Civile

Esecuzione forzata, non è inesistente ma affetto da invalidità il decreto di trasferimento che indica un bene diverso da quello pignorato

Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza n. 17811/2021

di Mario Finocchiaro

«In materia di esecuzione forzata, il decreto di trasferimento di cui all'art. 586
Cpc, ancorché abbia avuto ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da
quello pignorato, non è inesistente, ma solo affetto da invalidità, da far valere
con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all'art. 617
Cpc e ciò anche nell'ipotesi in cui risulti controversa l'identificazione del bene
oggetto del decreto con riferimento alla sua estensione». Questo il primo principio enunciato in motivazione, ai sensi dell'articolo 384 Cpc dalla sentenza della II sezione 17811/2021.
E la sentenza è stata l'occasione per pronunciare anche un secondo principio di diitto: «i beni trasferiti a conclusione di un'espropriazione immobiliare sono quelli di
cui alle indicazioni del decreto di trasferimento emesso ex art. 586 Cpc, cui
vanno aggiunti quei beni ai quali gli effetti del pignoramento si estendono
automaticamente, ai sensi dell'art. 2912 Cc, come accessori, pertinenze,
frutti, miglioramenti ed addizioni, e quei beni che, pur non espressamente
menzionati nel predetto decreto, siano uniti fisicamente alla cosa principale, sì
da costituirne parte integrante, come le accessioni propriamente dette, donde
il trasferimento di un terreno all'esito di procedura esecutiva comporta, in
difetto di espressa previsione contraria, il trasferimento del fabbricato
insistente su di esso».

I precedenti sul primo principio
Sulla prima massima, pressoché in termini, Cassazione, ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25687, che ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sottoposti a pignoramento non soltanto la nuda proprietà degli immobili, ma anche l'usufrutto vantato sul bene pignorato da una parte alla quale l'atto era stato notificato, ritenendo che ogni questione relativa al dedotto vizio relativo alla mancata indicazione nell'atto di pignoramento di tale diritto, fosse ormai preclusa non essendo stata fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi, nonché Cassazione, sentenza 13 marzo 2014, n. 5796, in Rivista esecuzione forzata, 2015, p. 276, ove il rilievo che, comunque, rimane ferma la possibilità per i terzi che siano stati lesi da tale errore nella loro sfera giuridica, di avvalersi, nel rispetto delle regole previste dall'art. 2929 Cc a tutela dell'acquirente o assegnatario, dei rimedi, diversi dall'opposizione agli atti esecutivi, endoesecutivi o esterni al processo esecutivo loro riservati. (In quest'ultimo senso, altresì, Cassazione, sentenza 2 marzo 2015, n. 4164, in Lanuovaproceduracivile,.com, 2015).
Sempre in argomento si è ritenuto:
- in tema di processo esecutivo, ogni questione relativa alla validità ed efficacia dell'aggiudicazione e della vendita forzata deve essere fatta valere, tanto dalle parti della procedura quanto dall'aggiudicatario, nell'ambito del processo stesso e attraverso i rimedi impugnatori ad esso connaturali (e, quindi, principalmente, mediante l'opposizione agli atti esecutivi), non essendo ammissibile un'autonoma azione di ripetizione, anche solo parziale, del prezzo di aggiudicazione nei confronti dei creditori che hanno partecipato al riparto o del debitore al quale sia stato attribuito l'eventuale residuo, Cassazione, ordinanza 20 ottobre 2020, n. 22854, che ha statuito che il principio, di portata generale, trova applicazione pure nel caso di discrepanza tra la superficie reale dell'immobile venduto e quella indicata nella relazione di stima posta a base della vendita coattiva, senza che tale ipotesi possa essere assimilata a quella di evizione, anche soltanto parziale, la quale consente all'acquirente della cosa espropriata di ripetere il prezzo da ciascun creditore;
- in materia di esecuzione forzata, tutte le questioni che possono dar luogo ad invalidità della vendita per erronea indicazione di taluni dati catastali relativi ai beni sottoposti ad esecuzione, devono essere fatte tempestivamente valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 Cpc nei confronti dell'ordinanza di vendita, mentre è da qualificarsi tardiva l'opposizione avverso il decreto di trasferimento, atteso che il debitore esecutato, nel ricevere la notifica di tutti gli atti relativi alla procedura, ha l'onere di rilevare immediatamente l'erronea indicazione dei dati catastali e chiederne la rettifica, Cassazione, sentenza 16 maggio 2008, n. 12430.
Per utili riferimenti, cfr.:
- nel senso che il decreto di trasferimento ex art. 586 Cpc è atto esecutivo della procedura di espropriazione ma costituisce anche titolo esecutivo per il rilascio, sicché le censure riguardanti non il «modo» in cui si è svolta l'espropriazione (e, quindi, l'idoneità del decreto a determinare il trasferimento in favore dell'aggiudicatario), bensì l'efficacia del decreto come titolo per l'esecuzione ex art. 2930 Cc, costituiscono materia di opposizione a tale (diversa) esecuzione per rilascio, ove si discuta se il decreto di trasferimento abbia i requisiti per valere come provvedimento di questo tipo, ovvero se non sia giuridicamente inesistente, oppure se è proprio l'immobile di cui si chiede il rilascio ad essere stato trasferito con il decreto, Cassazione, sentenza 17 giugno 2016, n. 12523;
- per il rilievo che nel processo esecutivo per espropriazione forzata immobiliare, la ordinanza di aggiudicazione, resa in esito alla vendita con incanto, non determina il trasferimento del diritto di proprietà sul bene pignorato in favore dell'aggiudicatario, redendosi a tal fine necessaria l'emissione del decreto contemplato dall'art. 586 Cpc; pertanto, quando tale decreto manchi, ovvero sia affetto da vizi che non ne comportino soltanto nullità (deducibile con opposizione agli atti esecutivi), bensì giuridica inesistenza, come nel caso di difetto della sottoscrizione del giudice (requisito essenziale, il quale non può trovare equipollente nella firma del cancelliere), deve riconoscersi al debitore, tuttora proprietario dell'immobile, la facoltà di proporre domanda di rivendicazione nei confronti dell'aggiudicatario che di quel bene ha il possesso senza titolo; questo principio non resta escluso dal fatto che il processo esecutivo sia ancora in corso, ancorché in stato di quiescenza, trattandosi di circostanza che non interferisce sulla legittimazione del debitore alla suddetta rivendicazione, e che può spiegare rilievo solo al diverso fine di un'eventuale riattivazione del processo stesso su iniziativa dell'aggiudicatario (ove ancora consentita), per ottenere un provvedimento ex art. 586 Cpc che produca a suo favore il trasferimento del bene, Cassazione, sentenza 10 febbraio 1987, n. 7522.

I precedenti sul secondo principio
Sulla seconda massima, nello stesso senso, Cassazione, ordinanza 28 giugno 2017, n. 17041, secondo la quale - pertanto - il trasferimento di un terreno all'esito di procedura esecutiva comporta, in difetto di espressa previsione contraria, il trasferimento del fabbricato insistente su di esso, ancorché abusivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda di convalida di sfratto, risoluzione del contratto di locazione, rilascio dell'immobile e pagamento dei canoni, proposta dall'esecutato nei confronti dell'avente causa dell'aggiudicatario del terreno in forza di procedura esecutiva, in quanto l'acquisto del terreno aveva comportato, per accessione, anche il trasferimento del capannone abusivo non sanabile su di esso costruito, non rilevando l'omessa menzione dell'immobile tanto nel bando di vendita quanto nel decreto di trasferimento del terreno).
Sempre nello stesso ordine di idee, si è precisato:
- il prezzo di un fondo oggetto di vendita forzata include il valore di quanto è esistente sul bene medesimo e, dunque, anche quello delle opere su di esso realizzate (nella specie, un frutteto), con l'ulteriore conseguenza che l'aggiudicatario non è tenuto al pagamento dell'indennizzo di cui all'art. 936 Cc, Cassazione, sentenza 14 dicembre 2011, n. 26841;
- la identificazione del bene pignorato in base agli elementi obiettivi contenuti negli atti della procedura espropriativa non esclude l'applicabilità dell'art. 2912 Cc, in base al quale il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze ed i frutti della cosa pignorata qualora la descrizione del bene stesso non contenga elementi tali da far ritenere che in sede di vendita si sia inteso escludere la suddetta estensione. Pertanto, anche il terreno latistante o circondante un edificio pignorato può, in concrete circostanze, essere considerato unica cosa con il bene pignorato, e quindi soggetto allo stesso pignoramento, ancorché non esplicitamente indicato, al pari delle costruzioni che siano in rapporto di accessorietà o pertinenziale con il bene principale sottoposto all'esecuzione, Cassazione, sentenza 28 aprile 1993, n. 5002, in Riv. giur. edilizia, 1993, I, 2, p. 1056;
- in materia di esecuzione forzata, i motivi di invalidazione della vendita forzata a causa del mancato rispetto di norme del processo di espropriazione devono essere fatti valere come opposizione agli atti esecutivi nell'ambito di quel processo; in mancanza, non possono essere utilizzati per sostenere un'opposizione all'esecuzione per rilascio intrapresa sulla base del titolo esecutivo formatosi a conclusione dell'espropriazione, giacché solo i vizi che determinano una nullità non sanabile possono esser azionati in ogni tempo, mentre tutti gli altri vizi di nullità di un provvedimento giurisdizionale vanno fatti valere secondo lo specifico mezzo di impugnazione previsto dalla legge, come si desume dal disposto dell'articolo161 Cpc. Pertanto, qualora nell'ordinanza di vendita di un terreno non si faccia menzione di una costruzione abusiva insistente su di esso, è ammissibile la proposizione, nei termini di legge, di un'opposizione agli atti esecutivi, ma non, in prosieguo, la contestazione del diritto dell'aggiudicatario a procedere ad esecuzione forzata, atteso che il pignoramento di un terreno successivamente contemplato nel decreto di trasferimento si estende, in difetto di espressa previsione contraria, al fabbricato che insiste sul terreno medesimo, Cassazione, 20 aprile 2004, n. 7922, in Giurisprudenza italiana, 2005, p. 94;
- il frazionamento dell'immobile soggetto ad espropriazione forzata, in contrasto con la disciplina urbanistica, può essere fatto valere dal debitore esecutato soltanto a condizione che della mancanza delle prescritte autorizzazioni non si sia dato atto nel bando di vendita (giacché in tal caso non si applicherebbe l'esonero dalla garanzia per i vizi di cui all'art. 2922, comma 2, Cc) e che il vizio sia stato fatto valere non oltre la formazione dei lotti, superata la quale il debitore esecutato non ha più titolo per far valere il suddetto vizio, né con le opposizioni esecutive, né con l'azione generale di nullità, Cassazione, sentenza 11 ottobre 2013, n. 23140;
- ai sensi dell'art. 2912 Cc, il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata, cosicché la pertinenza deve ritenersi compresa nell'atto di pignoramento anche in assenza di una sua specifica menzione; l'identificazione dei beni trasferiti a conclusione di un'espropriazione immobiliare deve essere compiuta in base alle indicazioni del decreto di trasferimento di cui all'art. 586 Cpc, cui vanno aggiunti quei beni ai quali gli effetti del pignoramento si estendono automaticamente, ai sensi dell'art. 2912 Cc, come accessori, pertinenze, frutti ed anche i miglioramenti o le addizioni, ancorché non espressamente menzionati nel predetto decreto, qualora la descrizione del bene stesso non contenga elementi tali da far ritenere che in sede di vendita si sia inteso escludere la suddetta estensione, Cassazione, 26 settembre 2017, n. 22353, in lanuovaproceduracivile,com, 2018 .

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