Lavoro

I promotori finanziari sono agenti di commercio e - come tali - tenuti all’assicurazione integrativa ENASARCO?

L’interpretazione estensiva della Magistratura Romana (Corte d’Appello Sez. Lav. 2.3.2023), inquadrante i promotori finanziari nella categoria degli agenti di commercio, si porrebbe in contrasto con la riserva di legge ex art. 23 Cost.

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di Bonaventura Minutolo*

La risposta positiva della Magistratura Romana (per tutte: Corte d’Appello Sez. Lav. 2.3.2023, confermativa della decisione del Tribunale Sez. lav. n. 2666/2020) non è del tutto convincente.

La richiamata giurisprudenza, invero, ha ritenuto sussistere l’obbligo contributivo, recependo una lata definizione di agente di commercio. A nostro avviso la questione non può ritenersi pacifica, pur nella lata accezione di cui all’art. 2 L. 3.5.1985 n. 204 secondo cui: “L’attività di agente di commercio si intende esercitata da chiunque venga stabilmente incaricato da una o più imprese di promuovere la conclusione di contratti in una o più zone”.

Si consideri, a tale riguardo, che la legge istituiva un ruolo per gli agenti e rappresentanti di commercio, al quale dovevano iscriversi coloro che svolgevano e intendevano svolgere l’attività di agente o rappresentante di commercio in possesso di determinati requisiti, che riguardavano il profilo morale ed un’esperienza biennale nella vendita (generica, quindi, niente affatto specifica).

La Cassazione, con la recente sentenza 6.2.2025 n. 2959 – in tema di interpretazione della legge ex art. 12 prel. ha enunciato il seguente principio: “In tema di interpretazione congiunta di atti normativi e di atti statutari, il giudice deve procedere dapprima ad un’analisi del singolo atto, secondo un procedimento intellettivo di tipo analitico – atomistico – volto alla corretta individuazione del suo intimo significato e poi ad un’interpretazione di tipo olistico, e cioè fondata sul complessivo esame, connesso e congiunto sul piano logico e giuridico di tutti gli atti sottoposti al suo giudizio onde pervenire ad una soluzione coerente con il portato finale di tale procedimento interpretativo”.

Tanto premesso, viene in rilievo l’art. 35 della legge 28.12.2015 n. 208 – relativo all’intermediazione finanziaria, la quale statuiva che per esercitare siffatta professione, occorreva iscriversi all’apposito albo (i requisiti richiesti prevedevano: agenti di cambio, negoziatori abilitati (art. 7 comma 2 L. n. 1 del 1991), funzionario di banca o di impresa di investimento che avessero svolto per almeno un triennio uno dei servizi di cui all’art. 1 comma 5 del decreto L. 58/1918; funzionari di banca addetti alla commercializzazione di prodotti finanziari della Banca).

Come si vede, netta è la distinzione tra l’agente di commercio e i promotori finanziari, tant’è vero che la Cassazione (per tutte: 20.03.2023 n. 7932) ha ritenuto che nell’attività di collocamento dei prodotti finanziari fuori sede (cfr. sent. 22.5.2020) affidata dall’impresa ai promotori finanziari, l’informativa prevista dalla legge non può consistere nella mera consegna dei documenti contenenti, appunto, le note informative, ma deve illustrare le caratteristiche del prodotto finanziario, nonché i rischi economici patrimoniali cui viene esposto il contraente.

In altre parole, il promotore finanziario diventa, in primo luogo, un consulente finanziario specializzato, in linea con il suo precursore cioè l’agente di cambio.

E’ opportuno al riguardo sottolineare che l’art. 35 Legge 28.12.2015 n. 208 chiedeva per l’iscrizione all’albo nazionale dei promotori finanziari i seguenti requisiti di professionalità: agenti di cambio, negoziatori abilitati (art. 7 comma 2 legge n. 1 del 1991), funzionari di Banca o di impresa di investimento, che abbiano svolto per almeno un triennio uno dei servizi di investimento previsti dall’art. 1 comma 5 del decreto L. 58/1998; funzionari di Banca addetti alla commercializzazione dei prodotti finanziari della Banca; responsabili del controllo interno.

In tale quadro si pone il ragionevole dubbio che l’equiparazione del promotore finanziario all’agente di commercio (ex art. 1742 c.c.), anche se solo ai fini contributivi, contrasta, indiscutibilmente, con il principio, consolidato, secondo cui non è possibile tale operazione perché contrasta con la riserva di legge (Cass. sent. n. 4294/2016) di cui all’art. 23 Cost., secondo cui non possono introdursi oneri contributivi in assenza di una specifica disposizione di legge.

Ne consegue che l’interpretazione estensiva della Magistratura Romana, inquadrante i promotori finanziari nella genetica categoria degli agenti di commercio, si porrebbe in contrasto con la riserva di legge posta dalla richiamata norma costituzionale.

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*Bonaventura Minutolo, Trifirò & Partners - Avvocati

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