Giustizia

Avvocati, verso una modifica dei requisiti per la permanenza nell'Albo – Stop ai controlli a campione

Il Cnf annuncia un Dm Giustizia che modificherà la soglia dei 5 affari l'anno

di Francesco Machina Grifeo

Il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Milano è già partito, lo scorso 18 febbraio, attraverso una piattaforma telematica con la verifica dell'esercizio effettivo della professione e la conseguente revisione degli Albi (ed Elenchi). Il processo dovrà completarsi entro il prossimo 30 aprile.

Nel frattempo il Consiglio nazionale forense, in risposta a un quesito del Coa di Ferrara (parere n. 6 del 3 febbraio 2021, pubblicato il 22/2/2021), ha chiarito che le verifiche automatiche a campione sono sospese in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale attuativo del Regolamento recante disposizioni per l'accertamento dell'esercizio della professione forense (Dm 47/2016).

Ma ha anche annunciato che "attualmente, è in fase di adozione da parte del Ministro un decreto che – a seguito dell'apertura di procedure di infrazione – modifica uno dei requisiti per l'accertamento dell'esercizio effettivo della professione" e in particolare quello di cui all'articolo 2, co. 2, lett. c) del Dm n. 47/2016. Il riferimento è alla previsione di aver trattato "almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l'incarico professionale è stato conferito da altro professionista".

Intanto una interpretazione più benevola della norma è già contenuta nelle Faq del Coa di Milano secondo cui "nel calcolo dei 5 affari per anno (triennio 2017/2019) è possibile conteggiare gli affari trattati per conto dello studio professionale in cui si lavora come collaboratore", dunque "anche se per l'affare trattato non si ha ricevuto il mandato".

Attualmente infatti il Dm stabilisce che la professione forense è esercitata in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente quando l'avvocato: a) è titolare di una partita IVA attiva o fa parte di una società o associazione professionale che sia titolare di partita IVA attiva; b) ha l'uso di locali e di almeno un'utenza telefonica destinati allo svolgimento dell'attività professionale, anche in associazione professionale, società professionale o in associazione di studio con altri colleghi o anche presso altro avvocato ovvero in condivisione con altri avvocati; c) ha trattato almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l'incarico professionale è stato conferito da altro professionista; d) è titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata, comunicato al consiglio dell'Ordine; e) ha assolto l'obbligo di aggiornamento professionale secondo le modalità e le condizioni stabilite dal Consiglio nazionale forense; f) ha in corso una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione.
Questi requisiti devono ricorrere congiuntamente (ferme restando le esenzioni personali previste per legge). Mentre riguardo alla periodicità dell'accertamento, il Consiglio dell'Ordine circondariale verifica ogni tre anni la sussistenza dell'esercizio della professione "in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente". La verifica però non è svolta per il periodo di cinque anni dalla prima iscrizione all'Albo.

Fermi i controlli a campione - Tornando al quesito specifico, il Consiglio dell'ordine ferrarese aveva chiesto se la mancata emanazione del decreto (previsto dall'articolo 2, co. 5 del Dm n. 47/2016), relativo alle modalità di individuazione delle dichiarazioni sostitutive da sottoporre a controllo a campione nel quadro della verifica periodica dell'esercizio effettivo della professione, "sia ostativa all'esercizio del relativo potere/dovere di verifica periodica".

Nella risposta il Cnf ha innanzi tutto ricordato che il decreto ministeriale (previsto dall'articolo 2, co. 5 del DM n. 47/2016) "riguarda un adempimento collaterale rispetto alla verifica dell'esercizio effettivo della professione, vale a dire il controllo a campione della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese a giustificazione del possesso dei requisiti richiesti dal medesimo DM in relazione alla verifica dell'esercizio effettivo della professione".

In particolare, si legge nella riposta pubblicata sul sito web del Consiglio dedicato al Codice deontologico, la norma prevede che con decreto ministeriale debbano essere "stabilite le modalità con cui ciascuno degli ordini circondariali individua, con sistemi automatici, le dichiarazioni sostitutive da sottoporre annualmente a controllo a campione". Il Ministero avrebbe dovuto adottare il provvedimento entro sei mesi dall'entrata in vigore del regolamento del 2016. Ma siccome non lo ha fatto: "Si ritiene - prosegue il Cnf - che, in assenza dell'emanazione del suddetto decreto, i Coa non possano procedere alla verifica".

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