Appalti, la sostituzione dell'esecutore
Non si può sostituire l'esecutore dell'appalto senza autorizzazione e deposito del contratto di subappalto anche se l'impresa che se l'è aggiudicato ha indicato il subappaltatore già in fase di gara. A stabilirlo è il Tar di Milano nella sentenza n. 219/2015, depositata dalla Terza sezione il 21 gennaio scorso. I giudici hanno confermato la revoca dell'appalto per il ritiro e recapito della corrispondenza comunale disposta da un Comune a un'azienda privata di servizi postali che aveva subappaltato il servizio a Poste Italiane violando la normativa in materia di subappalto disciplinata dal Codice degli appalti pubblici (art. 118, Dlgs n. 163/2006) e dal Regolamento di attuazione (art. 170, Dpr n. 207/2010).
Il Comune, prima della stipula del contratto, aveva disposto la consegna anticipata del servizio per grave inadempimento contrattuale come previsto dal Codice appalti (art. 136). Secondo il collegio, «ai sensi dell'art. 118 del Codice dei contratti l'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alla condizione che i concorrenti all'atto dell'offerta o l'affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione, all'atto dell'affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo».
In particolare, come spiegato dalla sentenza, il Codice appalti e il Regolamento (art. 109) non obbligano a indicare l'appaltatore già in sede di qualificazione, rimandando anche il controllo dei requisiti al momento del deposito del contratto di subappalto. A parere del Tar, ciò implica che «la dichiarazione di subappalto presentata in gara, pur completa dell'indicazione del subappaltatore, non vale a sostituire la procedura di autorizzazione al subappalto». I giudici hanno spiegato che «mentre l'indicazione dell'intenzione di subappaltare in sede di gara risponde all'esigenza di verificare che colui che partecipa alla gara abbia anche i requisiti e le capacità per eseguirlo, l'autorizzazione al subappalto ha il fine di preservare l'intuitu personae che connota i contratti pubblici, nonché lo scopo di prevenire il rischio che l'esecuzione delle prestazioni contrattuali sia svolta da soggetti (i subappaltatori appunto) privi dei requisiti di ordine generale e speciale necessari per contrarre con la pubblica amministrazione ed è il solo momento in cui l'amministrazione provvede a verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi del subappaltatore».
L'impresa contestava la legittimità della revoca sostenendo anche che l'autorizzazione al subappalto sarebbe una procedura successiva alla stipula del contratto, nel caso in esame mai avvenuta. Per il collegio, al contrario, tale procedura si applica anche in caso di esecuzione anticipata del contratto come nella fattispecie in quanto «attiene alla fase esecutiva della prestazione ed ha una funzione preventiva volta a garantire sia la corrispondenza tra contraente ed esecutore dell'appalto, sia la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge per l'esecuzione della prestazione».
Il Tar ha poi rilevato che il subappalto non autorizzato, come nel caso in esame, è sanzionato penalmente con la contravvenzione - pagamento di un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto – secondo la legge “Rognoni-La Torre” (art. 21, legge n. 646/1982) che riconosce alla stazione appaltante la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto. Inoltre, è stato ribadito quanto già chiarito dalla Corte di Cassazione (sentenze n. 11131/2003 e 11450/1997) per cui il subappalto stipulato in violazione di norme imperative come queste è nullo in base a quanto previsto dal Codice civile (art. 1418, “Cause di nullità del contratto”) e costituisce quindi grave inadempimento dell'appaltatore.
Tar Milano - Terza sezione - Sentenza 21 gennaio 2015 n. 219