Civile

Imprese energivore, il Consiglio di Stato può intervenire sul perimetro dell'Arera

Lo hanno chiarito le S.U. civili della Cassazione con l'ordinanza n. 32621 deposita oggi

di Francesco Machina Grifeo

Nessuno sconfinamento da parte del Consiglio di Stato nelle prerogative riservate ad Arera (l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) nell'accogliere (nel 2019) il ricorso di Rete Ferroviaria Italiana relativamente all'esclusione dalle agevolazioni tariffarie previste per le aziende energivore in quanto impresa "non manifatturiera". Lo hanno chiarito le S.U. civili della Cassazione, con l'ordinanza n. 32621 deposita oggi. I giudici di Palazzo Spada nell'annullare la delibera Arera n. 641/2013/R/com e gli atti presupposti, tra i quali quelli adottati dal Mise, avevano affermato che la limitazione ai servizi manifatturieri non fosse idonea a ricomprendere le imprese di servizi, come quelle ferroviarie, che sono caratterizzate da "un'incomprimibilità dei costi dell'energia" e, quindi, come tali sono anch'esse meritevoli di essere incluse tra le imprese cosiddette energivore, destinatarie di agevolazione.

In particolare, Rete ferroviaria italiana lamentava di essere gravata, in modo illogico, non solo dagli oneri connessi alla nuova componente tariffaria Ae, finalizzata alla copertura delle nuove agevolazioni relative agli oneri generali del sistema elettrico in favore delle cosiddetta "imprese energivore", ma anche da quelli relativi a tutte le altre componenti tariffarie A, per i consumi mensili eccedenti i 12 GWh/mese.

Per Arera il giudice amministrativo si è sostituito all'Amministrazione, a cui la legge ha riconosciuto discrezionalità nel delimitare il riconoscimento delle agevolazioni. Palazzo Spada infatti non avrebbe giudicato della legittimità degli atti impugnati, ma ne avrebbe esso stesso valutato, in maniera inammissibile, l'opportunità, così da creare un nuovo criterio, quello dell'incomprimibilità del costo di energia, per l'accesso al regime delle agevolazioni, non previsto, né definito, dagli atti d'indirizzo ministeriali.

Un ragionamento bocciato dalla Suprema corte secondo cui il riferimento al criterio della "incomprimibilità dei costi", lungi dall'introdurre un criterio nuovo, diverso da quelli posti dalla normativa esaminata, ha rappresentato, nella decisione impugnata, il criterio in base al quale operare la valutazione, spettante al Cds, circa la coerenza e logicità della scelta, possibile, ma non obbligata di legare la definizione di "impresa energivora" allo specifico settore delle imprese manifatturiere, in cui vengono escluse dai benefici in esame le imprese ferroviarie» per le quali, «pur svolgenti attività non manifatturiera ma di servizio, l'energia non costituisce un costo comprimibile, costituendo anzi l'unico elemento propulsivo dei treni».

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