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Alla CEDU la legittimità del "blocco degli sfratti"

Come noto, lo Stato italiano ha bloccato, all' inizio del 2020, per l'emergenza Covid, l'esecuzione degli sfratti, comprendendovi per la prima volta anche gli sfratti per mancato pagamento dei canoni e, con Decreto-legge n. 41 del 2021, ora convertito in legge, ha deciso che le procedure di sfratto potranno essere riprese, in modo graduale, solo durante l'ultimo trimestre del 2021.

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di Lorenzo Gigliati


Come noto, lo Stato italiano ha bloccato, all' inizio del 2020, per l'emergenza Covid, l'esecuzione degli sfratti, comprendendovi per la prima volta anche gli sfratti per mancato pagamento dei canoni e, con Decreto-legge n. 41 del 2021, ora convertito in legge, ha deciso che le procedure di sfratto potranno essere riprese, in modo graduale, solo durante l'ultimo trimestre del 2021.

Quindi, visti i tempi necessari per tutti i passaggi (ivi compreso l'uso della forza pubblica, se necessario) le procedure che inizieranno il primo gennaio 2022 saranno portate a compimento non prima della fine dell'estate e tutti gli inquilini morosi, a prescindere da quando la loro morosità si fosse presentata ed a prescindere dalle necessità del locatore, avranno ricevuto una sorta di "bonus", sotto la forma del blocco delle esecuzioni, a spese e carico dei proprietari degli immobili, indipendentemente dalla situazione patrimoniale di questi.

In tema è già stato presentato ricorso immediato alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU). Il ricorso immediato alla CEDU è possibile perché in Italia, rispetto ad altri Paesi, non è consentito l'accesso diretto, da parte dei danneggiati, alla Corte costituzionale.

Ad oggi, comunque, la normativa in tema di "blocco degli sfratti" è stata recentemente sottoposta anche alla Corte costituzionale.

La vicenda sottesa alla presentazione dei ricorsi alla CEDU è emblematica perché dimostra con chiarezza il ragionamento deficitario delle scelte del legislatore.

Nel primo caso due soggetti avevano stipulato, nel 2018, un contratto di breve durata (pochi mesi) per esigenze lavorative e, pur a fronte del mancato pagamento dei canoni, erano riusciti, per le lungaggini della procedura, a rimanere nella disponibilità dell'immobile per tutto il 2019. Subìto lo sfratto, avevano stipulato, in piena emergenza pandemica, altro contratto di sei mesi con diverso locatore, sempre per asserite e documentate esigenza lavorative transitorie. Pur insolventi sin dall'inizio del rapporto, i conduttori, verosimilmente sino all' estate del 2022, godranno dell'immobile a discapito delle esigenze del proprietario che non potrà occupare la sua prima abitazione, acquistata con un mutuo e dovrà continuare a pagare il canone di affitto per l'abitazione attualmente occupata.

Il secondo caso presentato alla CEDU è simile al precedente. Il conduttore non ha pagato il canone dalla primavera del 2019 ed il proprietario, in occasione del terzo tentativo con la forza pubblica, ha subito un rinvio "tecnico" al 13/3/2020, incappando per soli 2 giorni nel primo blocco degli sfratti, deciso con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) il 9/3/2020, a decorrere dall'11/3. Anche in questo caso il proprietario, pensionato con €1500 al mese, potrà rientrare nel possesso dell'immobile solo nel 2022.

In entrambi i casi i conduttori erano morosi già prima dell'emergenza Covid.

In altri casi analoghi decisi dalla CEDU, lo Stato italiano è stato condannato in favore dei ricorrenti al risarcimento dei danni subiti. Anche nella fattispecie in esame, la legge contestata non prevede alcun bilanciamento degli interessi per giustificare l'interferenza con il diritto di proprietà dei ricorrenti. Questi ultimi, infatti, non lamentano, in linea generale, la possibilità del blocco degli sfratti, ma la mancata presenza nella legge di criteri di razionalità/flessibilità/proporzionalità, che avrebbero potuto evitare di applicare il blocco a fattispecie prive di ragioni di tutela. Tanto più che, per la prima volta, si bloccano in Italia gli sfratti per morosità, quelli cioè dovuti a inadempimento del conduttore e, quindi, particolarmente lesivi dei diritti del locatore.

Il legislatore avrebbe ad esempio dovuto prevedere l'intervento di un giudice o di un'altra autorità "terza", che stabilisse le priorità sulla base delle circostanze dei casi concreti sottoposti al suo esame, senza fissare regole aprioristiche, che non rispondono ai detti criteri. Invece, i provvedimenti italiani di urgenza pandemica non hanno operato alcuna distinzione tra le varie fattispecie.

Se ad esempio si può capire l'esigenza della decretazione d'urgenza del marzo 2020, riguardante gli sfratti per finita locazione in un momento in cui gli spostamenti personali erano proibiti in Italia (il primo lockdown), incomprensibile è il blocco nei casi in esame, relativi a sfratti per contratti cessati a causa dell'inadempimento dei conduttori, morosi sin dall' inizio del 2019. In tali situazioni, si sarebbe potuto ponderare gli interessi coinvolti, senza sacrificare a priori il diritto dei locatori che, quanto agli effetti economici della pandemia, avrebbero potuto essere danneggiati come i conduttori.

Altro profilo critico potrebbe individuarsi nella circostanza che lo Stato italiano sta concedendo ristori alle attività economiche danneggiate dalla normativa Covid (ad esempio, ristoranti o le imprese alle quali è stato precluso il licenziamento dei dipendenti attivando però il meccanismo di sostegno della cassa integrazione), mentre non concede alcun indennizzo ai locatori per i quali ha bloccato le procedure esecutive di sfratto per morosità.

a cura di Lorenzo Gigliati

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