scelta come sede degli arbitrati internazionali, anche perché oggi le imprese italiane sono tra i principali utilizzatori dell’arbitrato all’estero», incalza Silvio Martuccelli, partner di Chiomenti. Lo provano le statistiche dell’International Court of Arbitration di Parigi, dove, nel 2021, l’Italia era al decimo posto nella classifica per origine delle parti. «L’arbitrato – aggiunge Giacomo Rojas Elgueta, of counsel di Chiomenti – esce rafforzato dalla riforma. Il prossimo passo potrebbe essere rappresentato da una riduzione dell’imposta di registro sui lodi e da altri incentivi fiscali».

Si occupa prevalentemente di arbitrati internazionali la European Court of Arbitration di Strasburgo, presieduta da Mauro Rubino Sammartano: «L’arbitrato oggi è scelto dalle grandi imprese, internazionali e italiane, e da alcune aziende di media dimensione. Per diffonderlo maggiormente occorre creare una cultura dell’arbitrato e sfatare la sua visione come una clinica di lusso: ciò è possibile solo sul lungo periodo. Sulla procedura, la riforma avrebbe potuto fare di più e introdurre ad esempio un grado arbitrale d’appello, che già esiste all’estero e che è previsto nel regolamento della Corte arbitrale europea. E poi bisogna ridurre i costi e le durate: noi l’abbiamo fatto prevedendo in primo grado un solo arbitro, a meno che le parti non chiedano un collegio di tre, che deve decidere entro un anno».

Proprio per contenere i costi e accelerare i tempi, dal 2020 la Camera arbitrale di Milano ha introdotto l’arbitrato semplificato, affidato a un solo arbitro e che in media si conclude in sei mesi (contro i 13 mesi di media degli arbitrati presso la Cam). Si applica ai procedimenti fino a 250mila euro o senza limite di valore se le parti lo chiedono. Nel 2022 è stato usato in 22 casi. Ad esempio, le tariffe massime per un arbitrato semplificato in Cam fino a 100mila euro arrivano a 4.700 euro (cifra da dividere fra le parti).

Il nodo dei costi frena gli arbitrati anche secondo Riccardo Troiano, co-fondatore di Alma Società tra Avvocati: «Le imprese tendono a preferire la magistratura specializzata, che non costa, è competente e può avere tempi non significativamente più elevati dell’arbitrato». Né, secondo Troiano, farà decollare gli arbitrati la possibilità di dare agli arbitri poteri cautelari: «La reclamabilità di fronte al giudice ordinario, prevista dalla legge, potrebbe scoraggiarne la richiesta».

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