Penale

Bancarotta documentale quando l'omessa tenuta delle scritture serve a creare pregiudizio ai creditori

Nel caso il sistematico inadempimento dei debiti tributari e previdenziali aveva determinato un passivo di quasi 20milioni di euro

di Giampaolo Piagnerelli

Sussiste la bancarotta fraudolenta documentale quando l'imprenditore, pur avendo consegnato una parte della contabilità, ometta di esibire la documentazione richiesta e indispensabile a ricostruire la storia quotidiana della vita commerciale della società. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 1369/22.

La vicenda. Nel caso concreto la fraudolenza e dunque il dolo della bancarotta documentale, sono stati desunti dalla condotta depauperatoria posta in essere attraverso il sistematico inadempimento dei debiti tributari e previdenziali che aveva determinato un passivo di quasi 20milioni di euro impedendo la soddisfazione dei creditori. A tal proposito la Cassazione ha delineato le differenze tra la bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale. Nel primo caso l'elemento soggettivo può indifferentemente essere costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l'agente ometta con coscienza e volontà o per semplice negligenza di tenere le scritture contabili. Per la bancarotta fraudolenta documentale, invece, l'elemento psicologico deve essere individuato nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell'irregolare tenuta delle scritture (da intendersi come omessa tenuta dei documenti) con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell'imprenditore.

Conclusioni. La Cassazione - per concludere - ha enunciato il principio secondo cui "integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l'omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell'omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali".

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