Anche nel caso di convivenza la donazione può essere revocata per ingiuria grave all’onore del donatario
L’atto liberale è posto nel nulla per il comportamento del donatario che accetta la donazione pur avendo una relazione clandestina e, appena conseguito il bene, lascia il donante e pubblicamente utilizza l’immobile con il nuovo compagno
Anche nel caso della convivenza di fatto basata su una relazione affettiva scattano doveri di lealtà e di fedeltà anche se in maniera meno rigida di quanto accada in caso di matrimonio. Ciò che rileva è l’atteggiarsi more uxorio della relazione e della sua spendita anche nell’ambiente sociale. Da ciò deriva che anche il convivente con il proprio comportamento può commettere quell’ingiuria grave prevista dall’articolo 801 del Codice civile quale causa di revocazione dell’accettata donazione ricevuta dall’altro componente della coppia. Scatta quindi la causa di revocazione della donazione quando il donatario attinge il decoro e l’onorabilità del proprio convivente nonché dante causa della piena proprietà di un bene.
Così la Cassazione civile - con la sentenza n. 32682/2024 - ha confermato la revoca della donazione di un appartamento destinato alla convivenza di fatto, a causa dell’ingiuria grave agita dalla donataria in danno del suo compagno, che le aveva evidentemente donato la casa a sostegno della serietà dell’intento di proseguire la loro relazione personale. In effetti, la donna appena ricevuto l’immobile dal suo compagno, nel quale già abitavano entrambi, aveva invitato il proprio convivente ad andarsene non appena avesse trovato una nuova sistemazione e una volta dismessa la coabitazione la donna aveva immediatamente condiviso l’appartamento col nuovo compagno con cui aveva una relazione clandestina già al momento della donazione in suo favore.
Un comportamento ritenuto lesivo, dai giudici di merito e di legittimità, del decoro e dell’onore del donante per la pregressa infedeltà della propria compagna che aveva taciuto di avere un’altra parallela relazione sentimentale poi repentinamente esibita socialmente appena il donante aveva lasciato la casa nella piena disponibilità dell’ormai ex compagna. L’offesa all’onore e al decoro della persona, è di derivazione penale e - nel caso della donazione - si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, dal comportamento del donatario stesso, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante. Da cui l’ingratitudine espressa attraverso comportamenti contrastanti con il senso di riconoscenza che dovrebbe provenire da chi riceve un bene nei confronti del donante. In presenza di una chiara ingratitudine non ha rilevanza l’eventuale legittimità in sé del comportamento del donatario al fine di escludere il presupposto della revoca.
Infine, va sottolineato che la Cassazione ha confermato anche la revoca della donazione dei beni mobili e delle suppellettili in quanto acquistati per essere finalizzati anch’essi alla convivenza more uxorio tra donante e donataria.
In conclusione, la Corte ha respinto l’argomento della donna che sosteneva di essersi rammaricata del mancato divorzio del donante dalla propria moglie e di non avere in quanto convivente dell’uomo un dovere di fedeltà verso di lui. Ma i giudici hanno respinto l’argomento asserendo che, per quanto l’assenza del vincolo matrimoniale attenui il dovere di fedeltà tra persone conviventi, il rapporto di lealtà e di riguardo del donatario verso il donante sussiste pienamente e che il mancato divorzio del primo non era altro che condizione già nota alla ricorrente e che non sussistevano elementi per privare di serietà il progetto di una vita in comune nelle intenzioni del donante, cioè del suo convivente.