Giustizia

Aborto in Usa: le conseguenze giuridiche dopo la caduta della sentenza Roe v. Wade

La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, adottata lo scorso 24 giugno, ha ribaltato la decisione del 1973 che aveva riconosciuto il diritto della donna di porre termine alla gravidanza

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di Valeria Cianciolo*

"Riteniamo che Roe e Casey debbano essere annullati. La Costituzione non fa alcun riferimento all'aborto, e nessun diritto del genere è implicitamente tutelato da alcuna disposizione costituzionale", ha scritto Alito. "Questa Corte non può portare alla risoluzione permanente di una polemica nazionale rancorosa semplicemente dettando un accordo e dicendo alla gente di andare avanti".

Con queste parole, la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, adottata con un voto 5-4, lo scorso 24 giugno 2022, ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade decisa dalla Corte Suprema il 22 gennaio 1973 che aveva riconosciuto il diritto costituzionale della donna di porre termine alla gravidanza. L'opinione della Corte fu allora redatta da Harry Blackmun, giudice nominato dal presidente Nixon nel 1970, e strenuo difensore del diritto della donna di abortire (dopo il suo pensionamento, annunciato il 6 aprile 1994, Blackmun fu sostituito da Stephen Breyer nominato dal presidente Clinton).

Gli Stati dell'Unione hanno perlopiù accolto con riluttanza i principi affermati nella sentenza, considerandoli un'intrusione nelle loro prerogative statali. Alcuni di essi (New Hampshire, Arizona, Connecticut, Michigan, Vermont, West Virginia e Wisconsin) si sono perfino rifiutati, in un primo tempo, di modificare le proprie leggi proibizioniste.

Altri (Alabama, Arkansas, California, Colorado, Delaware, Kansas, Maryland, Mississippi, Nevada, e New Messico) hanno introdotto leggi restrittive che, poiché di fatto limitavano l'aborto nei primi due trimestri di gravidanza, si ponevano in evidente contrasto con i principi statuiti dalla Corte Suprema. Quest'ultima, nonché i giudici di varie corti federali, sono stati perciò chiamati a pronunciarsi ripetutamente sulla costituzionalità della legge statale.

Le numerose sentenze hanno fatto emergere una disciplina particolareggiata del diritto della donna d'interrompere la gravidanza, che ha imposto agli Stati l'adozione di regole uniformi, limitando grandemente il potere dei rispettivi corpi legislativi di regolare la materia.

Quale fosse l'esito della sentenza, si era capito dalle parole emerse dal parere pubblicato nel febbraio scorso: " Roe aveva terribilmente torto fin dall'inizio …È tempo di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell'aborto ai rappresentanti eletti del popolo", scrive il Giudice Alito, nel documento che viene etichettato come Parere, mentre due giudici conservatori, Kavanaugh e Gorsuch, eletti dal Presidente uscente Trump, hanno detto che, pur non approvando l'aborto, lo ritenevano ormai «Law of the Land».

Secondo il Giudice Alito: "La costituzione non fa alcun riferimento all'aborto e nessun diritto del genere è implicitamente tutelato da ogni norma costituzionale, ivi compreso quella su cui i difensori di Roe e Casey ora intendono principalmente fare affidamento: la clausola del giusto processo garantita dal quattordicesimo Emendamento. Fino all'ultima parte del 20° secolo, tale diritto era del tutto sconosciuto nel diritto americano. Infatti, quando il Quattordicesimo emendamento è stato adottato, tre quarti degli stati consideravano l'aborto un crimine in tutte le fasi della gravidanza.".

Ma cosa era successo nel 1973 e da dove nasce la sentenza Roe? Intanto il dato normativo era draconiano poiché gli artt. 1191-1194 e 1196 dello State's Penal Code del Texas sanzionavano come crimine la condotta di chi procurasse l'aborto a una donna, sebbene con il consenso di quest'ultima, con la sola eccezione che fosse necessario per salvare la vita della madre. Perché Roe? Jane Roe era una donna non sposata residente nella contea di Dallas.

Rimasta incinta e desiderando interrompere la gravidanza, promosse un'azione giudiziaria nei confronti del District Attorney avanti alla Corte federale del distretto: desiderava che l'aborto venisse eseguito da un medico competente in un contesto sanitario sicuro; che ciò in Texas non le era consentito, poiché la gravidanza non poneva a rischio la sua vita; che non poteva però permettersi, per ragioni economiche, di recarsi in un altro Stato che le consentisse «a legal abortion under safe conditions».

Sosteneva quindi Jane Roe che la legge penale del Texas era incostituzionale e pregiudicava il suo diritto alla «personal privacy», protetto dal Primo, Quarto, Quinto, Nono e Quattordicesimo Emendamento.

La privacy aveva consentito ai giudici di fornire garanzia costituzionale a diritti non espressamente menzionati nella Costituzione, attraverso il doppio passaggio della loro inclusione nel right of privacy e del riconoscimento che la privacy stessa rappresentava un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione, anche se da essa non espressamente menzionato.

La District Court accolse le ragioni dell'attrice, dichiarando l'incostituzionalità delle norme della legislazione penale del Texas che, proibendo l'aborto, violava i diritti della donna garantiti dal Nono e Quattordicesimo Emendamento. Tuttavia, la District Court si astenne dal concedere l'injunction richiesta, sicché Jane Roe (anziché fare appello alla Court of Appeals) fece (direttamente) ricorso alla Supreme Court che affermò da un lato, che il contenuto del diritto alla privacy era sufficientemente ampio da includere la libertà della donna di decidere sulla propria gravidanza per giustificare il riconoscimento del diritto d'interrompere la gravidanza, dall'altro che una maternità non desiderata poteva essere causa di pregiudizio fisico o psichico, e comunque peggiorava, se contraria alla volontà della donna, le sue condizioni materiali e psicologiche di vita.

I giudici non ritennero peraltro che il feto fosse una «persona» nel senso espresso dal Quattordicesimo Emendamento. Per la Corte, quando la Costituzione richiamava il concetto di «persona», si riferiva a esseri umani già nati, e mai al feto perché se questo fosse «persona», l'aborto potrebbe essere consentito solo a salvaguardia della vita della madre, posto che la tutela costituzionale garantirebbe al feto il diritto a nascere.

Quali conseguenze dopo questa decisione dello scorso 24 giugno? Si è di fatto creato uno iato le cui conseguenze sono difficili da immaginare poichè certamente, ci saranno stati dove l'aborto sarà ritenuto illegale e stati dove sarà consentito. Ma questa improvvisa spaccatura negli Stati Uniti andrà ben oltre il tema dell'aborto, colpendo l'assistenza sanitaria, il sistema giudiziario penale e la politica.

L'ala liberale della corte - i giudici Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan – hanno espresso il loro forte dissenso avvertendo che l'azione della maggioranza della corte era profondamente imprudente e dirompente. "Negare ad una donna il diritto di scegliere se continuare una gravidanza non significa che non si stia facendo alcuna scelta. Significa che la maggioranza della Corte di oggi ha strappato questa scelta alle donne e l'ha data agli Stati Uniti", hanno scritto i giudici nominati dai democratici. "Le donne fanno affidamento su Roe e Casey in questo modo da 50 anni. Molti non hanno mai conosciuto nient'altro. Quando Roe e Casey scompariranno, la perdita di potere, controllo e dignità sarà immensa".Cosa potrebbe succedere?

Lo scorso anno, ad esempio, la FDA - Food and Drug Administration, ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici - consentiva l'aborto farmacologico per interrompere una gravidanza entro la decima settimana di gestazione: le pillole venivano somministrate di persona, in una clinica o in un'altra struttura medica, anche se un paziente poteva prendere quelle stesse pillole a casa.

Nel dicembre dello scorso anno, la FDA durante la pandemia COVID-19, ha consentito di spedire le pillole abortive direttamente ai pazienti. E così la telemedicina per l'aborto è proliferata. Lo screening per l'idoneità e la consulenza pre-aborto si svolgono online, dopodiché il farmaco viene inviato al paziente.

L'intero processo richiede da tre a cinque giorni, a seconda della posizione del paziente, e costa molto meno (centinaia di dollari in meno rispetto all'assistenza di persona).

Quale l'effetto di questa sentenza della Corte Suprema? con metà del paese che mette al bando l'aborto, la ricezione delle pillole abortive sarà sempre più difficile da controllare. E quando l'aborto diventa un crimine in metà del Paese, l'uso della telemedicina per l'aborto, dove è legale, e i tassi di aborto autogestito aumenteranno.

Perché come accade ora, anche se su scala ridotta, le persone ordineranno l'aborto farmacologico online per terminare in sicurezza una gravidanza, anche senza assistenza.

C'è anche un problema sociale da valutare. Il Centers for Disease Control and Prevention stima che più di un terzo dei pazienti che accedono all'aborto negli Stati Uniti sono donne nere, il che significa che questa categoria dopo la sentenza Roe della Suprema Corte, sarà la più colpita, anche economicamente.

Altro fronte è quello dei test genetici e dello screening prenatale che fino ad oggi ha permesso ai genitori strumenti e conoscenze potenti per decidere se portare a termine la gravidanza. La fine di Roe v. Wade significherà che potrebbero non essere più in grado di prendere quella decisione. O meglio, lo possono fare se hanno una grande disponibilità economica.

Attualmente, l'aborto è legale in 27 stati, anche se le leggi in quegli stati non sono uniformi: Colorado, New Jersey, Oregon e Delaware, sono i quattro stati che tutelano il diritto all'aborto durante la gravidanza. Nel maggio 2021, invece, il Senato del Texas ha approvato una legge che vieta l'interruzione di gravidanza dal momento in cui compare il battito fetale, quindi, dalla sesta settimana. In Oklahoma è stata approvata una legge estremamente restrittiva sull'aborto che vieta l'interruzione volontaria di gravidanza a partire dal momento della fecondazione, con le sole eccezioni di incesto, violenza sessuale ed emergenza medica.

Il tema non riguarda solo gli Stati Uniti, ma è in continuo divenire anche in Europa e in particolare, in Italia. Si pensi alla Risoluzione del Parlamento europeo del 26 novembre 2020 sul divieto di fatto del diritto all'aborto in Polonia adottata dal Parlamento Europeo all'indomani della sentenza del Tribunale costituzionale polacco che aveva dichiarato incostituzionale la disposizione della legge del 1993 sulla pianificazione familiare, la protezione del feto umano e le condizioni per l'interruzione della gravidanze, consentendo l'aborto nei casi in cui gli esami prenatali o altre considerazioni mediche indichino un'elevata probabilità di anomalia grave e irreversibile o di una malattia incurabile che minaccia la vita del feto.

In Italia, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d'Europa ha pubblicato in data l'11 aprile 2016 la decisione Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) contro Italia, (denuncia n. 91/2013) con la quale il nostro Paese è stato condannato per le molteplici violazioni della Carta sociale europea, impedendo alle donne che ne avrebbero diritto alle condizioni previste ai sensi della Legge 22 maggio 1978 n. 194, di interrompere la gravidanza.

A questo proposito, viene osservato che, seppure la L. n. 194/1978 avverta, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, che ogni ospedale e ogni Regione debbano sempre garantire l'accesso all'interruzione di gravidanza alle donne che ne abbiano diritto, tale diritto è di fatto neutralizzato per l'elevato numero di medici obiettori: molte strutture non hanno infatti, nel loro organico un numero adeguato di medici che garantisca la corretta ed effettiva applicazione della legge.

Questa anomala situazione, crea una duplice disparità, sotto il profilo della possibilità di accedere alla prestazione abortiva e conseguentemente, nel caso di impossibilità di ottenere la prestazione dal presidio ospedaliero competente per territorio, la necessità di recarsi in altro presidio in una diversa Regione; sotto il profilo della discriminazione tra le donne che intendono accedere all'aborto quale prestazione sanitaria e quelle che intendono accedere ad altri servizi sanitari per la salute.

Ulteriormente, lo Stato italiano è stato condannato in materia di discriminazione sul lavoro per quel che concerne i medici non obiettori di coscienza che sarebbero penalizzati in termini di suddivisione del lavoro e opportunità di carriera rispetto ai colleghi obiettori.

*a cura dell' Avv. Valeria Cianciolo, Foro di Bologna

Progetto di parere in tema di aborto della Suprema Corte degli Sati Uniti d'America

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