Penale

Mae: esclusa la partecipazione della persona offesa nel procedimento di esecuzione innanzi alla Corte d'appello

La norma enuncia tassativamente i soggetti legittimati a intervenire nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo

di Aldo Natalini

L'articolo 90 del Cpp, che consente alla persona offesa di depositare memorie in ogni stato e grado del procedimento, non si applica alla procedura di consegna esecutiva di un mandato di arresto europeo, non rientrando la persona offesa, a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 69/2005, tra i soggetti legittimati a parteciparvi. Invero, l'esecuzione del Mae si incentra sulla collaborazione, nella mutua fiducia, tra Stati membri, senza alcun spazio di interlocuzione per l'intervento di parti private diverse dalla persona richiesta in consegna e, segnatamente, per le persone offese.
Così la Sesta Sezione penale della Suprema Corte che, con la sentenza n. 47244/2021, depositata lo scorso 28 dicembre, ha rigettato il ricorso per cassazione presentato dal partito politico spagnolo "Vox" con cui aveva chiesto di intervenire, quale persona offesa, nella procedura passiva di consegna di Carles Puigdemont Casamajò incardinatasi presso la Corte di appello di Cagliari dopo il suo arresto, avvenuto in Alghero il 23 settembre 2021, in esecuzione del Mae emesso dal Tribunal Supremo di Spagna, per reati di sedizione e di malversazione commessi in relazione all'indizione, nell'anno 2017, del referendum per l'indipendenza della Catalogna.

La vicenda: l'esecuzione del Mae emesso a carico di Puigdemont
La Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, chiamata a decidere ai sensi della sulla procedura passiva di consegna all'Autorità giudiziaria spagnola dell'europarlamentare Carles Puigdemont, con ordinanza del 30 luglio 2021 aveva disposto la sospensione del procedimento differendone «la definizione fino all'irrevocabilità delle decisioni aventi ad oggetto l'immunità di cui all'articolo 9 del protocollo dell'Unione e fino alla pronuncia della Corte di Giustizia Ue in merito alla domanda pregiudiziale», presentata dal Tribunale Supremo di Spagna in seguito al rifiuto espresso dall'Ag belga di eseguire analogo Mae emesso nei confronti del deputato catalano Lluis Puig i Gordi, coimputato nel medesimo procedimento penale del Puigdemont. Ai sensi dell'articolo 267 TFUE è stato chiesto ai giudici unionali di accertare, tra l'altro, se la decisione quadro 2002/584 autorizzi l'autorità giudiziaria dell'esecuzione a rifiutare la consegna del ricercato mediante un Mae sulla base di motivi di rifiuto previsti dal suo diritto nazionale, ma che non sono specificati come tali in tale decisione quadro.
In via preliminare, la stessa Corte d'appello aveva rigettato, con separata ordinanza, l'istanza del partito politico spagnolo "Vox" che aveva chiesto di intervenire nel predetto procedimento esecutivo nella veste di persona offesa aderendo alla richiesta di consegna formulata dall'autorità giudiziaria spagnola: secondo i giudici sassaresi, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 69/2005 – ritenuta norma speciale rispetto alla previsione generale di cui all'articolo 90 del Cpp – gli unici soggetti legittimati a intervenire nella speciale procedura di consegna in esecuzione di un Mae sono il Procuratore generale, il difensore, la persona richiesta in consegna e, se presente, il rappresentante dello Stato richiedente.
Contro l'estromissione dal procedimento e la successiva decisione della Corte di appello di sospendere la consegna del Puigdemont ha proposto ricorso per cassazione il difensore del partito spagnolo Vox, che ha chiesto alla Corte di Cassazione di annullare entrambe le ordinanze pronunciate dalla Corte di appello sarda e di ordinare alla stessa di decidere sulla richiesta di consegna del Puigdemont formulata dal Tribunal Supremo di Spagna.

Il ricorso per cassazione
Il partito politico Vox – ha argomentato la difesa nel ricorso di legittimità – nel procedimento penale pendente nei confronti del Puigdemont innanzi al Tribunal Supremo di Spagna era costituito come parte offesa e ricopriva la qualità di "Acusador Popular", secondo quanto previsto dall'articolo 101 della Ley Enjuiciamiento Criminal, dunque, nel processo era titolare dell'azione penale, esercita unitamente all'accusa pubblica rappresentata dal Ministerio Fiscal.
Ad avviso del partito ricorrente, sarebbe errato l'argomento posto a fondamento della propria estromissione secondo il quale le disposizioni di cui alla legge 69/2005, essendo norme speciali, derogherebbero alla previsione generale dell'articolo 90 del Cpp, che consente alla persona offesa di depositare memorie in ogni stato e grado del procedimento (termine, peraltro, più ampio del lemma «giudizio», donde l'estesa facoltà di intervento ed ausilio sin dall'inizio del procedimento penale e fino alla sua conclusione, cioè al termine di espiazione dell'eventuale pena).
Invero per la difesa del partito spagnolo gli articoli 17, comma 1, della legge 69/2005, in materia di mandato di arresto europeo, e 703 del Cpp, in materia estradizionale, non escluderebbero espressamente il diritto della persona offesa a presentare memorie nel procedimento relativo all'esecuzione del Mae, senza contare che la tutela dei diritti e degli interessi della persona offesa è espressione, «inviolabile in ogni stato e grado del procedimento», del diritto di difesa sancito:
-a livello costituzionale, dagli articoli 24 e 111 della Costituzione, il quale ultimo garantisce lo svolgimento di «due process of law», nel quale tutte le parti possano rappresentare la propria posizione;
-a livello sovranazionale, dagli articoli 47, paragrafo 1, della Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione europea e 6, § 1, della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che protegge e garantisce il «right to the court» della persona offesa del reato, come affermato, da ultimo, dalla Corte EDU nella sentenza del 18 marzo 2021, sul caso Petrella c. Italia.

Il dictum: inapplicabile l'articolo 90 del Cpp al procedimento Mae
L'inedito principio di diritto enunciato dalla Cassazione con la sentenza in commento – laddove esclude l'applicabilità dell'articolo 90 del Cpp alla procedura di consegna esecutiva di un mandato di arresto europeo – avalla l'estromissione della persona offesa decisa dalla Corte di appello sarda proprio nel rilievo che la disciplina interna in materia di Mae (attuativa della decisione quadro 2002/504) non contempli – legittimamente – tale possibilità.
Invero secondo i Supremi giudici, l'articolo 17, comma 1, della legge 69/2005, mutuando l'archetipo delineato per il procedimento estradizionale dall'articolo 702 del Cpp, disciplina specificamente i soggetti legittimati e prevede che, salvo i casi di consenso dell'interessato all'esecuzione del Mae, la corte di appello decide con sentenza in camera di consiglio sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna, sentiti il procuratore generale, il difensore, e, se compare, la persona richiesta in consegna, nonché, se presente, il rappresentante dello Stato richiedente.
Tale previsione, dunque, enuncia tassativamente i soggetti legittimati a intervenire nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo innanzi all'autorità giudiziaria e non contempla la persona offesa.
Nessuno spazio è, dunque, previsto nella disciplina interna, né tanto meno nella decisione quadro 2002/584 per l'intervento di parti diverse da quelle espressamente contemplate e, segnatamente, di parti private diverse dalla persona richiesta in consegna.
Secondo gli "ermellini" di Piazza Cavour non può, d'altra parte, consentirsi l'intervento della parte lesa nel procedimento di esecuzione del Mae invocando la previsione generale dell'articolo 90 del Cpp, che consente alla stessa il deposito di memorie in ogni stato e grado del giudizio. L'articolo 39, comma 1, della legge 69/2005 sancisce, infatti, che «Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili». Tale previsione qualifica il sistema delineato dalla legge italiana di attuazione della decisione quadro come "aperto" e, dunque, preordinato a recepire la disciplina del codice di procedura speciale e delle leggi complementari. Senonché l'operatività della clausola di rinvio alla disciplina processuale comune postula sul piano logico, una lacuna nella legge 69/2005 e che la disposizione di cui si invoca l'applicazione sia compatibile con gli scopi della disciplina e la natura del procedimento in materia mandato di arresto europeo.
Nel caso di specie, tuttavia, per la Corte regolatrice l'elencazione tassativa dei soggetti ammessi a contraddire in ordine all'esecuzione del Mae innanzi all'autorità giudiziaria italiana operata dall'articolo 17, comma 1, della legge 69/2005 esclude in radice la ricorrenza di una lacuna della legge.
La natura stessa del procedimento di verifica delle condizioni per l'esecuzione della consegna all'autorità giudiziaria estera del soggetto richiesto è, del resto, incompatibile con l'applicazione della norma generale di cui all'articolo 90 del Cpp, in quanto l'esecuzione del mandato di arresto europeo si incentrata sulla collaborazione, nella mutua fiducia, tra Stati membri, senza alcun spazio di interlocuzione per le persone offese. Ciò in aderenza all'articolo 702 del Cpp che, in tema di estradizione, costituisce il modello cui il legislatore ha fatto esplicitamente riferimento nell'introdurre l'articolo 17, comma 1, della legge 69/2005, a riprova che nell'ambito dei procedimenti di collaborazione internazionale giudiziaria non vi sia spazio alcuno per l'intervento delle parti private diverse dal soggetto richiesto in consegna.
Quanto, poi, agli invocati parametri costituzionali e sovranazionali, secondo la Cassazione sono stati «genericamente richiamati da parte ricorrente» e non sono utilmente invocabili per fondare l'intervento della parte lesa nella procedura passiva di consegna in esecuzione di un Mae.
La giurisprudenza europea ha, infatti, affrontato il tema delle prerogative spettati alla vittima, ma esclusivamente nel criminal proceeding e, dunque, nel processo penale di merito. Tali principi non paiono, dunque, estensibili a un procedimento, quale quello di esecuzione del Mae che – ricordano i Supremi giudici – è volto a verificare la sussistenza delle condizioni per poter procedere alla consegna al fine di consentire l'inizio del procedimento penale nello Stato membro o all'esecuzione della sentenza emessa in tale Stato e, dunque, non contempla alcuna interlocuzione sul merito dell'accusa nello stesso elevata.
Lo statuto europeo della vittima del reato (delineato, in particolare, dalla direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/Gai) è, peraltro, inapplicabile nel caso di specie, indipendentemente dalla sua trasponibilità nella disciplina del mandato di arresto europeo.
Come chiarito, infatti, dalla definizione di vittima enunciata di cui all'articolo 2, par. 1, lettera a), della citata direttiva, in tale categoria non rientrano le persone giuridiche (Corte di giustizia, 21 ottobre 2010, C-205/98, Eredies e Sapi; Corte di giustizia, 28 giugno 2007, C-467/05, Dell'Orto), bensì solo la «persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono stati causati direttamente da un reato».
È altresì inconferente per la Suprema corte il richiamo operato dal ricorrente alla sentenza emessa dalla Corte Edu nel caso Petrella contro Italia (CEDU, 18 marzo 2021, Petrella c. Italia), in quanto in questa pronuncia si riconosce in capo alla vittima la titolarità del diritto alla ragionevole durata del procedimento sin dalla fase investigativa, a nulla rilevando la mancata assunzione dello status di parte ai sensi del diritto nazionale, ma non certo il diritto ad intervenire nelle -procedure passive di consegna.
Da ultimo, per la Cassazione il partito spagnolo ricorrente non ha compiutamente dimostrato di poter essere qualificato parte lesa ai sensi dell'ordinamento italiano e, dunque, di essere titolare del bene giuridico leso dai reati contestati al Puigdemont. L'acusador popular nel sistema delineato dalla disciplina processuale penale spagnola è, peraltro, l'accusa privata promossa uti cives e non già dalla parte lesa, in quanto altrimenti ricorrerebbe la diversa figura dell'acusador particular.

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