Lavoro

Avvocati "sotto soglia" (5mila euro) liberi dall'iscrizione alla gestione separata Inps

Per la Cassazione l'iscrizione all'Inps è collegata all'esercizio abituale di una professione

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di Rosario Dolce

La Corte di Cassazione salva i professionisti ordinistici (nella specie, gli avvocati) dalla Gestione Separata INPS ricorrendo all'istituto del "sotto soglia". Con una serie di sentenze pubblicate in data 15 marzo 2021 (nn. 7227, 7228, 7229, 7230, 7231, 7232), i giudici di legittimità riconoscono che i professionisti non sono tenuti ad iscriversi presso la Gestione Separata in relazione ai periodi nei quali gli stessi producono un reddito inferiore ai minimi previsti per l'obbligatorietà dell'iscrizione presso la Cassa Nazionale Forense.

I giudici di legittimità riferiscono, in punto, che l'obbligatorietà dell'iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad un albo o un elenco è collegata all'esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento.

In altri termini, secondo i giudici di legittimità, la produzione di un reddito superiore alla soglia di € 5.000,00 costituirebbe il presupposto affinché un'attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all'iscrizione presso la medesima Gestione.

In assenza di tale elemento "economico", per accertare l'elemento della "abitualità" all'esercizio dell'attività professionale e, quindi, onde disporre, in ragione di essa, l'iscrizione alla Gestione separata, occorre fare riferimento in giudizio alle cosiddette "presunzioni".

Nell'accertamento di esse (presunzioni) – soggiunge il decidente – bisogna fare riferimento ad una serie di "fatti" prevedibili, da considerare univocamente e universalmente.
Si tratta di ricorrere all'applicazione delle regole d'esperienza per risalire da un fatto ignoto ad un fatto noto.

Così, ad esempio, occorrerà valutare, al di là della mera iscrizione all'albo (che non integra una presunzione legale iruris tantum), l'accensione della partita IVA, le dichiarazioni rese ai fini fiscali o l'organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività e via discorrendo.

Al contrario, la prova acquisita nel processo per cui il professionista nell'anno di imposta in considerazione abbia percepito un reddito di importo inferiore al limite di € 5.000,00, si atteggia come indizio per escludere che, in concreto, l'attività sia stata svolta con carattere di abitualità.

Di particolare pregio, infine, è l'ultimo tassello argomentativo con cui è stata costrutita la motivazione delle sentenze in disamina, che riguarda l'individuazione del momento in cui l'elemento della "abitualità" deve essere apprezzata, dal punto di vista cronologico.

In punto, i giudici di legittimità spiegano che, a fronte di quanto riportato dell'articolo 44 del decreto legge 269/2003, sia necessario valutare l'elemento in considerazione (l'abitualità) nella sua dimensione preliminare, quale scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina ch'è propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dal solo reddito prodotto.

Anche sotto questo aspetto, dunque, l'onere della prova grava sull'Inps, che, in quanto tale, non può più "appoggiarsi" sulla mera presunzione che la semplice iscrizione all'albo sia sufficiente per consentire l'iscrizione dell'avvocato alla Gestione separata.

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