Civile

Valute virtuali e prassi dell'Agenzia delle Entrate, l'evento fiscalmente rilevante e la base imponibile

A quali condizioni si può considerare realizzata una minusvalenza su valute virtuali scomputabile da eventuali plusvalenze realizzate su valute virtuali o su altri redditi di natura finanziaria - di cui alle lettere da c) a c-quinquies) art. 67 Tuir - nel 2022 o nei prossimi quattro anni. Per rispondere al quesito è necessario individuare l'evento fiscalmente rilevante e le relative regole per determinare la minusvalenza, considerando che l'Agenzia equipara ai fini IRPEF le criptovalute alle valute estere

di Giorgio Vaselli, Matteo Giacomelli*

Introduzione
"Terra", la "stablecoin" che attraverso un algoritmo doveva assicurare un cambio 1 a 1 con il dollaro costante nel tempo, vale attualmente meno di 5 centesimi. "Luna" la criptovaluta collegata a "Terra" ha perso il 100% del suo valore in circa due giorni. Terra e Luna sono (o sarebbe meglio dire erano) tra le prime dieci valute per capitalizzazione.

Più in generale, è stata osservata una perdita di valore di tutte le principali valute virtuali che in alcuni casi arriva (a metà maggio) a superare anche il 50% da inizio anno, incluse le più note Bitcoin e Ether.

Gli investitori residenti in Italia (che siano persone fisiche o enti non commerciali che agiscono al di fuori di un'attività d'impresa) si interrogano anche sulle conseguenze fiscali dell'accaduto. È indubbio, infatti, che nel caso di Terra/Luna l'intero capitale investito sia andato perduto: le valute (prive di valore) possono essere trasferite ad altri wallet personali o essere cedute a terzi per un corrispettivo insignificante, quando è possibile (infatti alcuni exchanger hanno anche sospeso le relative negoziazioni).

Ciò che è meno chiaro nell'attuale contesto normativo e interpretativo è se, e a quali condizioni, si possa considerare realizzata una minusvalenza su valute virtuali scomputabile da eventuali plusvalenze realizzate su valute virtuali o su altri redditi di natura finanziaria di cui alle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 67 Tuir nel 2022 o nei prossimi quattro anni.

Per rispondere a tali quesiti, è necessario individuare l'evento fiscalmente rilevante e le relative regole per determinare la minusvalenza (o la plusvalenza), tenendo conto del fatto che l'Agenzia equipara ai fini IRPEF le criptovalute alle valute estere, come confermato nella criticata risposta a interpello 788 del 24 Novembre 2021 .

L'evento fiscalmente rilevante

La risposta 788/2021 qualifica come redditi diversi (ex art. 67, c. 1, lett. c-ter) del Tuir) i proventi derivanti da:
• la cessione "a pronti" di valute virtuali (cioè un trasferimento a terzi con effetti immediati), qualora la giacenza di tutti i wallet del contribuente superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta;
• la cessione "a termine" di valute virtuali (cioè una transazione speculativa che assume valori a termine di valute come riferimento per la determinazione del corrispettivo);
• un prelievo di valute virtuali dal wallet, qualora la giacenza di tutti i wallet del contribuente superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta (ad avviso dell'Agenzia, "il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso").

Sui primi due punti, ad avviso dell'Agenzia si considerano fiscalmente rilevanti anche le operazioni c.d. crypto-to-crypto (cioè le conversioni da una valuta virtuale ad un'altra): si tratta di un aspetto particolarmente controverso che è stato considerato da diversi autori in contraddizione con il principio costituzionale della capacità contributiva (di cui all'articolo 53 della Costituzione): ciò è quanto più evidente in periodi di elevata volatilità delle valute virtuali.

Il terzo punto è invece frutto di un particolare sforzo interpretativo dell'Agenzia che ha di fatto adattato al mondo delle criptovalute una regola considerata " di chiusura " nel sistema della tassazione dei proventi derivanti dalla negoziazione di valute fiat. Infatti, l'ultimo periodo dell'articolo 67, comma 1, lett. c-ter), del Tuir recita "Agli effetti dell'applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente" e la relativa relazione illustrativa chiarisce che "l'introduzione di tale equiparazione si è resa necessaria in quanto una volta che la valuta sia uscita dal conto corrente o dal deposito, non è più possibile stabilire se e quando essa è stata successivamente ceduta".

Questo aspetto merita alcuni approfondimenti. Infatti, sebbene l'intero sistema di tassazione dei redditi derivanti dalle valute estere richieda l'esistenza un deposito o conto corrente (e quindi anche una controparte contrattuale), questi ultimi non esistono nel mondo delle valute virtuali. Peraltro, è opportuno evidenziare che l'"estrazione" di criptovaluta da un wallet, detta in gergo "prelievo", non ha nulla in comune con il prelievo di contanti da un deposito o conto corrente, dato che la criptovaluta esce da un wallet per entrare necessariamente in un altro wallet (e non esiste criptovaluta al di fuori di un wallet).

Come osservato dalla dottrina più autorevole, sarebbe possibile assimilare a un deposito o conto corrente solo i c.d. custodian wallet (come quelli offerti dai più popolari exchanger che consentono di detenere e depositare valute virtuali sulle loro piattaforme online): in quei casi, infatti, il gestore del custodian wallet (un soggetto terzo rispetto all'utente) diviene formalmente il detentore delle valute virtuali (sebbene per conto dell'utente) avendo egli stesso la disponibilità delle chiavi private per la movimentazione delle valute virtuali (sempre su indicazione dell'utente).

Di conseguenza, potrebbe assumere rilevanza ai fini impositivi il trasferimento (inteso come "prelievo") di valute virtuali da un custodian wallet ad un wallet personale del contribuente, in quanto con tale operazione non vi sarebbero più intermediari in grado di monitorare i trasferimenti di valute virtuali tra diversi soggetti (che potrebbero generare un reddito imponibile nei termini anzidetti).

Tuttavia, mancando sul punto qualsiasi indicazione nella prassi dell'Agenzia, l'applicazione delle predette regole è rimessa alla sensibilità di ogni singolo contribuente e dei relativi consulenti, creando un generale livello di incertezza non accettabile considerati i valori interessati e i conseguenti rischi fiscali.

Peraltro, si segnala che sebbene la risposta n. 788/2021 richieda ai presenti fini il calcolo di una giacenza "media" (a cui parte della dottrina sembra conformarsi), l'articolo 67 comma 1-ter, del Tuir richiede testualmente il superamento di una giacenza complessiva superiore ad 51.645,69 euro "per almeno sette giorni lavorativi continui".

Con tutta evidenza, le due diverse letture della norma possono portare a conclusioni diametralmente opposte a seconda dei casi (cioè rilevanza ai fini IRPEF o meno di un reddito diverso in caso di cessione a pronti prelievi di valute virtuali).

La base imponibile

Ragionando in termini di base imponibile, è innanzitutto opportuno distinguere tra una perdita del capitale investito (che può assumere rilevanza ai fini IRPEF) e ciò che può essere solamente considerato un mancato guadagno atteso dal contribuente (in quanto tale irrilevante ai fini IRPEF).

A livello normativo, i criteri per la determinazione del reddito (positivo o negativo) derivante da valute estere sono stabiliti dall' articolo 68, comma 6 e dall'articolo 68, comma 7, lett. c) del Tuir. Il primo stabilisce che il reddito di cui all'articolo 67, comma 1, lett. c-ter) è determinato come la "differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente […]"; il secondo che "per le valute estere prelevate da depositi e i conti correnti si assume come corrispettivo il valore normale della valuta alla data di effettuazione del prelievo".

Interpretando le predette norme nel caso delle valute virtuali, le relative perdite di valore assumerebbero rilevanza reddituale (come minusvalenze) solo se i precedenti incrementi di valore siano stati assoggettati a tassazione in capo al contribuente (con un conseguente incremento del costo fiscale): aderendo all'impostazione di cui alla risposta n. 788/2021, ciò potrebbe accadere, ad esempio, in occasione di operazioni crypto-to-crypto o in caso di "prelievi" da (custodian) wallet (come visto, in entrambi i casi assume rilevanza il valore normale delle valute virtuali ricevute o prelevate dall'investitore).

Per contro, in tutti gli altri casi in cui l'investitore non abbia ancora assoggettato a tassazione alcun incremento di valore (per scelta o per mancanza di un evento fiscalmente rilevante) la perdita di valore sarebbe irrilevante ai fini delle imposte sui redditi (trattandosi appunto di un mancato guadagno atteso rispetto all'investimento iniziale).

Il calcolo poi è ulteriormente complicato dal fatto che per l'articolo 67, comma 1-bis del Tuir, si applica il c.d. metodo LIFO (last-in-first-out) per cui si considerano cedute per prime le valute acquistate in data più recente. Tale metodo si scontra con quanto illustrato nel paragrafo "combining and splitting value" del "White Paper" relativo all'ideazione dei bitcoin, secondo cui una singola transazione in criptovalute può essere composta da "più input che raggruppano quantità più piccole" di valute virtuali con la conseguenza che i rendiconti annuali rilasciati dagli exchanger possono comprendere decine o centinaia di transazioni rappresentative del numero decisamente inferiore di scambi effettivamente disposti dal medesimo investitore.

La minusvalenza così determinata (seguendo l'impostazione dell'Agenzia) potrà essere compensata con eventuali redditi di natura finanziaria su valute virtuali o anche asset "tradizionali" (come azioni o obbligazioni) realizzate dallo stesso contribuente in regime di dichiarazione (cioè al di fuori del regime di risparmio amministrato o gestito), giusta l'assimilazione delle valute virtuali alle valute estere.

Come si legge infatti nella relazione illustrativa alla L. 662/1996 nel paragrafo dedicato al risparmio amministrato: "[…] la sola esclusione delle plusvalenze derivanti da utilizzo di valute estere mediante prelievo da deposito o conto corrente (contemplate nella lettera c-ter), [è] giustificata dalla particolare complessità e onerosità che inevitabilmente presenterebbe la procedura di applicazione dell'imposta da parte degli intermediari in tali ipotesi".

Fermo quanto precede, e considerata l'elevata volatilità delle valute virtuali confermata dagli eventi estremi in commento (come appunto il caso Terra/Luna), per gestire un fenomeno così complesso e mutevole come quello in commento sembrerebbe più efficiente attribuire rilevanza impositiva esclusivamente alla conversione di valute virtuali in valuta fiat (come proposto nel disegno di legge n. 2752 del 30 marzo 2022 rubricato "Disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi antiriciclaggio"). Tale soluzione, ad avviso di chi scrive, permetterebbe altresì di escludere la tassazione degli scambi tra criptovalute (c.d. "crypto-to-crypto", già emersa con la risposta della DRE Lombardia 956-39 del 2018) che, come descritto, esaspera le differenze tra valute fiat e virtuali ai fini delle imposte sui redditi.

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*A cura dell'Avv. ti Giorgio Vaselli , Matteo Giacomelli - Giovannelli e Associati

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