Avvocati, il domicilio del cliente “Comunitario” regola la competenza
Per le Sezioni unite, sentenza n. 15364 depositata oggi, il giudice deve esaminare la propria competenza in base agli elementi di prova del fascicolo, oneri attenuati per il consumatore
Più facile per il consumatore comunitario - nel caso il cliente di un grosso studio legale - affermare la competenza giurisdizionale del proprio Stato di “residenza”. Le Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 15364 depositata oggi, hanno infatti accolto le ragioni di una cittadina tedesca condannata al pagamento del compenso professionale per l’attività difensiva svolta dai professionisti italiani a seguito di un sinistro verificatosi su una pista da sci in Alta Val Badia.
La convenuta eccepì preliminarmente il difetto di giurisdizione, in applicazione dell’art. 5 del regolamento UE n. 44/2001, ma il Tribunale lo respinse condannandola a pagare circa 7.500 euro. Proposto ricorso, la Corte d’Appello di Bolzano, l’ha respinto nuovamente rilevando che l’argomento della “direzione” delle attività dei legali verso la Germania (che renderebbe applicabile l’art. 17 del regolamento UE n. 1215/2012 e quindi porterebbe a radicare la giurisdizione del giudice dello Stato membro di domicilio del consumatore) era stato tardivamente introdotto nel dibattito e che comunque la convenuta non aveva dimostrato che l’attività professionale dei due legali diretta verso la Germania.
Giunti in Cassazione, il “Massimo consesso” ha affermato sul punto il seguente principio di diritto “qualora un consumatore, convenuto in giudizio da un professionista, si sia costituito in giudizio ed abbia eccepito tempestivamente la carenza di giurisdizione del giudice adito invocando la sua qualità di consumatore ed il suo domicilio in altro Stato membro, non è necessario che egli deduca espressamente ed immediatamente nelle sue difese l’eccezione relativa al fatto “che le attività del professionista siano dirette, con qualsiasi mezzo, presso lo Stato del suo domicilio” di cui all’art. 17 comma 1 lett. c) Reg. UE 1215/2012, dovendo il giudice esaminare la propria competenza internazionale in base agli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo, ivi incluse le prove costituende, che devono essere ammesse, onde assicurare una verifica circa la ricorrenza degli elementi che fondano la competenza in favore della giurisdizione del luogo di domicilio del consumatore”.
In questo senso, prosegue la decisione, dalla missiva che porta la data del 7/2/2011, indirizzata alla ricorrente dai professionisti, “si ricava che il loro numero di telefono risulta sempre preceduto dal prefisso internazionale, e che la sigla ‘I’ precede il codice di avviamento postale”. Quanto al contenuto della missiva, poi, “nella stessa si riferisce che i mittenti rappresentano “…. alcune migliaia di clienti in Italia, quasi tutti provenienti dalla Germania.”
La sentenza gravata invece aveva del tutto pretermesso l’esame di questi elementi, “arrestandosi ad una insussistente preclusione erroneamente ricavata dal disposto dell’art. 345 c.p.c.”.
Infine, osserva la Corte, dopo aver ricordato che sulle questioni di giurisdizione la Cassazione è anche giudice del fatto, che “il solo contenuto della citata missiva del 7/2/2011, con il riferimento all’elevato numero di clienti provenienti dalla Germania, offre la prova tranquillante dell’indirizzamento all’estero dell’attività dei professionisti, e consente, unitamente agli altri elementi indiziari, di affermare la giurisdizione del giudice tedesco”.
Spese compensate vista la “particolare complessità” della questione e la “assenza di specifici precedenti”.