Civile

Alle Sezioni unite il recupero dei crediti non spettanti

Da decidere se i termini saranno quelli ordinari o quelli per poste inesistenti.La pronuncia avrà effetto su molti atti di recupero emessi negli anni scorsi

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Saranno le Sezioni unite a stabilire se i termini per il recupero dei crediti non spettanti seguono le regole ordinarie o gli otto anni previsti per quelli inesistenti. A rinviare la questione è stata la Sezione tributaria con l’ordinanza n. 35536/2022.

La vicenda, in estrema sintesi, trae origine dal recupero di alcuni crediti di imposta non spettanti. Tra i motivi di ricorso, il contribuente eccepiva la decadenza dell'azione di recupero dell’Ufficio.

Secondo la tesi difensiva, trattandosi di contestazione relativa a crediti non spettanti l’atto doveva essere emesso negli ordinari termini di accertamento (articolo 43 del Dpr 600/1973) salvo l’eventuale raddoppio (previsto al tempo) in presenza di reato tributario. Solo per i crediti inesistenti (e non anche per i non spettanti), l’atto di recupero può essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo (articolo 27, comma 16, decreto legge 185/2008).

I giudici di legittimità hanno rilevato che tale interpretazione è stata condivisa dalla Suprema Corte nella sentenza n. 34444/2021. Secondo questa decisione l’applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall’articolo 27, comma 16, del decreto legge 185/2008, presuppone l’utilizzo non già di un semplice credito “non spettante”, bensì di un credito “inesistente”, dovendosi intendere per tale - anche ai sensi dell’articolo 13, comma 5, decreto legislativo 471/1997 (introdotto dal decreto legislativo 158/2015) - il credito in relazione al quale:

a)manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (cioè il credito che non è “reale”);

b)l’inesistenza non è riscontrabile attraverso i controlli ex articoli 36-bis e 36-ter Dpr 600/73, 54-bis del Dpr 633/72

Successivamente, però, la medesima Suprema Corte sul tema non ha assunto un orientamento costante.

In particolare, mentre con la sentenza n. 31429/2022 è stato confermato il differente periodo decadenziale del potere di rettifica degli uffici, a seconda della tipologia di credito, con altri arresti (Cassazione n. 25436/2022 e n. 31419/2022) si è sostenuta l’assenza di distinzione tra le due tipologie di crediti, applicando per entrambi il termine di decadenza di otto anni.

Ciò in quanto la previsione del termine lungo di recupero dei crediti inesistenti, non presupporrebbe una distinzione tra “inesistenza” e “non spettanza” ma sarebbe volta a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche sull’investimento che ha generato il credito, indistintamente fissato in otto anni, senza applicazione del più breve e ordinario termine previsto per l’avviso di accertamento.

La rimessione alle Sezioni unite era ovviamente necessaria stante il differente orientamento formatosi in senso alla medesima sezione tributaria della Corte dopo la sentenza 34444/2021, che sembrava, finalmente, aver risolto la dibattuta questione alla luce soprattutto della modifica al regime sanzionatorio del 2016 la quale aveva individuato una puntuale differenza tra le due tipologie di crediti.

Ora bisogna sperare che le Sezioni unite prendano atto del riferimento ai soli crediti inesistenti, da parte della norma che prevede il termine decadenziale lungo. L’interpretazione delle Sezioni unite sarà importante perché molti atti di recupero emessi negli anni scorsi (soprattutto in materia di crediti ricerca e sviluppo) sono palesemente riferiti a crediti non spettanti (ancorché sanzionati come crediti inesistenti) con la conseguenza che troverebbe applicazione il termine ordinario decadenziale e non quello ottennale spesso utilizzato dagli uffici.

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