Fari puntati sugli “ibridi importati”: il caso dei principal svizzeri
La tematica merita un’attenta valutazione da parte dei contribuenti che hanno in essere operazioni infragruppo con società svizzere che hanno aderito al regime agevolativo
Con la risposta all’interpello n. 288/2023 sono stati accesi i riflettori su una disciplina tanto attuale quanto complessa, ossia quella degli “ibridi importati” – nel caso specifico, in relazione al regime svizzero delle Società Principali. A distanza di oltre due anni da tale risposta, a fronte delle numerose verifiche avviate nei confronti di soggetti residenti aventi in essere operazioni infragruppo con controparti svizzere, è utile effettuare alcune riflessioni sul tema, anche in considerazione dell’approccio adottato dall’Agenzia delle Entrate per l’eliminazione del disallineamento.
Il regime svizzero delle Società Principali
Fino al periodo di imposta 2019, in Svizzera è stato in vigore un peculiare regime agevolativo indirizzato a società residenti aventi il ruolo di principal all’interno del loro gruppo multinazionale. In base a tale regime, i redditi realizzati dai principal venivano, infatti, in parte esentati in quanto si presumeva che quota degli stessi fosse stata realizzata per il tramite di asserite stabili organizzazioni situate all’estero nelle giurisdizioni dei distributori correlati. Di conseguenza, la quota di reddito attribuita a tali presunte stabili organizzazioni estere non era oggetto di tassazione:
(a) né nel paese in cui - secondo la normativa svizzera - si sarebbero trovate tali entità dal momento che in questi non ne veniva riconosciuta l’esistenza (i.e. stabile organizzazione disconosciuta);
(b) né in capo ai principal, in quanto esente.
Con l’obiettivo di allinearsi alle indicazioni sviluppate in ambito internazionale grazie al progetto BEPS (in particolare, l’Action 5 dedicato alle “harmful tax practices”), negli ultimi anni la Svizzera ha progressivamente eliminato i regimi fiscali qualificati come “dannosi”, ivi incluso quello delle Società Principali - ufficialmente abrogato con effetto dal 1° gennaio 2020. A fronte, tuttavia, dell’abrogazione del regime, la Svizzera ha consentito di trattarne l’eliminazione come se tali presunte stabili organizzazioni fossero state oggetto di rimpatrio, riconoscendo di conseguenza in capo ai principal un “avviamento figurativo” fiscalmente rilevante e deducibile in quote di ammortamento costanti per dieci anni.
La risposta all’interpello n. 288/2023 dell’Agenzia delle Entrate
Con la risposta all’interpello n. 288 del 7 aprile 2023, l’Agenzia delle Entrate si è espressa per la prima volta dall’introduzione del decreto legislativo 142/2018 (“Decreto ATAD”) sulla tematica degli ibridi importati. Alla luce della normativa svizzera, infatti, il contribuente aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate di valutare se la deduzione della quota di ammortamento relativo all’avviamento figurativo - effettuata dal principal svizzero a decorrere dal periodo di imposta 2020 - potesse comportare il sorgere di un ibrido importato, con conseguente applicazione della norma di reazione. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, riprendendo le indicazioni fornite dalla Circolare n. 2 del 2022, ha ritenuto che con riferimento al caso di specie fossero rinvenibili gli elementi costitutivi di un ibrido importato in quanto sussistenti:
• il “pagamento da disallineamento importato”, che consiste nella deduzione di un componente negativo di reddito in una giurisdizione e la corrispondente sua inclusione nella giurisdizione del beneficiario (nel caso di specie, la deduzione del costo relativo all’acquisto della merce da parte del distributore italiano e la sua conseguente inclusione tra i ricavi del principal svizzero);
• la c.d. “deduzione ibrida”, ossia la deduzione di un componente negativo di reddito in una giurisdizione e la non inclusione del corrispondente elemento di reddito nella giurisdizione del beneficiario per effetto di un disallineamento da ibridi (nel caso di specie, l’ammortamento della quota di avviamento figurativo);
• il “nesso”, che sussiste allorché il “pagamento da disallineamento importato” sia stato compensato (direttamente o indirettamente) con la “deduzione ibrida” (nel caso di specie, il nesso sarebbe ravvisabile nel fatto che il componente negativo di reddito dedotto in Italia sarebbe stato idoneo a finanziare oneri deducibili in capo al principal svizzero, rinvenibili nelle quote di ammortamento dell’avviamento, generando così il fenomeno della “deduzione senza inclusione”).
• la “causa ibrida”, rinvenibile nella presenza, fino al periodo di imposta 2019, di una stabile organizzazione disconosciuta il cui rimpatrio aveva dato origine alla deduzione senza inclusione delle quote di ammortamento.
Alla luce di quanto sopra, l’Agenzia delle Entrate si è espressa ritenendo che con riferimento al caso di specie fosse integrato il fenomeno dell’ibrido importato in base alle disposizioni del Decreto ATAD (art. 8, co. 3) e che, di conseguenza, i costi sostenuti dalla società italiana nei confronti della consociata svizzera debbano considerarsi indeducibili. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha inoltre specificato che, data la ratio sottostante la normativa in esame, il costo indeducibile in capo alla società italiana debba valorizzarsi per un importo pari all’intero ammortamento dell’esercizio (nei limiti, ovviamente, dell’ammontare dell’acquisto rilevante fiscalmente).
Le verifiche fiscali sugli ibridi importati
A fronte dalla risposta n. 288/2023, gli uffici accertatori hanno inviato a numerosi contribuenti che hanno rapporti con società svizzere questionari per raccogliere informazioni circa la sussistenza del fenomeno di disallineamento da ibrido importato – richiedendo, in particolare, di indicare se la consociata svizzera avesse aderito in passato al precedente regime delle Società Principali, l’ammontare dell’avviamento figurativo eventualmente riconosciuto, nonché gli ammontari delle transazioni infragruppo. Nei casi di mancata risposta, inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha attivato lo strumento dello scambio di informazioni con la competente Autorità fiscale svizzera.
In relazione alle fattispecie per le quali sia rinvenibile il fenomeno evidenziato dalla risposta all’interpello, l’Agenzia delle Entrate contesta in capo al soggetto residente l’indeducibilità dei costi sostenuti nei confronti della consociata svizzera per l’acquisto di prodotti per un ammontare pari all’intera quota di ammortamento dedotto nei periodi di imposta oggetto di accertamento – non determinando, pertanto, la quota di ammortamento afferente il mercato italiano, bensì ritenendo che in capo al contribuente sia contestabile l’intero importo dell’ibrido importato. Tale approccio solleva notevoli problemi di coordinamento in quanto non considera la presenza di eventuali ulteriori giurisdizioni estere che, laddove dotate di normative anti-ibridi, potrebbero intervenire in futuro per effettuare analoghe contestazioni mediante l’applicazione delle locali norme di reazione.
Risulta evidente, pertanto, che dato l’approccio adottato dall’Agenzia delle Entrate ben si potrebbe giungere all’estrema conclusione che l’eliminazione dell’ibrido possa condurre un domani al manifestarsi di doppia imposizione nel caso in cui vi siano ulteriori giurisdizioni che decidano di reagire. La mancata attribuzione pro-quota dell’ammortamento in capo al soggetto italiano risulta ancor più dubbia se si considera che tale approccio viene adottato anche nei casi in cui le ulteriori giurisdizioni coinvolte siano Stati Membri UE, dotati quindi di normative anti-ibridi che garantiscono lo standard di protezione minimo stabilito dalla Direttiva (UE) 2016/1164 (“ATAD 1”) e dalla Direttiva (UE) 2017/952 (“ATAD 2”) – tale approccio adottato dall’Agenzia delle Entrate in sede di verifica, peraltro, sembrerebbe essere in contrasto con quanto valorizzato nella stessa Circolare n. 2 del 2022.
Considerazioni finali
Stante la complessità della normativa di riferimento in materia di disallineamenti da ibridi e gli effetti notevolmente pregiudizievoli derivanti dal disconoscimento dei costi, la tematica in analisi merita un’attenta valutazione da parte dei contribuenti che hanno in essere operazioni infragruppo con società svizzere che hanno aderito al regime agevolativo. Questo anche considerando che gli uffici accertatori, oltre all’indeducibilità dei costi, contestano l’applicazione delle sanzioni amministrative, nonostante la norma implementativa del regime della penalty protection (art. 61 del decreto legislativo n. 209/2023) sia intervenuta con notevole ritardo rispetto alla pubblicazione del Decreto ATAD.
Al riguardo, infatti, si rammenta che il regime della penalty protection è stato attuato tramite l’emanazione in data 6 dicembre 2024 del Decreto del Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze – quindi decorsi sei anni dall’introduzione della disciplina sui disallineamenti da ibridi e oltre un anno dopo la risposta all’interpello n. 288/2023. Stante il notevole lasso temporale intercorso tra l’introduzione del Decreto ATAD e l’implementazione del regime sulla penalty protection, sarebbe opportuno riconoscere in capo ai contribuenti la possibilità di predisporre la documentazione anche a seguito dell’avvio di attività ispettive, al fine di evitare che tale ritardo possa arrecare un ingiustificato pregiudizio nei confronti di quei soggetti che, a seguito della risposta all’interpello n. 288/2023, hanno già ricevuto un questionario.
Parimenti, ci si augura che si possa giungere presto ad una gestione della tematica maggiormente in linea con la ratio della normativa di riferimento e con le indicazioni tecniche fornite dai lavori dell’Action 2 dell’OCSE: questo infatti eviterebbe, da un lato, che accertamenti sproporzionati conducano inevitabilmente alla necessità di attivare il contenzioso, dall’altro, che dall’approccio adottato dagli uffici accertatori possano emergere in futuro fenomeni di doppia imposizione.
________
*Francesco Saverio Scandone (partner) e Benedetta Alinovi (managing associate) - BonelliErede