Penale

Possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli: contravvenzione ad ampio raggio a difesa della proprietà privata

Nella nozione di "strumenti atti ad aprire o a forzare serrature" rientrano anche quelli atti a scardinare congegni di protezione che possono trovarsi all'interno, a tutela dei beni ivi contenuti, come casseforti o forzieri o custodie rinforzate

di Aldo Natalini



In tema di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, sanzionato dalla contravvenzione di cui all'articolo 707 del Cp, nella nozione di "strumenti atti ad aprire o a forzare serrature" rientrano non solo quelli diretti a forzare serrature poste all'esterno delle abitazioni, ma anche quelli atti a scardinare congegni di protezione che possono trovarsi all'interno, a tutela dei beni ivi contenuti, come casseforti o forzieri o custodie rinforzate.
Così la seconda sezione penale della Cassazione con l'interessante sentenza n. 29344/2022, depositata lo scorso 22 luglio che, dichiarando inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla difesa di due imputati condannati, in concorso tra loro, per la contravvenzione di cui all'articolo 707 del Cp, ne ha allargato l'ambito di operatività a ogni strumento che possa servire (non solo ad aprire le serrature dall'esterno ma anche) a distruggere o a demolire (dall'interno) qualunque congegno di protezione contenuto all'interno delle abitazioni private. Una lettura estensiva della norma incriminatrice de qua che i Supremi giudici ancorano al parametro costituzionale dell'articolo 42, comma 2, della Carta fondamentale, dovendosi "assicurare una piena tutela della proprietà privata".

Il caso: il possesso di strumento ad alimentazione elettrica
Nel caso di specie agli imputati si contestava di aver detenuto, all'interno del bagagliaio dell'auto di proprietà di uno dei due, un flessibile con disco per il taglio di metalli a esclusiva alimentazione elettrica, con integrato il cavo di corrente e con la relativa tenaglia accessoria in ferro munita di chiave montadisco: strumenti idonei per le loro caratteristiche – secondo la Corte di merito – ad aprire o forzare le serrature in quanto aventi la capacità di scardinare anche congegni di protezione interni ad abitazioni.
La difesa di uno degli imputati aveva contestato tale ricostruzione ritenendo la motivazione condannatoria apodittica e priva della relativa massima di esperienza di copertura. In sede di ricorso per cassazione aveva dedotto la violazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 707 del Cp assumendo che, al più, l'utilizzo del flessibile a esclusiva alimentazione elettrica, quindi utilizzabile solo all'interno dell'abitazione, integrerebbe, ad altro titolo di reato (non applicabile nella specie), gli estremi dell'aggravante del furto della violenza sulle cose ex articolo 625, n. 2, del Cp, con conseguente assorbimento della contravvenzione contestata. Né tale idoneità poteva ricavarsi dall'assenza di giustificazioni rese dai ricorrenti, poiché l'assenza di giustificato motivo rileva soltanto laddove si accerti il possesso di strumenti atti allo scasso: tali non potendosi intendere, secondo la difesa, il flessibile in questione, che poteva essere utilizzato solo se allacciato alla rete elettrica.

Il dictum: tutela preventiva estesa a qualunque congegno di protezione interno alle abitazioni
La Cassazione, con la sentenza in commento, ha ritenuto manifestamente infondato il motivo di ricorso in punto di insussistenza del reato di cui all'articolo 707 del Cp, che punisce con l'arresto da sei mesi a due anni chiunque, "essendo stato condannato per delitti determinati da motivi di lucro, o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio […] è colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature, dei quali non giustifichi l'attuale destinazione".
I Supremi giudici si sono soffermati sulla nozione di "serratura" agli effetti della contravvenzione in esame la quale, conformemente alla finalità di prevenire delitti contro il patrimonio, va intesa come comprensiva di qualunque congegno idoneo a chiudere, a salvaguardare, mediante il meccanismo di cui è formato, il bene che con esso si intende tutelare.
Pertanto – scandisce significativamente la sentenza annotata – rientra nel perimetro applicativo della contestata contravvenzione, quale strumento "atto ad aprire o a forzare serrature", ogni mezzo che possa servire a distruggere o a demolire, e non solo ad aprire, i suddetti congegni, così vanificandone la funzione di difesa della proprietà. Tali strumenti, dunque, "non sono solamente quelli atti a scardinare serrature esterne" – come, nella specie, sosteneva riduttivamente la difesa – "ma anche congegni di protezione che possono trovarsi all'interno delle abitazioni come casseforti o forzieri, o custodie rinforzate" non potendosi affatto escludere – specificano gli "ermellini" di Piazza Cavour con riguardo allo strumento in contestazione – che l'alimentazione venga fornita all'uopo mediante allaccio abusivo alla rete elettrica presente nell'abitazione. "Ciò che rileva, infatti, è che lo strumento sia dotato di potenziale attitudine ad operare su serrature o altri analoghi congegni tant'è che in quest'ottica configurano strumenti nel senso voluto dalla norma incriminatrice anche oggetti di uso comune della vita quotidiana, laddove circostanze concrete depongano univocamente per la loro destinazione alla finalità preventiva perseguita dalla disposizione incriminatrice".
Secondo i Supremi giudici, una lettura della contravvenzione ostativa in esame - nel senso di ricondurre nell'alveo applicativo della fattispecie soltanto quegli atti preparatori volti ad un'aggressione ai congegni esterni di protezione delle abitazione – avrebbe una valenza riduttiva contrastante con la richiamata finalità preventiva che "abbraccia il patrimonio in quanto tale e, dunque, si pone quale reato ostacolo rispetto a tutte le modalità della condotta che possano accompagnare la successiva commissione del reato contro il patrimonio, pure "le sue concrete modalità di esecuzione che possono volgersi anche contro beni che, in ragione del loro intrinseco valore, possono essere aggrediti dall'interno, così arrecando un danno al soggetto passivo".
Quella odierna si tratta, in definitiva, di un'interpretazione (estensiva ma) costituzionalmente orientata della contravvenzione di possesso de qua, "volta ad assicurare una piena tutela alla proprietà privata, in ossequio alla disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 42 Cost.".

Né – conclude la Cassazione – ai fini dell'esclusione della contravvenzione vale il rilievo difensivo che lo strumento atto a scassinare laddove fosse utilizzato all'interno dell'abitazione sarebbe assorbito dalla circostanza aggravante dell'articolo 625, n. 2, del Cp. La contravvenzione di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, infatti, opera su un piano del tutto differente, trattandosi di un reato ostacolo che presuppone che non sia stato compiuto neppure un tentativo punibile agli effetti dell'articolo 56 del Cp, assolvendo – come detto – ad una funzione eminentemente preventiva. Laddove, invece, "vi sia un nesso di immediatezza e di strumentalità tra il possesso degli arnesi, il bene preso di mira e la commissione (anche tentata) del furto, allora opererà il principio di specialità, con la prevalenza della fattispecie delittuosa". Diversamente opinando – concludono i Supremi giudici – si verrebbe a determinare una selezione dei beni patrimoniali da proteggere in relazione alla tipologia degli strumenti da scasso detenuti, contrariamente agli obiettivi di tutela avuti di mira dalla disposizione in commento; il rapporto, invece, deve essere inverso: è attraverso l'individuazione dell'oggetto materiale che passa la definizione di strumento atto allo scasso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©