Appalti, con l’inosservanza degli obblighi informativi sì alla dilazione del termine per ricorrere avverso l’aggiudicazione
Il Tar Veneto (Sez. I, sentenza n. 768/2025 del 20 maggio 2025), ha ritenuto tempestivo un ricorso presentato a distanza di oltre due mesi dalla aggiudicazione; il ricorrente aveva dovuto presentare istanza di accesso per avere contezza dei motivi di illegittimità
Su queste pagine si erano analizzate le disposizioni di cui agli articoli 35 e 36 del nuovo codice dei contratti pubblici, quale approvato con il d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, in tema di diritto di accesso e di comunicazioni da rendersi d’ufficio ai partecipanti alle procedure di gara.
In particolare, il focus della analisi muoveva:
- dalla previsione (cfr. l’art. 36, comma 1) secondo la quale, contestualmente alla comunicazione digitale della aggiudicazione di cui all’art. 90 del codice, a tutti i concorrenti ammessi e non esclusi in via definitiva deve essere resa disponibile immediatamente, tramite piattaforma telematica, sia l’offerta dell’aggiudicatario che i verbali di gara, e così pure ogni atto o dato che costituisca il presupposto della aggiudicazione, con obbligo altresì di inviare le reciproche offerte agli operatori graduati nelle cinque posizioni;
- dalla ulteriore previsione secondo la quale, in sede di offerta, i concorrenti possono opporsi all’accesso o ad altra forma di divulgazione della propria offerta, chiedendo l’oscuramento di quanto riconducibile a “segreti tecnici commerciali” (cfr. l’art. 35, comma 4, lett. a);
- nonché della norma per la quale le decisioni assunte dall’ente rispetto alle richieste di oscuramento sono impugnabili mediante ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione di aggiudicazione (cfr. art. 36, comma 4);
per illustrare come l’orientamento giurisprudenziale si stesse consolidando nel ritenere superato l’ordinario regime sia processuale che sostanziale della l. 241/1990, e la ineludibilità del ricorso nel breve termine di dieci giorni per visionare i dati oscurati, quantomeno nel caso in cui la stazione appaltante avesse già reso disponibile la documentazione tramite piattaforma.
Le predette norme sollevano al contempo una ancor più rilevante problematica in relazione al termine per ricorrere contro l’aggiudicazione, e, in particolare, al suo atteggiarsi nel caso in cui la stazione appaltante non abbia pubblicato sulla piattaforma elementi da cui emergono i vizi di legittimità della procedura.
Tre le possibili opzioni:
a) ritenere che, anche per via di quanto previsto dall’art. 120, comma 2, c.p.a. (“Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 90 del codice dei contratti pubblici …”), il ricorso deve essere comunque sempre presentato nei trenta giorni dalla comunicazione di aggiudicazione;
b) assumere, all’opposto, che solo con la conoscenza degli elementi da cui emerge la illegittimità dell’aggiudicazione può decorrere il termine per ricorrere, con la conseguenza che l’operatore che presenti istanza di accesso per acquisire i documenti che l’ente non abbia reso disponibili d’ufficio, potrà agire nel termine di trenta giorni dalla data di rilascio dei documenti;
c) ipotizzare la sopravvenienza anche del noto orientamento giurisprudenziale (cfr. la Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12 del 2 luglio 2020) che, in costanza del precedente codice dei contratti (di cui al d.lgs. 50/2016), riteneva che la presentazione di istanza di accesso potesse dilazionare la decorrenza del termine solo se la stessa era effettuata entro quindici giorni dalla comunicazione di aggiudicazione.
Con la sentenza Sez. I, n. 768/2025 del 20 maggio 2025, il Tar Veneto ha optato per la soluzione più garantista rispetto ai potenziali ricorrenti (vedi lett. b).
Premesso che nella fattispecie concreta il ricorso era stata presentato a distanza di oltre due mesi dalla comunicazione di aggiudicazione, avendo il ricorrente presentato dapprima istanza di accesso (dopo 29 giorni da tale comunicazione), e poi notificato il gravame a distanza di 23 giorni dal rilascio dei documenti, il Tar ha sviluppato il seguente ragionamento:
- deve escludersi l’applicabilità dell’orientamento di cui alla lett. c), in quanto basato su specifica pregressa norma (l’art. 76, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016), che non è stata replicata all’interno del nuovo codice degli appalti, inoltre non vi è norma che imponga la presentazione della istanza di accesso entro un determinato termine;
- l’unico riferimento normativo rinvenibile nel sistema è rappresento dall’art. 120, comma 2, c.p.a., relativo al termine per l’impugnazione degli atti di gara; tale termine, “se ritenutoapplicabile per analogia alla presentazione dell’istanza di accesso”, risulterebbe comunque rispettato in quello specifico caso;
- la presentazione di un’istanza di accesso che sia volta a superare l’inosservanza degli obblighi informativi della stazione appaltante comporta autonomi effetti dilatori atipici, non temperati dal nuovo codice dei contratti pubblici;
- deve quindi ritenersi tempestivamente proposto il ricorso che sia stato notificato entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, allorché la stessa sia stata conseguita – appunto – solo a seguito di apposta istanza ostensiva dalla stessa presentata.
Se, da un lato il passaggio relativo alla applicazione analogica del termine di cui all’art. 120 non pare forse del tutto perspicuo, va da un lato osservato che tale norma prevede una decorrenza alternativa, riferita “al momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell’articolo 36, commi 1 e 2, del medesimo codice”.
Se è vero che il richiamo riguarda la diversa fattispecie della automatica messa a disposizione dei documenti da parte dell’ente, se ne trae comunque la logica di ancorare il termine di ricorso alla effettiva conoscenza dei documenti che ne consentono la presentazione.
Dall’altro lato, la soluzione prescelta ben s’inquadra nell’obbiettivo di evitare che l’operatore debba presentare i cd ricorsi “al buio”, come espresso anche dal giudice eurounitario (cfr. Corte di Giustizia, Sez. IV 14 febbraio 2019, causa C.-54/18).
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*A cura dell’Avv. Fabio Andrea Bifulco, Brescia Miccoli ed Associati