Il CommentoSocietà

Conciliazione delle partite creditorie e debitorie tra gli enti territoriali e le società partecipate

Una delle problematiche maggiormente ricorrenti nell'ambito dei rapporti finanziari tra gli enti territoriali e i soggetti dai medesimi partecipati attiene alla <span id="U401428707703GRC" style="font-weight:bold;font-style:normal;">mancata conciliazione dei reciproci debiti e crediti iscritti nei rispettivi bilanci</span>

di Rossana Mininno

Una delle problematiche maggiormente ricorrenti nell'ambito dei rapporti finanziari tra gli enti territoriali e i soggetti dai medesimi partecipati attiene alla mancata conciliazione dei reciproci debiti e crediti iscritti nei rispettivi bilanci.

Il regime dei detti rapporti finanziari dovrebbe essere caratterizzato da un perfetto allineamento tra le reciproche poste debitorie e creditorie, da iscrivere e rappresentare in pari misura nei documenti contabili sia dell'ente territoriale che del soggetto partecipato.
Ciò in virtù della dirimente considerazione che un eventuale disallineamento delle reciproche posizioni sarebbe suscettibile di ripercuotersi sull'attendibilità del risultato di amministrazione dell'ente territoriale e/o del risultato di esercizio della società partecipata con (inevitabili) ripercussioni sull'equilibrio dei bilanci del medesimo ente territoriale, costituente - l'equilibrio de quo - un valore di rango costituzionale.

L'attività giuscontabile di rendicontazione della gestione

L'articolo 97 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 ("Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale"), sancisce il principio dell'equilibrio del bilancio, costituente - quest'ultimo - un «bene pubblico» (Corte cost., 20 luglio 2016, n. 184), in ossequio alla clausola generale - di derivazione eurounitaria - della sana gestione finanziaria, intesa non solo come rispetto formale delle norme giuridiche, ma anche come consapevole osservanza del buon andamento amministrativo-finanziario, quale canone imprescindibile dell'agire amministrativo.

L'equilibrio del bilancio pubblico e la sana gestione finanziaria sono elementi che «la nuova formulazione dell'art. 97, primo comma, Cost. collega alla garanzia di legalità, imparzialità ed efficienza dell'azione amministrativa» (Corte cost., 14 febbraio 2019, n. 18).

In particolare, l'equilibrio di bilancio è un precetto con contenuto sostanziale nel senso che «non può essere limitato al pareggio formale della spesa e dell'entrata (sentenza n. 1 del 1966), ma deve estendersi – attraverso un'ordinata programmazione delle transazioni finanziarie – alla prevenzione dei rischi di squilibrio» (Corte cost., 25 ottobre 2013, n. 250).

Nel contempo, caratterizza in senso dinamico o tendenziale la gestione finanziaria, comportando la «continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche» (Corte cost. n. 250/2013 cit).

Precipui corollari del principio dell'equilibrio di bilancio sono quelli di continuità degli esercizi finanziari, nonché di veridicità e trasparenza dei documenti contabili.

Dal principio di continuità degli esercizi finanziari discende che «ogni determinazione infedele del risultato di amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi» (Corte cost., 20 dicembre 2017, n. 274), coinvolgendo, in modo durevole, l'equilibrio del bilancio.

Il principio di veridicità e trasparenza dei documenti contabili impone una «trasparente, corretta, univoca, sintetica e inequivocabile indicazione del risultato di amministrazione e delle relative componenti di legge » (Corte cost. n. 274/2017 cit.).

Nell'ambito dell'attività giuscontabile di rendicontazione della gestione il risultato contabile di amministrazione rappresenta uno degli elementi che concorrono a determinare l'obiettivo di bilancio degli enti locali: la sua congruità è intesa quale presupposto imprescindibile affinché il risultato di amministrazione possa costituire una solida e affidabile base di partenza per gli esercizi successivi.

Attraverso il rendiconto l'ente territoriale deve dare contezza del corretto utilizzo delle risorse e della produzione di risultati in linea con gli scopi istituzionali della propria attività, anche i termini di soddisfazione dei componenti della collettività di riferimento.

La rendicontazione della gestione - intesa quale «presupposto fondamentale del circuito democratico rappresentativo» (Corte cost. n. 18/2019 cit.) - non può prescindere dalla considerazione dei rapporti finanziari che gli enti territoriali intrattengono con i soggetti societari dai medesimi partecipati.

Nell'ottica - privilegiata dall'ordinamento giuscontabile - dell'affidabilità del bilancio, riveniente dalla veridicità e trasparenza delle scritture contabili, le partite creditorie e debitorie devono - necessariamente e correttamente - confluire nel risultato di amministrazione, in quanto un'infedele rappresentazione di esse si appalesa suscettibile di provocare, in virtù del principio di continuità degli esercizi finanziari, un «effetto "domino" nei sopravvenienti esercizi» (Corte cost., 27 aprile 2017, n. 89) con inevitabile pregiudizio per la veridicità del risultato di amministrazione.

La conciliazione finanziaria delle partite creditorie e debitorie secondo il previgente referente giuscontabile (art. 6, co. 4, d.l. n. 95/2012).

Nel precedente regime di contabilità (ante armonizzazione contabile) il legislatore ha introdotto - con l'articolo 6 ("Rafforzamento della funzione statistica e del monitoraggio dei conti pubblici"), comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 ("Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario" - c.d. Decreto spending review), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 - un duplice adempimento giuscontabile, valevole sia per i comuni che per le province a decorrere dall'esercizio finanziario 2012: l'allegazione al rendiconto della gestione di una «nota informativa contenente la verifica dei crediti e debiti reciproci tra l'Ente e le società partecipate» (con analitica evidenziazione - e relativa motivazione - delle «eventuali discordanze») e l'asseverazione della nota da parte dei «rispettivi organi di revisione».

Come sottolineato dai Giudici contabili (cfr. ex multis C. conti, Sez. reg. contr. Sicilia, 18 dicembre 2013, n. 394/2013/PAR), l'obbligo di allineamento contabile introdotto con la norma de qua - da attuare seguendo «i principi di revisione contabile relativi alla "circolarizzazione dei crediti e dei debiti"» (cfr. relazione illustrativa del decreto-legge n. 95/2012) - non solo mira, attraverso la corretta ricognizione e rilevazione delle poste creditorie e debitorie dell'ente, all'affermazione dei principi di veridicità delle risultanze di bilancio, ma è anche propedeutico all'attività di monitoraggio sulle società partecipate e, nel contempo, funzionale alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.

L'applicazione della disposizione de qua, tuttavia, è risultata foriera di alcune questioni interpretative.

Una prima questione interpretativa ha riguardato la latitudine oggettiva della neo-introdotta disciplina ovvero la tipologia di società a partecipazione pubblica effettivamente assoggettata all'obbligo di allineamento contabile, da individuare in ragione della natura (diretta o indiretta) e dell'entità della partecipazione.

I Giudici contabili hanno ritenuto dirimente, al fine della risoluzione della questione, la ratio legis della disposizione de qua, avente come specifico obiettivo quello di «arginare il disallineamento delle poste debitorie e creditorie che spesso si riscontra nei bilanci della partecipata e dell'ente pubblico socio» (C. conti, Sez. reg. contr. Lombardia, 11 novembre 2013, n. 479/2013/PAR).

La latitudine oggettiva della norma non può essere circoscritta alle partecipazioni di primo grado con esclusione di quelle indirette: «il focus della norma è sull'attendibilità della situazione finanziaria del comune nei confronti dell'organismo partecipato, lasciando in secondo piano tanto la natura della partecipazione (diretta o indiretta) quanto l'entità di tale partecipazione (sono da annoverare, pertanto, anche società in cui l'ente ha partecipazioni minimali)» (C. conti Lombardia n. 479/2013/PAR cit.).

Sotto il profilo dei rapporti finanziari da conciliare i medesimi Giudici contabili hanno rilevato che la norma de qua «non opera alcuna distinzione in ordine alla natura ed all'eziologia dei crediti e debiti da riportare nel prospetto di conciliazione: non vi è alcun motivo, pertanto, per introdurre, in via interpretativa, distinzioni ed eccezioni con riferimento a tali aspetti» (C. conti Lombardia n. 479/2013/PAR cit.).

Una seconda questione interpretativa ha riguardato la bilateralità o meno dell'obbligo di asseverazione ovvero se l'asseverazione sia necessaria anche da parte dell'organo di revisione delle società partecipate.

I Giudici contabili hanno sottolineato la rilevanza che assume, relativamente ai rapporti con le società partecipate, la natura pubblica delle risorse utilizzate, natura che impone all'ente partecipante di «porre in essere un effettivo e costante monitoraggio sull'andamento della società partecipata, tenuto conto non solo della natura pubblica sia delle relative risorse che del servizio svolto, ma anche, e soprattutto, della qualità di socio, con i correlativi compiti di vigilanza e controllo, che da tale qualifica discendono» (C. conti, Sez. reg. contr. Lombardia, 15 aprile 2014, n. 156/2014/PAR).

Nella prospettiva de qua l'organo di revisione dell'ente partecipante ha un ruolo di «assoluta centralità» (C. conti Lombardia n. 156/2014/PAR cit.) in quanto «è chiamato a garantire, in concreto, il perseguimento dell'obiettivo di arginare il disallineamento delle poste debitorie e creditorie tra società partecipata e Ente, che è, tra l'altro, il soggetto titolare, in quanto socio, dei poteri di stimolo per l'adozione dei necessari processi volti alla correzione delle discordanze rilevate» (C. conti Lombardia n. 156/2014/PAR cit.).

Ciò posto, i Giudici contabili hanno proceduto alla delineazione del concreto regime disciplinatorio da seguire - nella vigenza dell'articolo 6 del decreto-legge n. 95/2012 - in sede di conciliazione finanziaria delle partite contabili creditorie e debitorie tra l'ente locale e gli organismi partecipati, privilegiando, al detto fine, l'effettivo contenuto del bilancio certificato dall'organo di revisione della società partecipata: i singoli rapporti creditori e debitori indicati nel bilancio della società partecipata, «trattandosi, dunque, di dati ex se asseverati da tale organo di revisione, possono essere presi direttamente in considerazione dall'organo di revisione dell'Ente partecipante, che può procedere all'asseverazione della nota in parola, senza necessità di ottenere un'ulteriore asseverazione dei dati già certificati dall'organo di revisione della società partecipata», configurando l'ulteriore asseverazione un «inutile aggravio» (C. conti Lombardia n. 156/2014/PAR cit.); nell'ipotesi - opposta - di bilancio della società partecipata privo dell'indicazione dei singoli rapporti creditori e debitori sarebbe stata necessaria l'asseverazione «non solo da parte dell'organo di revisione dell'Ente partecipante, ma anche da parte di quello dell'organismo partecipato» (C. conti Lombardia n. 156/2014/PAR cit.).

In sintesi, secondo quanto chiarito dai Giudici contabili, in base al regime normativo previgente l'ente territoriale era tenuto, preliminarmente, ai seguenti adempimenti:
«- evidenziazione dal proprio conto dei residui di tutte le voci aventi ad oggetto i debiti e i crediti nei confronti delle società partecipate ritenute rilevanti; - sottoposizione dei dati così raccolti al collegio dei revisori dei conti dell'ente locale» (C. conti Lombardia n. 156/2014/PAR cit.).

La conciliazione finanziaria delle partite creditorie e debitorie secondo l'attuale referente giuscontabile (art. 11, co. 6, lett. j, d.lgs. n. 118/2011)

Nell'attuale regime di contabilità armonizzata il referente giuscontabile è costituito dall' articolo 11 ("Schemi di bilancio"), comma 6, lettera j), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 ("Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42"), il quale ha abrogato il quarto comma dell'articolo 6 del decreto-legge n. 95 del 2012, facendone salva l'applicazione ai fini della rendicontazione dell'esercizio finanziario dell'anno 2014 (cfr. articolo 77, comma 1, lettera e, introdotto dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126, recante "Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42").

Ai sensi della disposizione de qua la relazione sulla gestione allegata al rendiconto deve illustrare anche «gli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci con i propri enti strumentali e le società controllate e partecipate»: tale informativa è «asseverata dai rispettivi organi di revisione» ed «evidenzia analiticamente eventuali discordanze», con riferimento alle quali l'ente «assume senza indugio, e comunque non oltre il termine dell'esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie».

Il legislatore dell'armonizzazione contabile ha ampliato la platea degli enti tenuti all'adempimento giuscontabile in esame: nel regime normativo previgente l'obbligo di predisposizione della nota informativa era posto unicamente a carico di comuni e province, mentre l'articolo 11 del decreto legislativo n. 118 del 2011 ha incluso, nel proprio ambito applicativo soggettivo, anche le regioni e gli enti locali.

Come evidenziato dai Giudici contabili, tale previsione «risponde all'esigenza di verificare l'effettiva ricaduta delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti proprietari; esigenza particolarmente sentita in relazione all'ambito del consolidamento, che comprende un universo vasto, costituito dagli enti strumentali, dai semplici organismi (tra cui le gestioni fuori bilancio, a norma dell'art. 1, co. 2), dalle aziende, dalle società controllate e da quelle partecipate (artt. da 11-ter a 11-quinquies, d.lgs. n. 118/2011, riformato)» (C. conti, Sez. aut., 24 febbraio 2015, n. 4/2015/INPR).

Ed è proprio l'ambito del consolidamento a costituire un «aspetto rilevante e significativo della novella normativa introdotta dal d.lgs. n. 118/2011 in quanto funzionale all'operazione di elisione dei rapporti infragruppo per la procedura che presuppone la certezza delle reciproche partite debitorie e creditorie, ed è pertanto momento non derogabile nell'ambito della corretta gestione delle risorse pubbliche» (C. conti, Sez. reg. contr. Emilia-Romagna, 10 settembre 2021, n. 142/2021/PRSE).

Con riferimento alla normativa vigente si è posta la questione interpretativa circa la bilateralità o meno dell'obbligo di asseverazione della nota informativa attestante i reciproci rapporti debito-credito tra l'ente territoriale e la società dal medesimo partecipata ovvero se detta nota debba essere asseverata unicamente dall'organo di revisione dell'ente oppure anche dall'organo di revisione della società.

Sulla questione si è pronunciata la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, la quale ha in primis precisato che la verifica dei crediti e debiti reciproci tra gli enti territoriali e gli organismi dai medesimi partecipati «risponde all'evidente esigenza di garantire trasparenza e veridicità delle risultanze del bilancio degli enti nell'ambito di una corretta attività di corporate governance, che postula una tendenziale simmetria delle reciproche poste creditorie e debitorie tra l'ente e le sue società partecipate» (C. conti, Sez. aut., 20 gennaio 2016, n. 2/2016/QMIG).

Nell'ottica - privilegiata dai Giudici contabili - del conseguimento della (irrinunciabile) veridicità e attendibilità delle scritture contabili «la corretta rilevazione delle ridette posizioni mira a salvaguardare gli equilibri di bilancio, attenuando il rischio di emersione di passività latenti per l'ente territoriale, suscettibili di tradursi in un esborso finanziario (come avviene nel caso di un debito sottostimato nella contabilità dell'ente e sovraesposto in quello della società partecipata)» (C. conti Sez. aut. n. 2/2016/QMIG cit.): la norma deve essere interpretata nel senso della «necessità di una doppia asseverazione», essendo priva di (reale) rilevanza dirimente la circostanza che «dal bilancio societario sia possibile individuare in modo analitico i singoli rapporti debitori e creditori esistenti nei confronti dell'ente socio» (C. conti Sez. aut. n. 2/2016/QMIG cit.).

Con specifico riferimento all'ipotesi - patologica - di inerzia da parte degli organi di revisione della società partecipata il soggetto incaricato dall'ente territoriale di provvedere alla revisione è gravato dall'onere di segnalare tale inadempimento all'organo esecutivo dell'ente medesimo, il quale, a sua volta, «è tenuto ad assumere senza indugio, e comunque non oltre il termine dell'esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie» (C. conti Sez. aut. n. 2/2016/QMIG cit.).

I Giudici contabili, dopo aver ribadito l'importanza di «rilevare costantemente i rapporti economici e patrimoniali con le società partecipate, al fine di consentire con immediatezza di individuare disallineamenti contabili e le perdite che le stesse possono generare», hanno sottolineato come la mancata conciliazione delle partite contabili rappresenti «un rilevante fattore di rischio per gli equilibri di bilancio dell'ente locale»: «deve essere il Comune, in qualità di socio, a farsi parte diligente e ad attivare tutti gli strumenti previsti dal codice civile al fine di ottenere il riscontro di quanto richiesto dagli organi di controllo delle partecipate "eventualmente avvalendosi dei rimedi codicistici in presenza di omissioni degli organi di controllo" (Sezione di controllo per la Regione Siciliana, del. n. 111/2020/PRSP; da ultimo del. n. 97/2021/PRSP)» (C. conti, Sez. reg. contr. Sicilia, 20 settembre 2021, n. 112/2021/PRSE).

In estrema sintesi, nell'interazione tra attività gestionali e contabilità generale devono essere garantiti, in modo strutturale, l'equilibrio di bilancio e la sana gestione finanziaria.

Con precipuo riferimento ai rapporti finanziari intrattenuti dall'ente territoriale con le società dal medesimo partecipate, attesi i riflessi finanziari che detti rapporti possono avere - anche nella prospettiva del consolidamento dei conti - sul bilancio dell'ente, quest'ultimo è tenuto a procedere, in sede di rendicontazione della gestione, alla conciliazione contabile delle partite creditorie e debitorie, la cui corretta ricognizione - e contestuale rilevazione - mira a salvaguardare l'equilibrio del bilancio, quale bene di (riconosciuto) rango costituzionale, consentendo l'emersione di passività latenti suscettibili di ripercuotersi - in virtù del principio di continuità degli esercizi finanziari - sui successivi esercizi.

Tale operazione è governata - nell'ottica di una corretta attività di corporate governance, la quale postula una tendenziale simmetria delle reciproche poste creditorie e debitorie tra l'ente socio e le società partecipate - dalla regola della doppia asseverazione dei debiti e dei crediti da parte dell'organo di revisione sia dell'ente che della società, funzionale a evitare eventuali incongruenze e, nel contempo, a garantire l'attendibilità dei dati e la veridicità delle scritture contabili.