Civile

Protezione giuridica del possesso: va accertato se il proprietario del fondo ha diminuito l'esercizio della servitù o lo ha reso più incomodo

La riconosciuta titolarità in capo al soggetto convenuto di un diritto reale incompatibile con il comportamento che il ricorrente ha inteso tutelare con il ricorso possessorio, può paralizzare la tutela della situazione di fatto

di Mario Finocchiaro

La regola per la quale la sentenza che decide la controversia petitoria, escludendo definitivamente la sussistenza del diritto, impone di negare al possesso protezione giuridica, trova applicazione, in tema di servitù, non solo ove le siano in discussione la stessa esistenza ed estensione, ma pure quando la decisione sul petitorio avvenga ai sensi dell'articolo 1067, comma 2, del Cc e, quindi, accerti o escluda se e in che termini il proprietario del fondo servente abbia compiuto alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo. Così la sezione II della Cassazione con l'ordinanza 11 febbraio 2022 n. 4468.

Per quanto riguarda i precedenti va segnalato che non c'è nulla esattamente in termini.
Dal punto di vista generale, ad esempio in tema di concorso tra giudizio possessorio e giudizio petitorio, la riconosciuta titolarità in capo al soggetto convenuto (cosiddetto spoliator) di un diritto reale incompatibile con il comportamento che il ricorrente ha inteso tutelare con il ricorso possessorio, è idonea a paralizzare la tutela della situazione di fatto inconciliabile con detta statuizione, (Cassazione, sentenza 25 giugno 2012, n. 10588, che, in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito, che aveva deciso di non prendere in esame la domanda possessoria, in ragione della pronuncia, in essa adottata, con cui veniva riconosciuta fondata la domanda del convenuto volta a far dichiarare l'inesistenza della servitù vantata dal possessore ed il conseguente diritto di quest'ultimo di disporre liberamente del proprio bene).
Analogamente, sulle azioni a difesa del possesso, tra causa possessoria e causa petitoria sussiste una forma di connessione impropria, non essendo ravvisabile un vincolo di subordinazione o di garanzia o di pregiudizialità, ne consegue che non va disposta la sospensione del giudizio possessorio in attesa dell'esito definitivo del giudizio petitorio, posto, altresì che la sentenza definitiva che decide la controversia petitoria, escludendo definitivamente la sussistenza del diritto, impone di negare al possesso la protezione giuridica, (Cassazione, sentenza 8 settembre 2009, n. 19384).

Sempre sul concorso tra giudizio possessorio e giudizio petitorio, si è precisato, anche che:
- in tema di sospensione del processo, non è ravvisabile alcun nesso di pregiudizialità-dipendenza, agli effetti dell'art. 295 Cpc, tra causa petitoria e causa possessoria, poiché l'una è volta alla tutela della proprietà o di altro diritto reale, mentre l'altra soltanto al ripristino dello stato di fatto mediante un'azione che culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale indipendentemente dall'esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponde e il cui eventuale contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune restitutiones in integrum, Cassazione, ordinanza 16 luglio 2015, n. 14979;
- il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto di separata domanda di accertamento della proprietà, proposta da parte dell'attore in possessorio, non fa automaticamente venir meno la protezione giuridica del potere di fatto, a prescindere dal titolo che lo possa giustificare, né preclude al giudice del procedimento possessorio, in ipotesi ancora pendente, di emettere una pronuncia di reintegrazione, giacché la tutela del possesso è destinata a cedere non a fronte dell'accertamento, nel giudizio petitorio, che il possessore non è proprietario, quanto del diritto incompatibile spettante all'autore dello spoglio, Cassazione, sentenza 17 febbraio 2012, n. 2371, in Giurisprudenza italiana, 2012, p. 1379, con nota di D'Alessandro E., Brevi riflessioni intorno ai rapporti tra giudizio possessorio e giudizio petitorio;
- i provvedimenti possessori emessi dal giudice del petitorio a norma dell'art. 704, primo comma, Cpc, o dal pretore a norma del secondo comma dello stesso articolo, hanno carattere puramente incidentale e sono destinati a venire assorbiti dalla sentenza definitiva che decide la controversia petitoria, che costituisce l'unico titolo per regolare in via definitiva i rapporti di natura possessoria e petitoria in contestazione fra le parti. Ne consegue che il giudice del petitorio, una volta esclusa l'esistenza del diritto cui si pretende di collegare il possesso, deve necessariamente negare che quest'ultimo sia suscettibile di protezione giuridica, Cassazione, sentenza 29 aprile 2003, n. 6648;
- l'art. 704 Cpc , che prevede che le domande relative al possesso per fatti che avvengono nel corso del giudizio petitorio siano proposte dinanzi al giudice di quest'ultimo, non configura una ipotesi di litispendenza e neppure di continenza, ne' tra le cause è ravvisabile un vincolo di subordinazione o di garanzia o di pregiudizialità, ma piuttosto un vincolo di connessione impropria, che giustifica la vis atractiva del secondo giudizio sul primo; ne consegue che non è necessario che tra giudizio possessorio e petitorio vi sia identità di soggetti, essendo sufficiente, oltre all'identità del bene oggetto dello spoglio, una identità almeno parziale tra i soggetti, nel senso che le parti del giudizio possessorio siano presenti nel petitorio , senza che sia necessaria una perfetta e totale coincidenza neppure delle posizioni processuali assunte nell'altro giudizio
- il principio secondo cui, nei giudizi possessori, il giudice deve limitarsi ad accertare lo stato di possesso che si assume violato, senza poter indagare, se non ad colorandam possessionem, sull'effettiva esistenza del diritto da cui si pretende derivare il possesso, si applica soltanto all'ipotesi normale del giudizio possessorio istaurato autonomamente ed antecedentemente al giudizio petitorio. tale principio, invece, non e applicabile al procedimento possessorio iniziato, ai sensi dello art. 704 Cpc, durante il corso del giudizio petitorio in cui si controverta circa l'appartenenza del diritto reale esistente sulla cosa oggetto del possesso. in tale ipotesi, i provvedimenti possessori, emessi dal giudice del petitorio o dal pretore, hanno carattere puramente incidentale, essendo destinati a venir assorbiti dalla sentenza definitiva che decide la controversia petitoria e, che costituisce l'unico titolo per regolare in via definitiva i rapporti di natura possessoria o petitoria in contestazione fra le parti. ne segue che il giudice di merito, una volta esclusa l'esistenza del diritto da cui si pretende derivare il possesso, deve necessariamente negare che quest'ultimo sia suscettibile di protezione giuridica, Cassazione, sentenza 28 luglio 1967, n. 2005, in Giustizia civile, 1967, I, p. 1756.

Inoltre, come viene ricordato in motivazione nella pronunzia in rassegna, le opere vietate dal proprietario del fondo servente dall'articolo 1067, comma secondo, del Cc sono soltanto quelle che si riflettono alterandole, sul contenuto essenziale dell'altrui diritto di servitù quale è determinato dal titolo, si da incidere sull'andatura e sull'estensione dell'utilitas oggetto di quello stesso diritto. La norma non tutela quindi l'utilitas che di fatto il proprietario del fondo dominante ritenga di trarre dalla servitù, ma quella assicurata nel suo contenuto essenziale dal titolo. Conseguentemente, in tema di servitù di passaggio, non comporta diminuzione dell'esercizio della servitù l'esecuzione di opere che pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino tuttavia in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodità dell'esercizio delle servitù, (Cassazione, sentenza 3 novembre 1998, n. 10990).
Nel senso, ancora, che sussiste spoglio allorché il proprietario - possessore del fondo gravato da servitù di passaggio restringe l' ampiezza dell' iter, pur se in ottemperanza a norme imperative di legge - (nella specie installandovi una scala antincendio in corrispondenza delle uscite di sicurezza di un suo sottostante esercizio pubblico) - perché tale intento non esclude l' animus spoliandi" mentre la modifica dell' esercizio di una servitù, in mancanza di accordo con il possessore del fondo dominante, deve esser chiesta in un giudizio petitorio, (Cassazione, sentenza 10 giugno 1998, n. 5714)

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©