Bancarotta documentale quando l'omessa tenuta delle scritture serve a creare pregiudizio ai creditori
Nel caso il sistematico inadempimento dei debiti tributari e previdenziali aveva determinato un passivo di quasi 20milioni di euro
Sussiste la bancarotta fraudolenta documentale quando l'imprenditore, pur avendo consegnato una parte della contabilità, ometta di esibire la documentazione richiesta e indispensabile a ricostruire la storia quotidiana della vita commerciale della società. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 1369/22.
La vicenda. Nel caso concreto la fraudolenza e dunque il dolo della bancarotta documentale, sono stati desunti dalla condotta depauperatoria posta in essere attraverso il sistematico inadempimento dei debiti tributari e previdenziali che aveva determinato un passivo di quasi 20milioni di euro impedendo la soddisfazione dei creditori. A tal proposito la Cassazione ha delineato le differenze tra la bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale. Nel primo caso l'elemento soggettivo può indifferentemente essere costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l'agente ometta con coscienza e volontà o per semplice negligenza di tenere le scritture contabili. Per la bancarotta fraudolenta documentale, invece, l'elemento psicologico deve essere individuato nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell'irregolare tenuta delle scritture (da intendersi come omessa tenuta dei documenti) con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell'imprenditore.
Conclusioni. La Cassazione - per concludere - ha enunciato il principio secondo cui "integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l'omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell'omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali".