Lavoro

Patto di non concorrenza, nullità distinte per indeterminatezza o incongruità del compenso

La Cassazione con due distinte sentenze accoglie i rilievi di una banca contro le decisioni di merito che avevano sovrapposto le vicende del rapporto di lavoro alla validità del Pnc che invece vanno tenute distinte

di Paola Rossi

La sezione Lavoro della Corte di cassazione - con le sentenze n. 9256 e n. 9258 del 2025 - ha chiarito che l’accertamento della nullità genetica e/o testuale del patto di non concorrenza stipulato tra lavoratore e datore va tenuto distinto dall’esame sull’incongruità del corrispettivo, che costituiscono due cause distinte di nullità del patto. E che l’eventuale incongruità non può essere dichiarata in via astratta, ma solo a valle di una completa analisi di tutte le circostanze del caso concreto. E, soprattutto, viene ribadito che i vizi del patto non possono discendere dalle vicende del rapporto di lavoro trattandosi di due atti negoziali che sono correlati ma non connessi. La Cassazione chiarisce che il giudice deve considerarli pienamente autonomi uno dall’altro, anche quando stipulati contestualmente.

Congruità del compenso
Infatti, il corrispettivo pattuito nel Pnc ricompensa il lavoratore a fronte del puntuale adempimento della specifica obbligazione di “non facere”, cioè di non offrire la propria prestazione a favore di altri datori di lavoro per un determinato tempo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, dalle cui vicende tale obbligazione mantiene piena autonomia. Al punto che non va data rilevanza - per stabilire se il compenso sia incongruo/irrisorio - alla circostanza che esso venga erogato in costanza di rapporto di lavoro oppure al termine o dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Al fine di valutare la validità dei rispettivi obblighi previsti nel patto al momento della sua sottoscrizione, la congruità va valutata ex ante, ossia - dice espressamente la Suprema Corte - “alla luce del tenore delle clausole e non per quanto poi in concreto possa accadere”.

Determinatezza del compenso

Per la validità del patto di non concorrenza rispetto al compenso dovuto al lavoratore la legge richiede che in esso rispetti in sé i requisiti di determinatezza (o almeno di determinabilità) dell’oggetto del contratto come previsto dall’articolo 1346 del Codice civile. La valutazione va effettuata anch’essa in via autonoma rispetto al rapporto di lavoro, cioè dalla retribuzione che è elemento distinto dal Patto di non concorrenza.

Esame conclusivo
Una volta accertato che l compenso del Pnc sia determinato o almeno determinabile, il giudice deve verificare in base all’articolo 2125 del Codice civile che il quantum pattuito non sia “meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall’utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato, conseguendo comunque la nullità dell’intero patto all’eventuale sproporzione economica del regolamento negoziale”. I due possibili vizi del compenso pattuito sono da esaminare singolarmente.

In entrambe le decisioni assunte dalla Corte di cassazione vi era la lamentela di una banca per la contestata violazione del patto di non concorrenza da parte di due distinti private banker che avevano fornito prestazioni a una diversa entità bancaria per cui la ricorrente principale chiedeva la restituzione dei compensi erogati - anche in pendenza del rapporto di lavoro - ai due soggetti poi dimissionari.

Viene accolto con annullamento con rinvio il motivo di ricorso con cui la banca contestava l’affermazione dei giudici di merito secondo cui il patto di non concorrenza, per assicurare la congruità del compenso, avrebbe dovuto prevedere espressamente una specifica clausola sul cosiddetto minimo garantito che prevedesse il diritto del dipendente all’intero corrispettivo anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro in data antecedente la scadenza del patto. Mentre secondo la banca ricorrente tale interpretazione violava il principio giurisprudenziale dell’autonomia del patto di non concorrenza rispetto alle vicende del rapporto di lavoro e che non vi sarebbe alcun obbligo di prevedere espressamente il diritto del lavoratore all’intero corrispettivo “anche in caso di anticipata estinzione del rapporto”, dato che l’obbligazione di pagamento del compenso del patto da parte del datore di lavoro sussiste fino alla scadenza fissata per esso anche senza specifica clausola. Stessa autonomia tra i due negozi giudridici va affermata in relazione alla previsione del Pnc sull’erogabilità del compenso anche in costanza del rapporto di lavoro.

Si tratta quindi di circostanze irrilevanti al fine di affermare la nullità del patto di non concorrenza o del suo mancato adempimento con le conseguenze del caso.

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