Professione e Mercato

L'avvocato che non fattura rischia la sanzione disciplinare

Il legale ha l'obbligo di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi e non conta l'adempimento tardivo

di Marina Crisafi

L'avvocato che non fattura rischia quanto meno la censura, in quanto obbligato dal codice deontologico a fatturare tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi. La sanzione disciplinare scatta anche in caso di adempimento tardivo che non viene neanche preso in considerazione dal codice. Questo quanto emerge dalla sentenza del Consiglio Nazionale Forense (n. 210/2021) chiamato ad esprimersi sul ricorso di un legale che era stato sospeso dalla professione per due mesi.

La vicenda
Tutto era scattato a seguito dell'esposto presentato da una ex cliente dell'avvocato che lamentava diversi illeciti tra cui l'aver richiesto compensi manifestamente sproporzionati rispetto all'attività effettivamente compiuta ed aver riscosso delle somme mediante assegno circolare senza ottemperare agli adempimenti previdenziali e fiscali a suo carico.
Scattava quindi da parte del COA di Viterbo la condanna del professionista alla sospensione dall'esercizio della professione per due mesi.
Il provvedimento veniva impugnato dall'avvocato, con ricorso dinanzi al CNF, per: assenza di potestas judicandi in capo al COA di Viterbo, giacché la competenza disciplinare era passata ai CDD; prescrizione degli illeciti disciplinari contestati; errato inquadramento giuridico dei fatti contestati ed errata interpretazione delle risultanze istruttorie.
Il CNF rigettava il ricorso perché tardivo e l'avvocato adiva quindi il Palazzaccio i quali davano ragione a quest'ultimo che, a questo punto, riassumeva tempestivamente il processo dinanzi al Consiglio ribadendo le proprie tesi e chiedendo l'"assoluzione" o quanto meno la riduzione della pena irrogata.

La decisione
Per il CNF il ricorso è in parte fondato e meritevole di accoglimento.
Partendo dagli assunti non fondati,
Quanto al CDD il rilievo è infondato perché dal momento dell'adozione del procedimento la competenza disciplinare era ancora del COA. Altrettanto infondata è l'eccepita prescrizione dei fatti contestati per decorso del termine quinquennale, giacchè in tema di prescrizione dell'azione disciplinare tutti gli atti procedimentali di natura propulsiva o probatoria o decisoria hanno efficacia interruttiva del termine di prescrizione e, nel caso di specie, già con la delibera di apertura del procedimento disciplinare, il COA di Viterbo ha validamente interrotto il termine.
È da ritenersi fondata invece la censura riguardante la condotta contestata che, a dire del ricorrente, non era da considerarsi contraria alle regole deontologiche, data l'infondatezza dei rilievi mossi (non provati dall'esponente) e in ogni caso la sproporzione con la sanzione comminata.
Quanto all'ultimo capo di incolpazione, relativo alla mancata fatturazione dei compensi, il CNF rileva che comunque "con comportamento resipiscente" l'avvocato vi ha posto rimedio.

Mancata fatturazione e sanzione
Sul punto, rammenta il CNF che "l'avvocato ha l'obbligo, sanzionato dall'art. 16 e 29 codice deontologico (già art. 15 cod. prev.), di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, restando irrilevante l'eventuale adempimento tardivo, non preso in considerazione dal codice deontologico, quand'anche effettuato in virtù di strumenti legislativi tipici eventualmente applicati, quali il c.d. ‘ravvedimento operoso'".
Tuttavia, in merito alla sanzione irrogata, la giurisprudenza domestica ha più volte affermato, in adesione a quanto previsto dall'art. 21 CDF, che "la sanzione deve tener conto di tutte le circostanze e deve essere emessa dopo aver valutato globalmente il comportamento dell'avvocato, così come di infliggere la sanzione più adeguata, che non potrà se non essere l'unica nell'ambito dello stesso procedimento, nonostante siano state molteplici le condotte lesive poste in essere".
Tale sanzione, quindi, non potrà consistere nella somma di altrettante pene singole sui vari addebiti contestati, quanto invece il frutto della valutazione complessiva del soggetto interessato.
Per cui, l'adempimento tardivo "ove non portato a compimento attraverso un subdolo escamotage", e l'assenza di danno arrecato all'ex assistita, giustificano, secondo il CNF, una rideterminazione della sanzione comminata nella più lieve misura della censura.

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