Asl, buoni pasto anche per chi fa il turno pomeridiano o notturno
Lo afferma la Corte d'appello di Roma con la sentenza n. 2568/2021, specificando che non c'è differenza tra chi ha il turno di mattina e chi ha il turno di pomeriggio o di notte: il diritto spetta in ogni caso in cui l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di 6 ore.
Nel pubblico impiego privatizzato il diritto alla mensa, ovvero al buono pasto sostitutivo, non dipende dalla divisione in turni dell'attività lavorativa o dal fatto che la prestazione sia svolta in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o ancora che il pasto possa essere consumato prima dell'inizio del turno. Ad affermarlo è la Corte d'appello di Roma con la sentenza n. 2568/2021, specificando che non c'è differenza tra chi ha il turno di mattina e chi ha il turno di pomeriggio o di notte: il diritto spetta in ogni caso in cui l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di 6 ore.
La vicenda
La controversia prende le mosse dal ricorso presentato da alcuni dipendenti turnisti di un Azienda sanitaria contro l'ordinanza del Direttore generale dell'ente che limitava il diritto alla mensa, ovvero l'attribuzione del buono pasto, ai soli lavoratori che prestavano l'attività lavorativa "in orario antimeridiano e prolungatasi nelle ore pomeridiane per un totale di almeno 8 ore consecutive", escludendo i dipendenti che svolgevano la prestazione lavorativa durante il turno pomeridiano e notturno, in quanto "già percettori dell'indennità di disagio" prevista dalla contrattazione collettiva.
I dipendenti lamentavano la violazione del loro diritto e sottolineavano il maggior esborso sostenuto per ogni pasto consumato per via del turno di lavoro assegnato senza il diritto alla mensa, sicché chiedevano al Tribunale il riconoscimento degli arretrati e il risarcimento del danno.
La decisione
Il giudice di primo grado prima e la Corte d'appello poi accolgono le richieste dei lavoratori cogliendo l'occasione per precisare le condizioni in presenza delle quali si configura il diritto alla mensa, nella fattispecie per i lavoratori impiegati in ambito sanitario. Ebbene, interpretando le diverse norme che si sono succedute nella contrattazione collettiva, i giudici negano che il riconoscimento del diritto alla mensa, ovvero il buono pasto sostitutivo, dipenda dalle fasce orarie dei turni di lavoro. Difatti, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, «in tema di pubblico impiego privatizzato, l'attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell'ambito dell'organizzazione dell'ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l'attività lavorativa quando l'orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all'effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato». Nessuna distinzione, quindi, ai fini del diritto alla mensa, può sussistere tra i lavoratori sulla base del turno di lavoro che viene loro assegnato.