Abuso del processo anche senza danni alla controparte
Una sentenza in linea con la Riforma Cartabia
La condanna alle spese di lite per abuso del processo scatta anche se la controparte non ha subìto alcun danno né ha chiesto di affermare la responsabilità aggravata dell’avversario. La mala fede e la colpa grave, che coinvolgono l’esercizio dell’azione processuale, sono, infatti, sanzionabili, quando quest’ultima è pretestuosa o contraria al diritto vivente e alla giurisprudenza consolidata. E ancora quando la pretesa è chiaramente inconsistente dal punto di vista giuridico o i motivi di impugnazione sono palesemente strumentali. La Cassazione, con la sentenza 5191, afferma a carico dei ricorrenti, creditori chirografari che avevano agito contro il fallimento, la responsabilità aggravata prevista dall’articolo 96, terzo comma, del Codice di rito civile, «per la assolta infondatezza» di un ricorso basato su motivi giuridici inconsistenti.
Una sentenza che si muove in linea con la riforma Cartabia che proprio sulla responsabilità aggravata nel processo civile è intervenuta modificando l’articolo 96.
La parte che ha agito con mala fede o colpa grave, può essere, infatti, condannata, se l’altra parte ne fa richiesta, al pagamento delle spese e anche al risarcimento dei danni, alla cui liquidazione provvede il giudice d'ufficio.
Sempre se la parte danneggiata lo richiede, in caso di inesistenza del diritto può scattare il risarcimento dei danni per aver agito senza la normale prudenza.
All’atto della sentenza che chiude il giudizio il giudice, può agire anche d’ufficio, per la condanna alle spese del perdente in favore del vincitore onorari della difesa compresi. Previsto anche un pagamento (non meno di 500 euro e non più di 5 mila) in favore della Cassa ammende per compensare il danno subìto dall’Amministrazione della Giustizia per le risorse impiegate in un processo pretestuoso.