Avvocati, la contestazione degli onorari ricade sull'ingiunto che ne eccepisce l'irregolarità
Qualora si lamenti la non corretta liquidazione degli onorari e dei diritti del procuratore, il conseguente controllo sussiste se e nella misura in cui la parte che eccepisce l'irregolarità indichi le singole voci della tabella professionale che si reputano violate.
La vicenda - La Cassazione - con l'ordinanza n. 19970/20 - ha affrontato il caso in cui a due soggetti veniva notificato un decreto ingiuntivo su istanza di un avvocato. L'atto veniva emesso dal tribunale in forma provvisoriamente esecutiva con atto di precetto di pagamento, a fronte di alcune prestazioni professionali rese dal professionista in favore dei due ingiunti. Il Tribunale di Pisa condannava questi ultimi al pagamento dell'intero importo originariamente indicato nel titolo e pari a 91.790 euro. Interveniva la Corte di appello che riduceva l'importo alla parte di compenso imputabile all'attività del commercialista, riducendo pertanto l'importo a 44.576 euro. I due ingiunti hanno proposto appello in Cassazione. I Supremi giudici hanno eccepito che «qualora si lamenti che la liquidazione degli onorari sia stata eseguita in misura superiore al massimo o inferiore al minimo stabilito dalla tariffa, la parte interessata deve indicare le singole voci della relativa tabella professionale dalle quali risulti il vizio per consentire il conseguente controllo in sede giudiziale, senza che siano necessarie ulteriori indagini».
Conclusioni - Viene precisato, inoltre, che in tema di compensi per lo svolgimento di attività, anche in materia stragiudiziale, la determinazione degli onorari di avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che se contenuto tra il minimo e il massimo della tariffa non richiede motivazione specifica e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità, se non quando l'interessato specifichi la singola voce della tariffa, che assume essere stata violata. Poichè nel caso specifico l'appellante si è limitato a contestare la violazione del massimo tariffario, ma non ha specificato quale sarebbe stato il diverso e minore importo che sarebbe derivato dall'applicazione dei due diversi scaglioni indicati nel ricorso, «la censura va ritenuta carente della necessaria specificità».