Penale

Alla Consulta il trattenimento sine titulo dello straniero in attesa di nuovo provvedimento

Il rinvio pregiudiziale della Cassazione sospetta l’incostituzionalità della privazione della libertà del richiedente asilo presso il Cpr nel lasso di tempo di 48 ore tra scadenza del primo provvedimento e l’adozione del successivo

di Paola Rossi

Sotto la lente della Consulta la nuova norma che consente di mantenere ristretto presso i Centri di permanenza per il rimpatrio lo straniero - colpito da provvedimento di espulsione non ancora eseguito - quando venuto a scadenza il primo provvedimento di trattenimento il Legislatore ne ha previsto l’ultrattività di 48 ore fino all’adozione di altro provvedimento del questore di uguale contenuto che sarà poi normalmente oggetto di convalida nelle ulteriori successive 48 ore. Nelle more tra scadenza del primo trattenimento e adozione del secondo è possibile che lo straniero faccia domanda di protezione internazionale e che ugualmente permanga presso il Cpr se ricorrono determinate condizioni, quali il sospetto che la domanda sia stata proditoriamente presentata al fine di impedire o ritardare la sua espulsione dal territorio nazionale.

Il nodo cruciale della privazione della responsabilità personale sine titulo...

Il punto non è tanto la legittimità della restrizione imposta a un richiedente asilo pendente l’esame della sua domanda, in quanto possono ricorrere incertezze sulla sua identità o situazione personale oppure valide esigenze di sicurezza pubblica. Infatti. al centro dei dubbi dei giudici di legittimità vi è il nodo cruciale di una privazione della libertà personale sine titulo.

La prima Sezione penale della Cassazione ha perciò adottato l’ordinanza n. 30297/2025 con cui ha accolto il rilievo di incostituzionalità del comma 2 bis dell’articolo 6 del Dlgs 142/2015 dove di fatto esclude a determinate condizioni l’immediata liberazione dello straniero trattenuto nel Cpr in vista dell’adozione di una nuova decisione del Questore di uguale contenuto se essa giunge entro 48 ore dalla scadenza del primo provvedimento di trattenimento quando da parte dello straniero è intervenuta la domanda di protezione internazionale.

Ed è proprio tale “breve” lasso di tempo di due giorni previsto ad esempio a fini di tutela della sicurezza pubblica che risulta porsi in contrasto con i superiori principi costituzionali sulle misure privative della libertà personale che per loro natura soggiacciono a regole stringenti e in caso di contrapposti interessi determinano di regola la prevalenza del diritto alla libertà personale, la quale non può essere sottoposta a limiti senza titolo giuridico (e senza la possibilità di controllo giurisdizionale sul merito della misura adottata).

Il caso in questione appare in contrasto con la direttiva 2013/33/Ue, recepita nel 2015, è quello previsto dal comma 3 del medesimo articolo 6 del Dlgs n. 142 del 2015 dove prevede che «Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, il richiedente che si trova in un centro di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in attesa dell’esecuzione di un provvedimento di respingimento o di espulsione ai sensi degli articoli 10, 13 e 14 del medesimo decreto legislativo, rimane nel centro quando vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento o dell’espulsione». Ciò che può appunto determinare l’evenienza del prolungamento dell’iniziale trattenimento imposto ai fini dell’esecuzione dell’espulsione dello straniero che interpone domanda di protezione internazionale.

... i rilievi della Suprema corte

La Suprema corte ha quindi ritenuto «rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 2-bis, del Dlgs 18 agosto 2015 n. 142 (aggiunto dall’articolo 1, comma 2-bis, lettera a), del Dl 28 marzo 2025 n. 37, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2025, n. 75), nella parte in cui, nel caso di mancata convalida del provvedimento di trattenimento adottato ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 6 nei confronti del richiedente che ha presentato la domanda in un centro di cui all’art. 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, prevede che il richiedente permanga nel centro fino alla decisione sulla convalida del provvedimento di trattenimento eventualmente adottato dal Questore, per violazione degli artt. 3, 11, 13, 14, 111 e 117 della Costituzione, quest’ultimo con riferimento all’art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani, all’art. 9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e all’art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea».

LA NORMA SOTTOPOSTA ALLA CORTE COSTITUZIONALE

La disposizione di cui dovrà stabilire l’eventuale illegittimità costituzionale la Consulta è il comma 2 bis dell’articolo 6 del Dlgs 142/2015 che testualmente recita: «La mancata convalida del provvedimento di trattenimento adottato ai sensi del comma 3 nei confronti del richiedente che ha presentato la domanda in un centro di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, non preclude l’eventuale successiva adozione di un provvedimento di trattenimento ai sensi del comma 2, qualora ne ricorrano i presupposti. Quando il provvedimento ai sensi del comma 2 è adottato immediatamente o, comunque, non oltre quarantotto ore dalla comunicazione della mancata convalida di cui al primo periodo, il richiedente permane nel centro fino alla decisione sulla convalida del predetto provvedimento».

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