Alcoltest: anche se il conducente lo rifiuta deve sapere che può chiamare un avvocato
L'avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore deve essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell'alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l'interessato rifiuti di sottoporsi all'accertamento. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza 30 aprile 2020 n. 13493.
Quindi, secondo la Cassazione, la polizia giudiziaria è tenuta nel procedere al compimento dell'accertamento (quindi prima di procedervi) ad avvertire la persona sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia. Si tratta di una facoltà difensiva il cui esercizio deve fronteggiarsi con l'urgenza e indifferibilità dell'alcoltest, dando vita a contemperamenti che si traducono, essenzialmente, nell'esclusione del diritto del difensore nominato di essere previamente avvisato e del dovere della polizia giudiziaria di attendere l'arrivo del difensore eventualmente nominato. Ciò però non preclude all'indagato, preavvertito della facoltà, di mettersi in contatto con il difensore, di chiedere e ricevere i consigli del caso; né impedisce al difensore di essere presente all'accertamento, se, ad esempio, si trovi nelle vicinanze del luogo in cui si stia procedendo al medesimo e sia in grado di intervenire nello spazio di pochi minuti e di esercitare la difesa, ad esempio richiedendo la verbalizzazione di eventuali osservazioni riguardanti i presupposti e le modalità di esercizio del potere da parte degli organi di polizia, che potrebbero rendere legittimo il rifiuto di sottoporsi all'accertamento.
In definitiva, secondo il giudice di legittimità, l'avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore deve essere rivolto al conducente del veicolo sempre nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale all'alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test, non potendo in quel momento gli organi di polizia apprezzare se l'interessato si sottoporrà alla prova o rifiuterà di farlo. L'inosservanza del dovere dell'avvertimento genera l'irrilevanza penale del rifiuto, perché se è pur vero che contravvenzione di cui al comma 7 dell'articolo 186 del codice della strada si perfeziona con il rifiuto dell'interessato e dunque nel momento in cui l'agente ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi all'accertamento, perché il rifiuto possa integrare detta contravvenzione deve trattarsi di accertamento legittimamente richiesto. In termini, tra le altre, si veda sezione IV, 27 marzo 2018, Cordenons, secondo cui l'avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia mentre non è dovuto solo in caso di accertamenti preliminari o esplorativi (cfr. sezioni Unite, 29 gennaio 2015, Proc. gen. App. Venezia in proc. Bianchi), deve essere invece rivolto dagli organi di polizia stradale al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell'alcolemia, con la richiesta di sottoporsi al relativo test, e ciò anche nel caso di rifiuto all'effettuazione dell'accertamento da parte dell'interessato.
La Corte, per l'effetto, con la sentenza massimata, prende esplicitamente e consapevolmente le distanze, dal diverso orientamento secondo cui, invece, l'avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia non sarebbe necessario in caso di rifiuto all'effettuazione dell'accertamento da parte dell'interessato, e ciò perché, in caso di rifiuto, verrebbe integrato il reato sanzionato dall'articolo 186, comma 7, del codice della strada, e non ci sarebbe più alcun atto da compiere per il quale vada dato l'avviso sulla possibile presenza del legale di fiducia, che appunto presume la riscontrata volontà dell'interessato di sottoporsi al controllo (tra le altre, sezione IV, 16 gennaio 2020, Lachhab).
Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 30 aprile 2020 n. 13493