Giustizia

Anno giudiziario, Magistrati: protesta riuscita - Meloni: riforme legittime

Non si placa lo scontro tra magistrati e governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario che ha trovato il suo apice nell’inaugurazione dell’anno giudiziario quando in alcune Corti di appello le toghe hanno lasciato l’aula al momento dell’intervento dei rappresentanti del governo

di Francesco Machina Grifeo

Continua anche questa mattina la polemica tra le toghe ed il governo dopo l’approvazione in prima lettura alla Camera del Ddl di riforma dell’ordinamento giudiziario che contiene la separazione delle carriere. Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle Corti di appello, quando sono intervenuti gli esponenti dell’esecutivo, i magistrati, con indosso la toga e la coccarda tricolore appuntata al petto, hanno brandito la Costituzione alzandola verso il cielo, in alcuni casi uscendo dall’aula.

Per il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: “La manifestazione è molto riuscita, c’è stata un’adesione di tutti e questo dimostra che la magistratura su questi temi, sull’architettura costituzionale, è assolutamente compatta e unitaria”. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo oggi sul Messaggero cita un passo del Gargantua di Francois Rabelais, per commentare un episodio accaduto a Bari, quando un magistrato ha regalato al viceministro Sisto un paio di dadi, alludendo ironicamente al sistema del sorteggio dei futuri Csm. Per i magistrati ammonisce Nordio “la lettura di Rabelais sarebbe un ottimo antidoto, da rendere obbligatorio alla Scuola Superiore della Magistratura. Senza togliere l’aspirazione all’affermazione del diritto, li mette in guardia dall’idolatria giustizialista, e mira ad affrancarli dal pregiudizio ingenuo di una Giustizia assoluta”. A Napoli, dove era intervenuto il Guardasigilli, “il colossale potere conferito alla magistratura - ha detto - dev’essere temperato non solo dalle leggi, ma anche dall’umiltà e il buon senso”, le toghe hanno lasciato il salone dei Busti di Castel Capuano in segno di protesta. Tra i presenti, c’è stato però chi ha applaudito il ministro. Un consenso espresso soprattutto dagli avvocati e dal pubblico. La giunta distrettuale Anm di Napoli ha poi evidenziato che “oltre 400 magistrati, tra loro anche alcuni pensionati, hanno preso parte alla protesta”.

E da Gedda, prima di visitare la Nave Scuola Amerigo Vespucci, intervine anche la premier Giorgia Meloni: “È una legittima scelta e non posso dire niente su questo, ma rispetto alla Costituzione che viene ostentata mi corre l’obbligo di ricordare che l’art. 49 dice che i cittadini hanno diritto ad associarsi in partiti politici per concorrere con metodo democratico alla determinazione della politica nazionale. Significa che i cittadini si organizzano in partito politici, votano e decidono attraverso i programmi di chi vince le elezioni quali debbano essere le scelte della politica. Noi stiamo facendo qualcosa che è perfettamente adeguato alla Costituzione mentre io non trovo un artiolo che dice che la giustizia non si può riformare”.

Si fanno sentire anche gli avvocati. L’Unione delle camere penali in una nota stigmatizza la decisione dei magistrati, di uscire quando hanno parlato i rappresentanti del governo e, in particolare a Napoli e a Roma dove è intervenuto il sottosegretario Mantovano. “Uno strappo istituzionale che pone un potere dello Stato contro gli altri, non solo contro il Governo, ma anche e soprattutto contro il Parlamento che sta decidendo sulla riforma costituzionale”. “Fino all’ultimo abbiamo sperato che non accadesse. Proprio girando le spalle, nel tempo, la magistratura ha consumato se stessa, mancando di rispetto prima di tutto alla propria alta funzione di garanzia dello Stato di diritto”. “Lo ha fatto - prosegue la nota dei legali - consentendo che negli ultimi anni il correntismo governasse le carriere; lo ha fatto di nuovo liquidando ipocritamente lo scandalo Palamara; lo fa ora opponendosi con queste improprie modalità, a una riforma che mira, nell’interesse del cittadino, a rafforzare il giudice e ad aumentare l’autonomia interna di tutti i magistrati”.

A Milano il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei, ha denunciato il “reale rischio di affondare il coltello e di ferire i principi costituzionali inderogabili quali l’autonomia e l’indipendenza”, senza i quali la giustizia sarebbe “una farsa”. Pm e giudici si sono dati appuntamento prima dell’inizio della cerimonia sulla scalinata del palazzo di Giustizia per un sit-in. Quando poi, nell’aula magna, dove 23 anni fa il “resistere, resistere, resistere” di Francesco Saverio Borrelli incassò uno scroscio di applausi, è intervenuta Monica Sarti, capa degli ispettori del ministero, sono usciti in massa. Tra di loro, oltre a parecchi capi degli uffici del distretto anche il presidente del Tribunale Fabio Roia ed ex magistrati del calibro di Gherardo Colombo e Armando Spataro. Nel corso della Relazione il Presidente Ondei ha lamentato “malfunzionamenti” ed “effetti patologici” affermando “che ben 90 magistrati ordinari in tirocinio hanno iniziato a lavorare a Milano nel novembre scorso e ad oggi non sono stati ancora dotati di un computer per poter lavorare”.

A Roma invece sono gli avvocati ad alzare i toni. “La voce dell’avvocatura è stata completamente nascosta, oscurata, quasi che il dibattito sulla Riforma della Giustizia sia un dialogo a due fra magistratura e politica. Una situazione intollerabile che rende necessaria una forte mobilitazione della classe forense a livello nazionale”. Così il presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Paolo Nesta con riferimento “al trattamento riservato all’Organismo Congressuale Forense, il cui intervento all’anno giudiziario è stato relegato in coda”. “Abbiamo sentito autorevoli esponenti della Magistratura – ha proseguito - dire che gli avvocati sono portatori di interessi privati e dunque non dovrebbero avere voce in capitolo nel dibattito sulla riforma una posizione intollerabile. La nostra Carta fondamentale all’articolo 111, comma 2, della Costituzione prevede la parità tra accusa e difesa - prosegue Nesta - eppure quando si parla di riforme, di separazione delle carriere tra giudici e pm, la voce degli avvocati non viene minimamente ascoltata”. Mentre per Giuseppe Belcastro, presidente della Camera Penale di Roma: “Lasciare la platea al momento dell’intervento del governo e indire una giornata di sciopero per avversare la riforma costituzionale acuisce lo scontro ma non porta a nessun risultato”.

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