Reato europeo: le nuove responsabilità per le imprese e i modelli di Trade Compliance
Sono rigorose le sanzioni previste nel caso di violazione di misure restrittive unionali - Al pari della 231, diventa essenziale l’adozione di modelli organizzativi di Trade Compliance, anche in chiave di potenziale esimente
Nella G.U. del 25 giugno scorso è stata pubblicata la legge di delegazione europea 2024, che delega il Governo al recepimento delle disposizioni della direttiva 1226/2024 sul reato europeo e sulla responsabilità delle società e degli enti per la violazione delle misure restrittive unionali.
La direttiva in questione prevede che i Paesi dell’Unione Europea sanzionino penalmente le violazioni, dolose e in alcuni casi commesse con colpa grave, di tutte le violazioni delle restrizioni previste dai Regolamenti unionali, quali ad esempio quelli relativi alla Federazione Russa e all’Iran.
Un punto chiave di detta direttiva è rappresentato dalle rigorose sanzioni previste per le imprese nel caso di violazione di misure restrittive unionali, quali la fornitura di servizi economici o finanziari vietati o limitati, l’omesso congelamento di beni o la violazione di divieti di viaggio ed embarghi sulle armi, commessa da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, direzione o controllo all’interno della persona giuridica o da soggetti sottoposti al controllo delle stesse. A tal riguardo, la normativa europea da recepire prevede l’irrogazione di ammende massime pari ad almeno il 5 % del fatturato globale dell’impresa o a 40 milioni di euro, nonchè sanzioni interdittive quali l’esclusione da agevolazioni pubbliche, finanziamenti o appalti, l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di attività commerciali, lo scioglimento o liquidazione giudiziale dell’ente e la pubblicazione della sentenza di condanna.
Si tratta di un apparato sanzionatorio di estremo rigore armonizzato a livello europeo, eliminando la discrezionalità di cui ciascuno Stato membro ha goduto fino ai nostri giorni, che aveva prodotto significative discrepanze sia in termini di severità delle pene, sia di effettivo controllo sul rispetto della normativa di riferimento. L’inversione di tendenza operata dal legislatore è ancora più evidente nelle disposizioni della direttiva in esame, che prevedono una rafforzata cooperazione nelle attività di indagine tra le autorità nazionali, la Commissione europea, la Procura europea, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) e l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol).
Si tratta di un’assoluta novità per il nostro Paese, di un meccanismo sanzionatorio assimilabile a quello previsto per la commissione dei reati presupposto di cui al d.lgs. 231/2001, il cui novero verrà probabilmente ampliato in attuazione della legge di delegazione europea 2024, includendovi i reati derivanti dalla violazione delle menzionate misure restrittive unionali.
Diventa, quindi, essenziale per le imprese dotarsi di modelli organizzativi di Trade Compliance idonei a prevenire la violazione di dette misure restrittive. Il punto di riferimento normativo per la costruzione di tali modelli organizzativi resta la Raccomandazione (UE) 2019/1318 della Commissione del 30 luglio 2019, in cui si indicano gli elementi essenziali di tali modelli, che vanno dall’accurata analisi del rischio, alla predisposizione di un’organizzazione aziendale idonea alla prevenzione delle violazioni questione, all’adozione di adeguate misure preventive, fino al training ed alla formazione da impartire alle risorse coinvolte nei processi sensibili. Costante monitoraggio, sorveglianza e prontezza nell’adozione delle misure correttive sono, inoltre, strumenti chiave per dimostrare l’adeguatezza del modello di Trade Compliance, che potrebbe, tra l’altro, consentire all’impresa di beneficiare di un’attenuante, se non di un’esimente, in caso di violazioni commesse da propri rappresentanti.
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Avv. Roberto Cursano, Studio Delfino e Associati Willkie Farr & Gallagher