Lavoro

Avvocati degli enti locali, retribuzione al netto dell’Irap che resta a carico della Pa

Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza 10.402 che ha enunciato una serie di principi di diritto

Non sono gli avvocati dipendenti degli enti locali a dover pagare l’Irap. Lo ha precisato al Cassazione con una articolata sentenza di 40 pagine, la n. 10.402 depositata oggi. Oggetto del contendere la trattenuta sullo stipendio fatta dal 2011 a un avvocata dipendente dalla Provincia di Grosseto. Trattenuta effettuata per pagare l’Irap.

Nel dirimere la questione i giudici di legittimità hanno pronunciato i seguenti principi di diritto:

“Gli importi dovuti, ai sensi dell’art. 27 del CCNL 14 settembre 2000 per il personale del comparto regioni ed autonomie locali, dell’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 114 del 2014, all’avvocatura interna degli enti locali hanno natura retributiva e spettano al netto dell’IRAP, che resta a carico della pubblica amministrazione datrice di lavoro, la quale non può fare gravare tale imposta sui suoi dipendenti né in via diretta né indiretta, riducendo a monte e in proporzione all’ammontare della menzionata IRAP le risorse che, in base alla legge, alla contrattazione collettiva o al regolamento dell’ente, sono specificamente destinate ai detti dipendenti a titolo di compensi professionali”;

“La P.A. datrice di lavoro può utilizzare, per corrispondere all’Erario l’IRAP dovuta sulle retribuzioni dei suoi avvocati interni, le risorse presenti nel fondo esistente per pagare tali avvocati, per la parte in cui esse superino i limiti della retribuzione di detti dipendenti fissati dalla vigente normativa imperativa, dalla contrattazione collettiva o dal regolamento interno, e, ove queste somme non siano sufficienti, ulteriori risorse proprie esterne a siffatto fondo”;

“L’azione esercitata dagli avvocati dipendenti degli enti locali per ottenere il pagamento dei compensi loro dovuti ai sensi dell’art. 27 del CCNL 14 settembre 2000 per il personale del comparto regioni ed autonomie locali, dell’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 14 del 2014, è un’azione di adempimento. Pertanto, il creditore deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento (totale o inesatto) della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento o dall’impossibilità dello stesso per causa non imputabile, senza che alcun rilievo assumano la normativa sulla contabilità pubblica e quella concernente la formazione dei fondi indicati a bilancio e la distribuzione delle risorse ad essi destinate, la cui violazione può eventualmente originare una responsabilità del dirigente, del funzionario o del dipendente che l’abbiano causata”;

“Gli importi dovuti, ai sensi dell’art. 27 del CCNL 14 settembre 2000 per il personale del comparto regioni ed autonomie locali, dell’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 114 del 2014, all’avvocatura interna degli enti locali spettano nella misura stabilita dalla legge, dalla contrattazione collettiva e dal regolamento interno. Peraltro, essi non possono comunque superare i limiti all’erogazione di somme stabiliti da disposizioni, generali o speciali, di legge che, o in via permanente o di anno in anno, impongano vincoli alla capacità di spesa della P.A. che impediscono ab initio ed ex ante il sorgere del diritto al compenso del lavoratore oltre un dato ammontare, che non è valicabile: tali limiti possono o essere direttamente fissati dalla legge in via inderogabile e determinata, nel qual caso possono essere conosciuti d’ufficio dal giudice adito per l’adempimento in base al principio iura novit curia, o dovere essere individuati dalla medesima P.A. con atti organizzativi interni, la cui sussistenza, però, va allegata e dimostrata dall’ente, che ne eccepisca la concreta vigenza”.

“Una volta accertata l’esistenza del diritto dell’avvocato dipendente di enti locali al pagamento di un compenso professionale ai sensi dell’art. 27 del CCNL 14 settembre 2000 per il personale del comparto regioni ed autonomie locali, dell’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 114 del 2014, sulla base di previsione di legge, contratto collettivo o regolamento interno, le somme in questione sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro, ma non dell’IRAP, che grava inderogabilmente sulla P.A., la quale non può addebitarla all’avvocato dipendente né direttamente, con una ritenuta alla fonte, né indirettamente, deducendo la prevalenza, sul diritto di credito del lavoratore, degli obblighi derivanti dalla normativa in tema di contabilità pubblica e di redazione dei bilanci, la violazione della quale può semmai rilevare sotto forma di responsabilità del dirigente, del funzionario o del dipendente che l’abbiano causata. Infatti, l’accantonamento della menzionata imposta sul fondo destinato alla retribuzione accessoria in esame è consentito solo se le risorse complessive ivi allocate superino o i limiti massimi di spesa eventualmente fissati da norme inderogabili di legge o, qualora siffatti limiti non esistano o non siano stati allegati o dimostrati, l’ammontare complessivo di tale credito, come riconosciuto dalla contrattazione collettiva e dai regolamenti interni dell’ente”.

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